Le Poste salveranno Alitalia. Sembra una barzelletta, invece è realtà. I soldi del risparmio postale, quelli dei libretti dei pensionati, delle fasce più deboli della popolazione, infilati in un investimento fra i più rischiosi che si possano immaginare, in una società tecnicamente fallita e tenuta in vita con la respirazione bocca a bocca dalla politica.
Gli argomenti a supporto di questa incredibile operazione che violenta qualunque regola di libero mercato, degna di una economia socialista stile Cuba – a proposito, dove sono quelli che strillano sempre sulla deriva neoliberista del nostro Paese? – sono i soliti: questione di orgoglio nazionale, non possiamo stare senza una compagnia di bandiera, come arriveranno i turisti nel Belpaese? Signori, sono balle, soltanto balle.
La verità è che gli interessi dei dipendenti e degli attuali azionisti di Alitalia sono politicamente ‘privilegiati’ e tutelati attraverso i sindacati e la politica. Piuttosto: non era questione di orgoglio nazionale anche tenere in Italia la proprietà di Parmalat (risanata anche a spese del contribuente italiano) o di Star, o di uno qualunque dei tanti marchi del made in Italy che sono volati all’estero? L’agroalimentare non è un grande asset, un patrimonio tricolore, da difendere con le unghie e con i denti? Rassegnatevi: l’agroalimentare va bene per le inaugurazioni e le comparsate in tv di politici, cuochi, associazioni consumatori e saltimbanchi vari.
Per il resto non frega niente a nessuno, tranne ovviamente a chi ci lavora. Per le imprese che esportano, per chi fa innovazione, per chi lavora 12 ore al giorno per fare qualità e rifornire i mercati di prodotti buoni, sani e controllati i soldi non ci saranno mai, o arriveranno col contagocce. E se la banca non vi rinnova il fido, nessun problema. Rivolgetevi alle Poste, in nome dell’interesse nazionale.
L’ULTIMA BARZELLETTA: LE POSTE IN SOCCORSO DELL’ALITALIA MA PER PARMALAT O STAR NON SI È MOSSO NESSUNO
Le Poste salveranno Alitalia. Sembra una barzelletta, invece è realtà. I soldi del risparmio postale, quelli dei libretti dei pensionati, delle fasce più deboli della popolazione, infilati in un investimento fra i più rischiosi che si possano immaginare, in una società tecnicamente fallita e tenuta in vita con la respirazione bocca a bocca dalla politica.
Gli argomenti a supporto di questa incredibile operazione che violenta qualunque regola di libero mercato, degna di una economia socialista stile Cuba – a proposito, dove sono quelli che strillano sempre sulla deriva neoliberista del nostro Paese? – sono i soliti: questione di orgoglio nazionale, non possiamo stare senza una compagnia di bandiera, come arriveranno i turisti nel Belpaese? Signori, sono balle, soltanto balle.
La verità è che gli interessi dei dipendenti e degli attuali azionisti di Alitalia sono politicamente ‘privilegiati’ e tutelati attraverso i sindacati e la politica. Piuttosto: non era questione di orgoglio nazionale anche tenere in Italia la proprietà di Parmalat (risanata anche a spese del contribuente italiano) o di Star, o di uno qualunque dei tanti marchi del made in Italy che sono volati all’estero? L’agroalimentare non è un grande asset, un patrimonio tricolore, da difendere con le unghie e con i denti? Rassegnatevi: l’agroalimentare va bene per le inaugurazioni e le comparsate in tv di politici, cuochi, associazioni consumatori e saltimbanchi vari.
Per il resto non frega niente a nessuno, tranne ovviamente a chi ci lavora. Per le imprese che esportano, per chi fa innovazione, per chi lavora 12 ore al giorno per fare qualità e rifornire i mercati di prodotti buoni, sani e controllati i soldi non ci saranno mai, o arriveranno col contagocce. E se la banca non vi rinnova il fido, nessun problema. Rivolgetevi alle Poste, in nome dell’interesse nazionale.
Lorenzo Frassoldati
direttore del Corriere Ortofrutticolo
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