LIBERALIZZAZIONI, LA GDO INSORGE. TASSINARI (COOP): “L’ARTICOLO 62 VA CONTRO LA COSTITUZIONE”

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Si riaccende lo scontro tra produzione e grande distribuzione. Proprio nel momento in cui il calo dei consumi mette a dura prova tutte le imprese. La miccia questa volta è l’articolo 62, quello che regola i contratti tra produzione e grande distribuzione, contenuto nel decreto sulle liberalizzazioni che ha acceso nei giorni scorsi reazioni a catena sulle possibili conseguenze sul mercato.

 

Le norme stabiliscono che i contratti, aventi ad oggetto la cessione dei prodotti agroalimentari, sono stipulati obbligatoriamente in forma scritta e devono indicare durata, quantità del prodotto venduto, prezzo e modalità di pagamento, da effettuarsi entro 30 giorni per le merci deteriorabili e 60 per le altre.

 

"Più che una miccia è una bomba – osserva Vincenzo Tassinari (nella foto a fianco), presidente del consiglio di gestione di Coop Italia in un articolo del Sole24Ore –. Innanzitutto l’articolo 62 viola l’articolo 41 della Costituzione secondo cui "l’iniziativa economica privata è libera" quindi la libera negoziazione tra parti non può essere vincolata da regole e paletti predeterminati dalle leggi. Fino a oggi ci sono sempre stati accordi quadro, ma ora come faccio a firmare contratti "gabbia" se non so le quantità che venderò di un certo prodotto, specie se deperibile? Il decreto liberalizzazioni cancella vincoli anacronistici in vari settori, l’articolo 62 invece ne introduce di nuovi".

 

Giovanni Cobolli Gigli (nella foto a fianco), presidente di Federdistribuzione, sottolinea che "così com’è scritta la norma rende molto difficile la negoziazione. E viola l’indirizzo della Ue in tema di pagamenti: i termini legali sono 30 e 60 giorni, salvo libera negoziazione delle parti. Di questo parleremo, insieme a Coop e Conad, al ministro Passera e anche quando andremo in audizione al Senato".

Dal fronte opposto Filippo Ferrua, presidente di Federalimentare, ricorda che "norme simili a quelle contenute nell’articolo 62 non sono una novità. E non rappresentano uno scandalo. I distributori devono rispettare le scadenze contrattuali dei pagamenti come noi, a monte, rispettiamo le nostre con i fornitori. Stiamo chiedendo ai nostri legali l’interpretazione dell’articolo 62, dopo invieremo una circolare a tutte le nostre aziende".

Più conciliante Luigi Bordoni (nella foto a fianco), presidente di Centromarca: "Il decreto introduce nuove complessità con un guazzabuglio di migliaia di contratti che le aziende dovranno sottoscrivere. Sarebbe opportuno che la filiera studiasse emendamenti migliorativi al decreto o addirittura un protocollo di autodisciplina che però si ispiri all’articolo 62 e che permetta di superare il malcostume dei pagamenti "liberi", quelli effettuati dopo mesi e mesi".

Lo scontro tra industria e catene commerciali è vecchio di anni. Nel 2007 un tentativo ministeriale di autoregolazione dei termini contrattuali fallì tra cento polemiche ma anche in sede europea fu aperta un’inchiesta sulle pratiche scorrette; poi nella primavera del 2011 l’Antitrust ha aperto un’indagine conoscitiva su eventuali pratiche scorrette dei distributori sulle quali Federalimentare ha consegnato 154 questionari di aziende.

Quella dei pagamenti "mi sembra gonfiata ad arte – aggiunge Tassinari – ci saranno aziende che pagano dopo molti mesi ma la media Coop, per esempio, è sostanzialmente allineata ai 30 e 60 giorni. Se con l’articolo 62 si voleva colpire l’inadempienza contrattuale di qualcuno non c’era bisogno di una legge". Poi Tassinari ironizza sul fatto che la norma è stata inserita nottetempo da una manina nell’ultima versione del decreto.

"Il tema era caldo – obietta Ferrua – e il ministro delle Politiche agricole ha ritenuto di disciplinarlo". "Il Governo – ribatte Cobolli Gigli – che, per molti versi apprezziamo, avrebbe dovuto consultare anche noi".

Tuttavia il decreto è già operativo: ci sono spazi di mediazione? "Secondo me sì – conclude Bordoni – però il tavolo di filiera deve realmente porsi l’obiettivo di cancellare pratiche scorrette a cui, per esempio, in Germania non si sognerebbe mai di ricorrere". (fonte: sole24ore)

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