LEGUMI, PRODUZIONE DEL FUTURO. I CONSUMI STANNO RIPARTENDO MA BISOGNA INVESTIRE IN SUPERFICI E RICERCA

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I legumi sono coltivati in tutto il mondo da millenni, il loro consumo è documentato a prima di 10000 anni a.C. La cultura di questo alimento ha avuto momenti alterni. Per Egizi, Greci e Romani erano – insieme ai cereali – il cibo base, poi hanno rappresentato quello per ceti sociali bassi. Attualmente stanno tornando importanti come fornitori di proteine e di olii. In ordine decrescente i più coltivati sono: soia; fagioli; piselli; ceci; lenticchie; fave; lupini; cicerchia.

Molteplici sono i fattori positivi legati alla coltivazione dei legumi quali:
1) la capacità azoto fissatrice, che consente di soddisfare i fabbisogni della pianta in azoto e di lasciarne nel terreno per colture successive
2) contenuto elevato di proteina, i semi secchi contengono dal 20 al 40% di proteine;
3) l’elevato contenuto in olio per soia e arachidi.
4) la possibilità, per alcuni legumi, di essere coltivati in terreni poveri e non irrigabili da cui un risparmio per l’ambiente di acqua. Alcuni come ceci e lupini hanno esigenze ridotte avendo la radice fittonante che penetra nel terreno a buone profondità (questa caratteristica però non è comune a tutti). Per la soia il fabbisogno idrico è particolarmente elevato.
5) permettere la rotazione nella coltivazione di cereali senza ricorrere a massive quantità di concimi, legata all’arricchimento in azoto e in sostanza organica per il sovescio.
Non dobbiamo sottovalutare un aspetto negativo più o meno presente in tutti i legumi e cioè la presenza di fattori antinutrizionali (FAN), in alcuni casi anche gravi, ma che si riescono ad annullare con trattamenti termici o prolungati lavaggi
Nel nostro paese negli anni ‘60 si aveva un consumo pro capite annuo di legumi di oltre 14 chilogrammi a fronte di 42 di carne e 120-130 di frumento valore che è diminuito fortemente fino a una decina di anni fa in cui i consumi di legumi erano scesi a 1-2 kg/capo/anno con un consumo di carne di oltre 80 kg. Negli ultimi anni si è avuta una inversione di tendenza con un calo nel consumo di carne e un aumento di quello dei legumi che si attesta ora vicino a 10 kg pro capite all’anno.
Nel nostro Paese la produzione di legumi secchi (fagioli, lenticchie, ceci, piselli e fave) ha fatto registrare una drastica diminuzione. Negli anni ’60 era pari a 640.000 tonnellate, nel periodo 2010-15 si è avuto il massimo tracollo, attestandosi la produzione a solo 135.000 tonnellate. Negli ultimi anni si è avuto un piccolo e lento recupero, oggi la produzione complessiva italiana è di poco superiore a 200.000 ton.
In Italia è auspicabile un netto aumento delle superfici e delle rese ettariali per soddisfare l’aumento della domanda diretta interna e per l’esportazione di alcuni trasformati tipici apprezzati nel mondo. Affinché ciò si verifichi è necessaria una ricerca specifica e di conseguenza un miglioramento genetico finalizzato alla esaltazione dei fattori positivi e all’annullamento di quelli negativi.

Paolo Parisini

Responsabile di Confagricoltura Emilia Romagna per il Biologico

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