LE PRIORITÀ DELL’ORTOFRUTTA ALL’ASSEMBLEA FRUITIMPRESE

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Da Mortara (Pavia) a Chendgu (regione cinese del Sichuan) ci vogliono 15 giorni di treno lungo la “via della seta” attraverso i Paesi dell’Asia centrale. Il primo treno è partito carico di kiwi e mele. Il problema è farne partire un altro. Problemi logistici, organizzativi, burocratici. Il treno costa di più ma è meglio della nave che ci mette 45 giorni e non passa attraverso Paesi che sono molto interessanti per il nostro export. “La Cina è ormai un Paese target per la nostra frutta. Col kiwi ci siamo già, stiamo lavorando sulle pere per poi passare alle mele. Per affrontare al meglio quel grande mercato, occorrono in ogni caso quantità e capacità di servizio adeguate, che nessuno può garantire da solo. E servono piattaforme di distribuzione in loco, oltre a un’opportuna campagna di comunicazione”, dice Marco Salvi (nella foto) presidente di  Fruitimprese, l’associazione degli esportatori/importatori di ortofrutta che ha celebrato ieri la sua assemblea a Roma.

Come per il vino anche per la frutta la Cina è un grande, enorme mercato ancora tutto da scoprire. Tra i fornitori di ortofrutta della Cina siamo agli ultimi posti (rappresentiamo appena lo 0,5% ) ma stiamo crescendo. “L’export agroalimentare italiano verso la Cina è cresciuto del 15%: l’Italia è il primo Paese europeo esportatore di frutta verso quel grande mercato, con il kiwi in vetta ai prodotti più richiesti, anche se i cinesi amano e consumano soprattutto le mele”, spiega Alessia Amighini, co-direttore dell’Osservatorio Asia Aspi. “I consumi dei cinesi crescono, compresi quelli di frutta congelata. C’è fortissima richiesta di prodotti naturali, bio come di superfood come avocado e mirtilli. Se guardiamo i flussi internazionali, emerge il ruolo della Cina che, oltre ad essere il primo produttore al mondo, sta diventando anche un grande importatore di frutta fresca e trasformata”. Nel prossimo futuro due fattori giocano a nostro favore: la lotta sui dazi commerciali tra Pechino e Washington, dall’altro il nuovo treno Mortara-Chendgu, sempre che lo si faccia funzionare.

L’ortofrutta fresca italiana è reduce da un 2017 record con 5 miliardi di export e un saldo commerciale attivo oltre il miliardo. Il comparto è al secondo posto dopo il vino (6 miliardi) nel ranking dell’agroalimentare “made in Italy” più esportato. Al primo se si considera anche l’ortofrutta trasformata. La Germania assorbe quasi la metà della produzione, la Francia il 14% del totale mentre verso Spagna, storico competitor, l’export è cresciuto a doppia cifra (12,8%). Ma la Spagna resta il primo esportatore mondiale e fa tre volte il nostro export (circa 15 miliardi) . Per un Paese che produce 25 milioni di tonnellate di ortofrutta e ne esporta 5, l’imperativo categorico è uno solo: continuare ad esportare, rendere le imprese più competitive, investire in innovazione. Quindi  Salvi chiede  interventi più decisi da parte del governo sul costo del lavoro, la pressione fiscale e l’efficienza della pubblica amministrazione. “In chiave di sviluppo, l’innovazione è la chiave di volta, e deve investire tutti i segmenti, dalla produzione alla promozione. Questo significa lavorare sulle varietà e sulla qualità per distinguersi sui mercati internazionali, sulla valorizzazione di alcune specie, ma anche sul settore logistico e commerciale”. Al governo che verrà, le imprese dell’ortofrutta chiedono di sostenere il Tavolo nazionale già insediato al ministero. Le priorità sono: i catasti  (vecchi, obsoleti, da rifare), l’internazionalizzazione e la promozione sui mercati esteri e su quello nazionale.

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