LE MELE NEL PROPRIO DNA: ALLA SCOPERTA DELLA “FAMIGLIA” VOG TRA RICERCA E INNOVAZIONE

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Vog, il consorzio delle cooperative ortofrutticole dell’Alto Adige, è una realtà dai grandi numeri: 70 anni di storia appena festeggiati, quasi 5.000 soci produttori di mele, una superficie di 10.700 ettari per un totale di 650 mila tonnellate annue. E’ arrivata negli anni ad essere la più grande organizzazione per la commercializzazione delle mele in Europa e una delle più importanti realtà produttive altoatesine.

Numeri da capogiro, dietro ai quali però ci sono persone che spesso appartengono allo stesso nucleo familiare, che lavorano assieme in piccole aziende e che fanno parte, a loro volta, di una delle 16 cooperative che costituiscono il consorzio Vog. Un sistema piramidale virtuoso che, come dice scherzando il direttore Gerhard Dichgans, fa sì che lui abbia “5000 padroni”.

Ne è un esempio la famiglia Pirchstaller del maso Moarhof ad Albes: tutti lavorano nel meleto e nell’agriturismo. 11 ettari che seguono la coltivazione integrata del disciplinare Agrios (sostenibile e a basso impatto ambientale che prevede il rispetto delle risorse naturali, il mantenimento della fertilità del terreno ed il ricorso razionale a coadiuvanti quali concimi e fitosanitari). Le varietà sono diverse, dalle classiche Golden e Gala, ma anche Pink Lady, Fuji, Kanzi ed Envy. Quasi 700 analisi di controllo svolte in un anno, irrigazione a goccia e un importante investimento nelle reti antigrandine che portano l’investimento per ettaro fino a 70 mila euro. Costosa anche l’irrigazione soprachioma, tipica delle zone di alta montagna: l’acqua immessa dall’alto cade sulle piante ricoprendo gli organi fiorali di un velo d’acqua, che congelando cede calore, mantenendo gli stessi a 0°C. I Pichstaller hanno montato sui trattori anche gli augelli per la distribuzione dei fitosanitari in modo mirato (pratica che sarà obbligatoria dal 2019). Molto lavoro a fronte di un guadagno che non è più quello degli anni ’70 – anni d’oro per la melicoltura – e che si aggira intorno ai 30 centesimi al chilo. Se tutto va bene, con un ettaro si portano a casa intorno ai 23 mila euro.

Nella cooperativa Fruchthof Überetsch a Frangarto, uomini e donne si vedono solo nelle linee di confezionamento. Per il resto è tutto automatizzato e fortemente tecnologizzato. La coop di cui è presidente Georg Kossler (anche presidente Vog) ha 600 soci per 1000 ettari di meleto e festeggia anche lei i suoi primi 40 anni. Alla raccolta lavorano 150 persone e va avanti fino a febbraio e per il personale estero la cooperativa mette a disposizione alcuni alloggi. La conservazione è differente a seconda della varietà, del colore e della qualità della mela. Ogni cella ospita 30 vagoni e viene riempita in ¾ giorni. Il raccolto viene conservato ad atmosfera controllata, con pochissimo ossigeno – dallo 0, 5 al 3 % – e viene stabilizzata anche la Co2 che producono i frutti. Altro fattore importante da tenere sotto osservazione è l’umidità, perché alcune tipologie coma la Gala tende a spaccarsi per eccesso di presenza, mentre la Golden Delicious ne necessita. Con metodi di controllo così incrociati la conservazione delle mele può arrivare anche a un anno. Tutto fatto in casa Laimburg, il centro di sperimentazione agricola e forestale che è uno dei fiori all’occhiello del Sudtirol. E’ al centro che spetta la paternità del metodo della conservazione in atmosfera controllata dinamicamente (DCA).

Lo scopo generale – come spiega Walter Guerra responsabile del settore di Pomologia di Laimburg – è quello di rallentare, entro certi limiti, la produzione di etilene e la respirazione dei frutti conservati in cella frigo, attraverso un elevato regime di anidride carbonica ed una riduzione della concentrazione di ossigeno. Intanto nel centro di sperimentaziione si lavora alle mele del futuro, possibilmente resistenti alla ticchiolatura, buone da mangiare, dotate di proprietà nutraceutiche e anallergiche (si calcola che il 2% della popolazione europea sia affetta da allergie provocate dalle mele). Una ricerca che non esclude antiche cultivar come la “Rosa di Caldaro”. All’orizzonte ci sono mele di piccola pezzatura in formato snack e dalla polpa rossa. Su quest’ultima Laimburg e il consorzio Vog stanno lavorato in tandem, anche perché la concorrenza ingaggiata dai breeder non manca. Gli impianti sperimentali sono stati avviati nel 2010 e ci si aspetta molto in termini di riscontro: “E’ un tipo di mela fortemente attrattiva – sottolinea Guerra – di certo per il colore, ma anche per le componenti polifenoliche e antocianiche che porta con sé, un vero toccasana come antiossidante”.

Francesca Ciancio

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