LAVORATORI AGRICOLI VENETI SEMPRE PIÙ FLESSIBILI: QUASI IL 100% È A TEMPO DETERMINATO

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In Veneto il 97,8% dei lavoratori nel settore agricolo è a tempo determinato e gli stranieri costituiscono il 70%.

La quota del lavoro irregolare è del 14%, maggiore rispetto a quella di altri settori (9%) ma inferiore al dato nazionale in agricoltura (24%). Emerge inoltre da parte dei giovani il rifiuto verso alcuni lavori e una loro migrazione verso attività più rispondenti al desiderio di realizzazione o a migliori condizioni retributive. Sono i dati di Uila-Uil, il sindacato di settore dei lavori agroalimentari, emersi dal congresso regionale e territoriale che si è svolto oggi a San Giovanni Lupatoto (Verona), che hanno riconfermato per il prossimo quadriennio il segretario regionale Giuseppe Bozzini e quello territoriale di Verona e Trento Daniele Mirandola.
Il numero dell’occupazione dipendente in regione è sceso da 80.500 addetti del 2020 a 73.000 del 2021. Le assunzioni per tipologia di contratto nel 2021 sono 71.290 a tempo determinato (97,8%), 1.375 a tempo indeterminato (1,9%) e 260 apprendistato (0,4%). “Dai dati emerge che in Veneto la raccolta dei prodotti e i lavori nei campi e nelle tante attività turistiche della lavorazione viene svolta sempre più da lavoratori stranieri e immigrati – sottolinea Giuseppe Bozzini, segretario regionale di Uila-Uil -. La grande miscela esplosiva formulata dalla politica e a volte anche da alcune associazioni di categoria è stata quella di ritenere un fattore invasivo e nello stesso tempo necessario, come manodopera, da utilizzare e pagare con voucher. Il risultato è aver prodotto fenomeni di sfruttamento e fuga di braccianti e lavoratori dai nostri territori. In particolare, i lavoratori dell’Est europeo si stanno spostando in altri Stati della comunità Europea, dove accoglienza e salari sono migliori”.
Fenomeni di disoccupazione involontaria e difficoltà a reperire manodopera stanno caratterizzando il mercato del lavoro in tutto il Veneto. “Il rischio è che in prospettiva la difficoltà si manifesti anche nelle aziende alimentari, legata sia all’eccessivo utilizzo dei contratti a termine, sia al ritmo logorante e spersonalizzante delle catene degli impianti di produzione. Siamo fermi da 20 anni con la crescita dei salari rispetto alla crescita economica. Bisogna cambiare: la ricchezza e il reddito devono nascere e svilupparsi con il lavoro. Parametri come la qualità del lavoro, le compatibilità ambientali, l’innovazione e le competenze professionali dovrebbero essere i nostri obiettivi contrattuali, sostenuti e incentivati anche fiscalmente. Servono meno tasse sul lavoro e la riduzione sui cunei fiscali”.
Bozzini punta il dito contro la politica e le istituzioni: “In Veneto, in questi anni, il settore agroalimentare è stato considerato un importante business nel processo di crescita economica, indirizzando particolari risorse e attenzioni solo verso chi detiene la produzione. I problemi legati al clima e all’ambiente, e le pandemie come Covid, aviaria, peste suina, hanno messo in evidenza la necessità di cambiare modalità nel fare agricoltura, che non va più pensata solo in termini economici, ma anche come attività fondamentale per la salvaguardia della vita e il rispetto della natura”.

Indica la strada da percorrere Stefano Mantegazza, segretario generale nazionale di Uila-Uil: “In merito allo sfruttamento sul lavoro, presenteremo una modifica alla legge 199 sul caporalato mirata a valorizzare la bilateralità, quindi l’incontro tra offerta e domanda di lavoro gestito dalle parti sociali e dagli enti bilaterali. Per quanto riguarda la precarietà noi siamo per copiare dalla Spagna, con un provvedimento di legge che faccia costare molti di più il lavoro a tempo determinato, in modo da ridurne la quantità. La sfida è ance quella di difendere i salari dall’inflazione, abbattendo il costo contributivo, che in Italia è pari al 46% e strangola sia le imprese, sia i lavoratori”.

Il numero delle aziende agricole attive nel registro delle imprese delle Camere di Commercio 2020 è di 61.397, di cui 15.068 a Verona (25%), 14.059 a Treviso (23%), 11.507 a Padova (19%), 7.949 a Vicenza (12%), 4.726 a Rovigo (8%) e 1.706 a Belluno (3%). Le imprese attive nell’industria alimentare sono 3.693, di cui 736 a Treviso (20%), seguita da Verona con 708 (19%) a pari merito con Padova (708, 19%); quindi Vicenza con 602 (16%), Venezia con 569 (15%), Rovigo con 227 (6%) e Belluno con 143 (4%). Il Pnrr dedica al settore oltre 7 miliardi di euro e questa è una grande chance per l’agricoltura, per la trasformazione industriale e per i produttori di tecnologie. “Ad oggi il 40% delle aziende non ha ancora adottato alcuna delle tecnologie esistenti che permettono di aumentare la produttività e ridurre il consumo di risorse primarie, come acqua ed energia, nonostante l’attuale congiuntura di rialzo dei costi dovrebbe spingere ancora di più in questa direzione”, ha rimarcato Bozzini.
Secondo Bozzini, di fronte ai cambiamenti climatici sarà sempre più importante l’operato dei consorzi di bonifica, che coprono il 64% della superficie regionale per un totale di 1.169.567 ettari e 1.080 dipendenti, di cui il 60% a tempo indeterminato. “Con la siccità i consorzi stanno compiendo sforzi immensi con costi energetici elevati, a causa del conflitto in Ucraina. Competenze e capacità vanno valorizzate, investendo risorse per incrementare l’occupazione, aumentando gli organici e attuare i progetti per il mantenimento del territorio e il contrasto al dissesto idrogeologico”.
Un cenno, infine, al settore avicolo, che vede il Veneto leader nel settore con 760 allevamenti di pollo da carne e 400 di tacchini da carne, che si traducono in 200 milioni di polli macellati (35% del totale nazionale) e 26 milioni di tacchini (50% del nazionale). Anche la filiera ittica produce occupazione, con 3.837 imprese, di cui 2.192 a Rovigo, 1.208 a Venezia, 140 a Verona, 130 a Padova, 93 a Treviso, 58 a Vicenza e 16 a Belluno. Gli occupati sono 1.877 nella pesca, 1.798 nell’acquacoltura, 693 nella lavorazione, 944 nell’ingrosso dei prodotti freschi, 203 nell’ingrosso nei prodotti lavorati, 689 nel commercio al dettaglio e 831 nel commercio ambulante.
Infine, i numeri del settore forestale: le imprese attive sono 293, di cui 120 in provincia di Belluno (44%), 77 a Vicenza (26%), 38 a Treviso (13%), 18 a Verona (6%), 14 a Padova (5%), 10 a Rovigo (3%) e 7 a Venezia (3%). Gli addetti per provincia sono 240 a Belluno, 89 a Vicenza, 84 a Treviso, 29 a Verona, 16 a Padova, 14 a Rovigo e 12 a Venezia. Il numero dei dipendenti forestali della Regione è di 51 impiegati, 253 operai a tempo indeterminato e 265 operai a tempo determinato. Le imprese forestali iscritte all’albo della Regione Veneto sono 105 a Belluno, 58 a Vicenza, 18 a Treviso, 2 a Verona, 1 a Padova e Venezia.

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