L’AMARO SFOGO DI DE PONTI: “ASSISTIAMO AL LENTO LOGORIO DELLE ASSOCIAZIONI AGRICOLE”

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“Il lento logorio dei corpi intermedi, le associazioni rappresentative del mondo agricolo, e la loro incapacità di reinventarsi un ruolo, è stato uno tra i nodi più ingombranti, venuti al pettine durante la pandemia Covid”.

È questa l’amara conclusione a cui giunge Ambrogio De Ponti (nella foto), presidente dell’Aop UnoLombardia ed ex presidente di Unaproa che, su questo tema, si apre in un’intervista esclusiva per il Corriere Ortofrutticolo.

Sta parlando di fallimento del mondo associativo?

“Forse fallimento è una parola eccessiva. Si tratta più che altro di un processo di svuotamento di ruoli che va avanti diversi anni, un logorio iniziato dalla caduta del muro di Berlino che è stato un momento che ha cambiato la storia del mondo, dell’Italia e anche del mondo agricolo italiano”.

In che modo?

“Quando i vecchi partiti, così come erano intesi, sono scomparsi, il mondo agricolo e le sue rappresentanze, nati e cresciuti sulla dialettica di questo modello, non non sono più riusciti a riequilibrare gli attriti tra il settore produttivo e il mondo amministrativo. Così, nel passaggio dalla prima alla seconda Repubblica, è iniziato il lento e continuo sfilacciamento di questi strumenti di rappresentanza che, per loro natura, sono fondamentali nel ruolo di mitigare le tensioni sociali. Adesso c’è troppa commistione tra corpi intermedi e politica e questo non va bene. Sia chiaro nessun modello è perfetto e tutti sono perfettibili, ma adesso, stiamo assistendo ad una vera e propria disgregazione del settore associativo”.

Un fenomeno complesso. Quali altre cause intravede?

“Per altri versi, ad esempio, c’è una giusta e crescente libertà imprenditoriale che va rispettata ma si torna sempre all’allentamento del legame con la politica. Questo ha portato alla perdita di considerazione, negli anni, del mondo associativo. E non sono cose da poco se si considera che ormai l’interlocutore del settore agricolo sono grandi insegne della Gdo che sono ormai colossi molto più aggregati del mondo produttivo. Nonostante la giusta direttiva UE sulle pratiche sleali, oggi manca chi fa le battaglie a Bruxelles e noi corpi intermedi, parlo sia come ex presidente di Unaproa che come attuale presidente dell’Aop UnoLombardia, non siamo stati capaci di rinventarci un ruolo che non sia quello di meri erogatori di servizi”.

Ma Coldiretti a Bruxelles c’è andata a protestare…

“Per carità, il grande merito di Coldiretti è stato quello di portare alla luce tutte le contraddizioni del mondo agricolo italiano. Spesso è l’unica che si alza. Qualche perplessità, però, ce l’avrei sul metodo con cui poi realizza queste idee, per carità buone. Io sarei più per la salvaguardia di un principio di sussidiarietà ossia di aiutare le imprese ad andare avanti con le proprie gambe. In pratica: ‘vi do la farina ma il pane fatelo voi’. Mentre questo non mi pare che accada. Nel panorama generale associativo, oggi, il rischio, è che si diventi tutti delle semplici strutture erogatrici di servizi più che strumenti di progettualità di largo respiro. Basti pensare  quello che è successo con l’Ocm”.

In che senso?

“È stata una delle invenzioni più efficaci in ortofrutta, messa in campo dalla politica. Aiutava il mondo agricolo a mettersi insieme perché premiava in base a quanto si vendeva e non in base a quanti ettari si avevano. Quindi premiava il lavoro. Poi alla fine, anche questo strumento si è piegato al ruolo di mero contributo. Sulla poca capacità di aggregazione che c’è in Italia, neanche l’Ocm è riuscita ad essere incisiva se non in Trentino o in quelle zone italiane che culturalmente avevano una tradizione cooperativa. Noi abbiamo un problema culturale e servono incentivi per un cambio di passo”.

Di che genere?

“Ad esempio, se sia Op che Aop prendono la quota del 50% del contributo pubblico, non c’è quel quid in più che spinge verso l’aggregazione in Aop perché entrambe, Op e Aop, offrono lo stesso beneficio. Guardando al futuro penso che l’assenza di corpi intermedi che funzionino, significherà che le riforme saranno fatte a colpi di legge ed imposizioni dall’alto, magari neanche centrate sulle questioni nodali”.

Le dimissioni di Nazario Battelli dalla presidenza dell’Interprofessione Ortofrutta, si inseriscono nel suo ragionamento?

“Certo. Se questo sfilacciamento associativo si realizza a tutti livelli, a maggior ragione accade nel tavolo interprofessionale che è un livello più alto di rappresentatività. Ho letto lo sfogo di Nazario e, da ex presidente di Unaproa, lo capisco bene perché ci ha messo l’anima in quello che ha fatto. Si vede da tutto questo, che si sta parlando di un mondo che sta finendo. Eppure, proprio oggi che abbiamo davanti dei giganti economici della distribuzione, servirebbero dei partiti seri eletti e non dei funzionari burocrati. Del resto alcuni effetti di questo lento declinare, già sono noti”.

Quindi deduco che non ha molta fiducia nel tavolo ortofrutticolo nazionale?

Sarà una moltiplicazione di campanili che alla fine faranno cadere la campana perché non siamo capaci di metterci d’accordo. E questo non vale solo per l’Ortofrutta ma per tutto il made in Italy in generale. Sinceramente, sono molto scoraggiato perché non vedo la grinta giusta per affrontare le nuove sfide che abbiamo davanti. Mentre i nostri competitor come Spagna e Francia corrono, noi siamo ancora alla fase, ormai anacronistica, di rimanere seduti sugli allori (immaginari)”.

Mariangela Latella

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