LA VITTORIA DI PIRRO DEL CAVOLFIORE

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Qualcuno potrebbe definirla una “vittoria di Pirro”. Pirro, quel re che vinceva le battaglie contro l’esercito della Roma repubblicana ma ad un prezzo insostenibile sul lungo periodo.

Secondo l’ultimo bollettino ISMEA, per il mese di febbraio 2023 il prezzo medio del cavolfiore si è attestato sugli 0,88 €/kg, con un + 46% sul mese precedente e un + 44% sul febbraio 2022 – indice che peraltro non rende l’idea dei livelli di prezzo registrati per il solo segmento dell’export.
Raramente, nei primi mesi del 2023, il cavolfiore di pezzatura più grossa è sceso sotto 1,30 €/pz, registrando punte fino ai 2,50/3,00 euro, per arrivare sulle tavole dei consumatori europei sopra ai 4 euro al pezzo.
Con buona complicità dell’andamento del mercato francese, un vero e proprio punto di riferimento per le contrattazioni europee del cavolfiore: nel periodo preso in considerazione, il prodotto d’Oltralpe ha toccato livelli di 26.10 €/cassa per il calibro 6pz e 23 € per l’8pz.
Un tale rincaro non si giustifica però nella sola speculazione tra il mercato estero e il mercato nazionale: piuttosto, l’offerta nostrana nei primi mesi del 2023 si è mantenuta costantemente e cronicamente inferiore alle esigenze della domanda.
Conseguenza, in parte, del clima mite e umido degli ultimi mesi del 2022 (con punte di 18-20 °C nei principali areali di Puglia e Campania) che ha accelerato la crescita del prodotto anticipandone la raccolta e che ha compromesso la qualità di interi lotti colpiti da muffe e Alternaria, in parte della netta riduzione dei quantitativi messi a coltura per la campagna 2022/2023 dopo le cattive performance commerciali degli anni addietro. Certamente una boccata di ossigeno per i produttori nazionali, già gravati dai rincari dell’energia, delle materie prime e, problema di più vecchia data, dalla difficoltà di reperimento della forza lavoro.
Ma davvero si può parlare di un successo commerciale? Un livello di offerta inferiore alla domanda, come ci insegnano le leggi di mercato, assicura maggior potere contrattuale alla produzione che riesce a strappare condizioni di prezzo più vantaggiose. Ma d’altro canto – se questa condizione perdura – la domanda rimane insoddisfatta ed entra in stress: il che si traduce, sul breve periodo, in una riduzione dei consumi indotta da prezzi troppo elevati e sul medio periodo, nella ricerca di nuove soluzioni e nuovi mercati di approvvigionamento. Con il rischio di perdere ulteriore terreno a favore dei competitors esteri più aggressivi. L’esito, evidentemente, non è così scontato.

Cosimo Papa

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