LA VICENDA DELL’OLIO DI SEMI DI GIRASOLE DIMOSTRA CHE I POLITICI “NON SONO TUTTI UGUALI”

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Lo scorso agosto il MASAF ha approvato l’utilizzo dell’olio di semi di girasole per l’impiego in agricoltura convenzionale, inserendolo nella banca dati dei prodotti fitosanitari del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN).
Arriva così ad un lieto epilogo la battaglia cominciata nel 2019 e portata avanti da Agripat, con l’appoggio delle principali organizzazioni sindacali e di due importanti consorzi di Bologna, per ottenere la possibilità di utilizzare questo efficace agente corroborante. L’ottenere questa autorizzazione è stato come vivere una mezza odissea (dieci anni impiegò Ulisse per fare ritorno ad Itaca dopo la guerra di Troia, cinque ne sono serviti per ottenere il via libera all’olio di girasole) e al riguardo vorrei condividere con chi legge una mia breve riflessione. Quando, nel 2019, ci rivolgemmo al Ministero, lo facemmo invocando una soluzione quanto più possibile rapida. Per tutta risposta, venimmo infilati in labirinti di liturgie burocratiche dove anche la più piccola difficoltà veniva ingigantita, fin quasi ad apparire insormontabile. Erano anni in cui il Ministero (prima a guida Bellanova, poi Patuanelli) si dimostrava balbettante su temi cruciali, goffo nel muoversi in sede europea, arrogante nell’affidare posizioni di grande responsabilità a gente inesperta. Può anche darsi che in quegli anni si fosse tentato, non riuscendo, di trovare una soluzione al problema. La mia impressione però fu che non esistesse la volontà politica di trovarla, una soluzione. La sensazione che avevo, netta, era quella di essere nel mezzo di una palude ad aspettare inutilmente cose che non sarebbero mai successe.
Poi, sul finire del 2022 cambiò il Governo e di conseguenza cambiarono i punti di riferimento e le persone con le quali interloquire per portare avanti la questione dell’olio di girasole. Temetti di essere stato riportato, come in un gioco dell’oca, alla casella di partenza. Presi immediatamente contatto con quelle che sarebbero state, per il futuro, le figure istituzionali alle quali mi sarei dovuto rivolgere per cercare di risolvere il problema. Ebbi diversi incontri col Sottosegretario di Stato Luigi D’Eramo e coi suoi più stretti collaboratori, riscontrando da subito grande competenza, volontà di ascolto e disponibilità al confronto. Dopo alcuni mesi, l’impressione che avevo sull’operato e sul modo di procedere del Ministero era talmente positiva da spingermi, qui sulle colonne del “Corriere Ortofrutticolo” e quindi pubblicamente, ad accordare una fiduciosa “apertura di credito” verso la nuova configurazione della compagine ministeriale. Oggi posso dire che quell’apertura di credito è stata onorata, sia in termini di “risultato” che in termini di relazioni umane, perché per la prima volta, dopo anni, ho percepito e respirato nell’ambiente ministeriale un contesto di trasparenza, correttezza e cordialità.
Questo lungo e travagliato percorso che ha portato all’autorizzazione all’utilizzo dell’olio di girasole mi ha reso evidenti alcune cose. Ad esempio, che non dobbiamo credere al qualunquismo di chi racconta che i politici “tanto sono tutti uguali”. Che dietro una banale autorizzazione all’utilizzo di un corroborante c’è un grande lavoro di coordinamento, necessario per tradurre la decisione politica in esecuzione amministrativa. Che aveva ragione Vujadin Boskov, indimenticato allenatore di calcio, quando diceva che “un grande giocatore vede autostrade dove altri vedono solo sentieri“, perché la tecnica politica e amministrativa messa in campo dall’attuale compagine ministeriale ha visto un’autostrada laddove le compagini precedenti avevano intravisto solo sentieri impervi.
Ci tengo, pertanto, ad esprimere la mia gratitudine verso il sottosegretario Luigi D’Eramo e i suoi collaboratori, per essere riusciti a fornire una risposta concreta ad un altrettanto concreto bisogno. Fare approvare l’utilizzo dell’olio di girasole è stato un po’ come estrarre la spada dalla roccia : in tanti ci hanno provato, ma solo Artù ci riuscì.

Matteo Todeschini

presidente di Agripat

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