Il misero aumento degli occupati in agricoltura nel primo trimestre 2013 (+0,7%) induce entusiasmi di troppo in qualche organizzazione agricola. Intanto si passa dal +3,6% del 2012 appunto al +0,7, quindi un calo di quasi tre punti percentuali dell’occupazione nelle campagne. Poi è chiaro che questo ‘riflusso’ nasce dai dati terrificanti sulla disoccupazione giovanile.
Disoccupazione che sotto i 25 anni raggiunge il 40%, e livelli ancor più superiori al Sud. Insomma non c’è niente da festeggiare; se le cose vanno avanti così fra un po’ caleranno anche gli occupati (ufficiali) nelle campagne. Però su questo +0,7% è tutto un fiorire di commenti positivi, comunicati , ecc. Il tutto si mixa con la denuncia degli effetti catastrofici del maltempo, delle imprese agricole che chiudono, del crollo dei redditi ‘verdi’ in uno zibaldone comunicativo che si abbatte su una opinione pubblica sempre più disorientata, distratta da altri problemi ben più gravi, e incapace di valutare se l’agricoltura – alla fine dei conti – va bene o va male.
Questa schizofrenia, che nasce dalla volontà di comunicare sempre e comunque, alla caccia di un titolo sui giornali, riguarda anche il comparto dell’ortofrutta, su cui ne abbiamo lette di tutti i colori. I prezzi finali sono ‘gonfiati’ a causa del maltempo, ripetono i comunicati di Cia e Coldiretti, ma non si capisce se questo è un bene o un male (per noi è semplicemente una legge di mercato). Poi si parla di speculazione sui prezzi al supermercato e si parla solo nell’ottica del consumatore finale, che per carità è sacrosanto.
Però bisognerebbe ogni tanto preoccuparsi anche dei prezzi in campagna (sono remunerativi o no?) e dei problemi di chi produce, non solo di chi consuma. E’ la naturale conseguenza per un comparto che ha quasi del tutto rinunciato a fare comunicazione su se stesso, sui suoi valori, e che deve assistere inerme alla comunicazione sull’ortofrutta fatta da altri.
LA SCHIZOFRENIA DEI NUMERI IN AGRICOLTURA
Il misero aumento degli occupati in agricoltura nel primo trimestre 2013 (+0,7%) induce entusiasmi di troppo in qualche organizzazione agricola. Intanto si passa dal +3,6% del 2012 appunto al +0,7, quindi un calo di quasi tre punti percentuali dell’occupazione nelle campagne. Poi è chiaro che questo ‘riflusso’ nasce dai dati terrificanti sulla disoccupazione giovanile.
Disoccupazione che sotto i 25 anni raggiunge il 40%, e livelli ancor più superiori al Sud. Insomma non c’è niente da festeggiare; se le cose vanno avanti così fra un po’ caleranno anche gli occupati (ufficiali) nelle campagne. Però su questo +0,7% è tutto un fiorire di commenti positivi, comunicati , ecc. Il tutto si mixa con la denuncia degli effetti catastrofici del maltempo, delle imprese agricole che chiudono, del crollo dei redditi ‘verdi’ in uno zibaldone comunicativo che si abbatte su una opinione pubblica sempre più disorientata, distratta da altri problemi ben più gravi, e incapace di valutare se l’agricoltura – alla fine dei conti – va bene o va male.
Questa schizofrenia, che nasce dalla volontà di comunicare sempre e comunque, alla caccia di un titolo sui giornali, riguarda anche il comparto dell’ortofrutta, su cui ne abbiamo lette di tutti i colori. I prezzi finali sono ‘gonfiati’ a causa del maltempo, ripetono i comunicati di Cia e Coldiretti, ma non si capisce se questo è un bene o un male (per noi è semplicemente una legge di mercato). Poi si parla di speculazione sui prezzi al supermercato e si parla solo nell’ottica del consumatore finale, che per carità è sacrosanto.
Però bisognerebbe ogni tanto preoccuparsi anche dei prezzi in campagna (sono remunerativi o no?) e dei problemi di chi produce, non solo di chi consuma. E’ la naturale conseguenza per un comparto che ha quasi del tutto rinunciato a fare comunicazione su se stesso, sui suoi valori, e che deve assistere inerme alla comunicazione sull’ortofrutta fatta da altri.
Lorenzo Frassoldati
direttore del Corriere Ortofrutticolo
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