LA RICERCA SPINGE SULL’IMPRONTA DIGITALE DI FRUTTA E VERDURA PER STUDIARE I PRODOTTI

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L’Università di Foggia spinge l’acceleratore sulla ricerca per arrivare a creare uno strumento una vera e propria impronta digitale dei singoli prodotti ortofrutticoli attraverso delle immagini iperspettrali. Si tratta di una tecnologia innovativa e in fase di sviluppo che permette di ottenere una selezione altamente precisa dell’ortofrutta senza le soluzioni invasive delle tradizionali analisi e che al contempo potrebbe essere usata come mezzo per la certificazione di qualità dei singoli prodotti imbustati nelle confezioni di IV gamma.

“L’obiettivo – spiega Giancarlo Colelli (nella foto), dell’università di Foggia – è quello di riuscire a raccogliere il maggior numero di informazioni sul prodotto, senza effettuare alcun tipo di analisi se non uno screening con un semplice scanner. Attraverso una fotografia non nel visibile ma nel vicino infrarosso, potremmo essere in grado di distinguere i prodotti di una stessa varietà e, magari, coltivati nella stessa zona, ad esempio, in base alla quantità di acqua assorbita singolarmente o alla differente presenza di azoto fino ad arrivare a potere distinguere, sempre a parità di prodotto e di area di coltivazione, quale sia Bio e quale convenzionale. Adesso potrei già farlo con le fragole”.

Il progetto del professore Colelli costituisce l’oggetto di una cordata di ricerca, guidata dall’ateneo foggiano, che il mese scorso si è messa in lizza per partecipare al programma di finanziamento europeo ‘Prima’, che mette insieme gli enti di ricerca di altri quattro Paesi oltre all’Italia: Spagna, Francia, Turchia e Tunisia.

L’obiettivo è la creazione di uno spettro di assorbimento che vada da 400 a 2.500 nanometri che, in corrispondenza di ogni colore, trasmettano una serie di informazioni sul prodotto.

“Sono in molti che stanno lavorando a questo tipo di ricerca – continua Colelli – ma al momento non esiste uno strumento del genere. La sua utilità deriva dalla possibilità di individuare, senza ricorrere alle analisi tradizionali che di solito sono molto costose, la differente presenza, ad esempio, di polifenoli, di zuccheri, di acidi, vitamine e così via dicendo. Non andiamo alla ricerca del singolo componente ma delle differenze complessive tra prodotto e prodotto. È una specie di finger print, ossia di impronta digitale del prodotto”.

La ricerca è già stata avvitata, prima della partecipazione al programma europeo, e una ricercatrice spagnola sta già testando sulle melanzane la possibilità di fare una predizione precoce sui danni da freddo prima ancora che questi si verifichino. Lo stesso tipo di test è anche appena partito sul nespolo.

“Questo strumento – conclude Colelli – una volta sviluppato, potrà essere applicato sia al fresco che ai prodotti di Fresh Cut. Se riusciamo a raccontare la storia di un ortaggio attraverso delle immagini, avremo in mano uno strumento che permette di chiarire tante cose, oltre che di supportare il marketing, fornendo nuove chiavi di lettura nella promozione dal momento che si potranno valorizzare proprietà che prima non venivano registrate. Una macchina del genere inoltre permetterà di customizzare il prodotto sulla base della specifica richiesta del cliente e potrebbe anche rappresentare un tool per perfezionare il processo di certificazione di qualità dei singoli prodotti imbustati che va ad affiancarsi a quelli già esistenti”.

Mariangela Latella

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