LA REALTÀ E LE PROTESTE DEI TRATTORI. DAZI SULL’EXTRA UE. E L’AGGREGAZIONE VA FATTA PER DAVVERO

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di Roberto Giadone *

I trattori da sempre sono un simbolo dell’agricoltura, soprattutto oggi che la meccanizzazione nei campi è elevatissima. Dopo settimane di protesta aventi come simbolo i trattori che invadono le nostre città e le nostre strade bisogna fare una riflessione tra di noi agricoltori. Il nostro “Corriere Ortofrutticolo”  penso sia il luogo migliore per parlarci tra di noi in maniera schietta e sincera.

Prima di tutto. Cosa siamo?  Siamo degli imprenditori che hanno un quoziente di rischio imprenditoriale inimmaginabile e poco compreso dal mondo produttivo in genere. Noi investiamo centinaia di migliaia di euro o milioni  per iniziare delle campagne produttive (arature, semine, trapianti, irrigazioni, mano d’opera ecc) che poi speriamo di vendere ( e sottolineo “vendere” non guadagnarci) dopo 5 o sei mesi, con dei rischi produttivi enormi ed in continuo aumento (siccità, gelate, malattie,  ecc.) e con dei prezzi di vendita assolutamente incontrollati ed imprevedibili. Non vi è imprenditore che sia sottoposto ad un rischio simile: investo senza sapere se riuscirò a produrre e non so se riuscirò a vendere. Questa è la situazione da sempre.

Da più di 30 anni riceviamo soldi dall’unione europea (anche tanti) per aiutarci a mitigare questi rischi e penso tutti, chi più chi meno, abbiamo usufruito di questi contributi. La stessa Unione però ci impone dei vincoli per indirizzare la politica agricola ed ambientale per poter usufruire di questi contributi. E’ un bene? Forse si, basta che questi vincoli non siano dei cappi che ci impediscano di produrre. Ma in ogni caso si è liberi di accettare o meno i contributi europei ed i relativi vincoli. Da qualche anno sono stati introdotti anche dei vincoli sulla produzione agricola slegati dalle richieste di contributi. Questi nuovi vincoli sono legati a norme di tipo ambientali ed ecologiche. E’ un bene? Forse si, visto quello che sta accadendo alle nostre esigue falde acquifere ed alle catastrofi climatiche che sopportiamo ogni giorno ma basta che questi vincoli siano condivisi e sostenuti da noi agricoltori. Ma questa condivisione non c’è stata.

Secondo punto: cosa vogliamo? E qui si apre un mondo, perché non lo sappiamo manco noi cosa vogliamo e da chi lo vogliamo. La prima richiesta è ovvia: meno tasse e meno vincoli. Sulle tasse sappiamo che il nostro utile d’impresa è tassato sul reddito agrario dei terreni, ovvero un inezia se paragonato alle tassazioni sul reddito imprenditoriale delle altre categorie. Per quanto riguarda i vincoli posso dire che oltre al quaderno di campagna ed ai limiti sui pesticidi, di obbligatorio non vi è nulla. L’Unione Europea voleva introdurre il vincolo del 4% di terreni lasciati a maggese ( ripeto il 4 non il 40!) ma la proposta è stata ritirata. Vorrei capire quali altri vincoli sussistano, a meno che non si parli di biologico, integrato, IGP o altre forme di certificazioni volontarie che noi scegliamo di intraprendere. (Voglio essere chiaro, qui stiamo parlando tra di noi in un giornale che leggiamo noi agricoltori, insomma e come se stessimo parlando al bar alle 6 di mattina prima di salire sul trattore, quindi niente reticenze o esagerazioni).

Altra cosa richiesta è lo stop alle importazioni per sostenere l’agricoltura nazionale. Questa è una richiesta da parte di tutti gli agricoltori europei e di ogni singolo Stato. Cioè tutti sovrani a casa propria e frontiere chiuse agli altri. Vorrei ricordare però che l’Italia è uno dei maggiori esportatori di ortofrutta in Europa (insieme alla Spagna), quindi se tutti gridano alla sovranità noi possiamo chiudere bottega grazie alla sovranità. Altro discorso sono le importazioni da paesi extra europei, perché qui non è sopportabile la concorrenza e non possiamo competere con produttori marocchini con costi di produzione del 50% più bassi dei nostri. Su questo punto bisogna essere chiari, le importazioni agricole extra UE devono subire dei dazi per adeguare i prezzi ai costi di produzione europei. Non importa se il Marocco imporrà per contrappeso dei dazi sulle importazioni a Casablanca sugli autoveicoli  o macchinari europei, l’agricoltura della UE è un bene primario è deve essere tutelato.

Terzo punto: la realtà. La realtà  del nostro settore agricolo è che almeno il 70% dei trattori con i quali abbiamo protestato per le vie europee li abbiamo comprati anche con i contributi che venivano proprio dalla UE, la realtà è che noi agricoltori italiani (specie nel Sud Italia ed in Trentino) siamo vocati all’esportazione verso il nord Europa e quindi meglio non chiudere le frontiere, altra verità è che dovremmo aggregarci per davvero, e non con finte OP,  per avere maggiore forza contrattuale nei confronti della GDO. La GDO fa il suo mestiere che quello di distribuire e vendere ma questo ormai avviene sempre più con offerte e ribassi a scapito dei produttori. Noi agricoltori dovremmo avere la forza di dire no alle continue “azioni” al ribasso.

Un’ultima verità la vorrei lanciare qui: non è che per caso dovremmo produrre di meno e produrre meglio? Ed i consumatori non dovrebbero comprare meno ma comprare meglio?

*imprenditore agricolo

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