FANELLI SULLE PROTESTE IN PIAZZA: “GIUSTO MANIFESTARE, IL SETTORE STA MORENDO. MA ORA SERVE COSTRUIRE”

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Sulle proteste in corso in tutta Italia Donato Fanelli (nella foto), produttore pugliese, vicepresidente CUT (Commissione uva da tavola) spiega al Corriere Ortofrutticolo: “Ecco perché gli agricoltori hanno ragione a protestare. Gli agricoltori sono in strada perché l’agricoltura, come l’abbiamo conosciuta e come la vorremmo, é destinata a morire. Complice, di tutto ciò é l’Europa che, sull’altare della tutela ambientale e della “Farm to Fork”, sta “pensionando” gli agricoltori e con essi la libertà di produrre, consumare e pagare il cibo secondo i principi consolidati di democrazia economica.

Complici sono le rappresentanze, lontane dai problemi veri e dai propri soci, impegnate a non “disturbare il manovratore” e a difendere i propri bilanci più che a tutelare gli agricoltori. Complici sono i governi nazionali che tengono gli occhi chiusi, inclini più alle passerelle e ai colpi di teatro che a fare scelte coraggiose. Complici sono tutti coloro che continuano a raccontata una realtà agricola inesistente, ammantata di belle notizie: ma falsa!”[…] Dobbiamo spiegare, soprattutto, che avallando queste politiche gli agricoltori si impoveriscono, i terreni rimangono incolti, gli allevamenti chiudono, …e il prezzo del cibo aumenta. Ecco, tutto questo oggi stanno denunciando le migliaia di trattori lungo le strade italiane, e noi dobbiamo ascoltarli perché lo fanno per il bene di tutti”.
“Condivido il pensiero di chi sostiene che non si deve scendere in piazza “per emulazione” perché i colleghi tedeschi o francesi, hanno voluto modificare provvedimenti scellerati del loro governo nazionale. E sono d’accordo con chi denuncia le organizzazioni sindacali, colpevoli a mio avviso di non aver governato il maltocontento ed essersi allontanate dalla realtà dei loro associati. Ai tanti manifestanti oggi dico: avete attirato l’attenzione, avete giustamente rotto gli equilibri, ma andando oltre la rottura, bisogna saper costruire e soprattutto comunicare. Per anni, da decenni, l’agricoltura ha vissuto due realtà: quella reale, vissuta tra i campi e quella “finta” perché raccontata sui media generalisti. Ed io da anni, molto spesso assieme ad altri pochissimi operatori della comunicazione, propongo un’altra narrazione dell’agricoltura, quella che raccontano gli imprenditori agricoli, quella che sento nei campi, nei mercati e nei magazzini. Basta con la politica del “la polvere si mette sotto il tappeto”. Basta! Invece di fare convegni su convegni per dire che siamo primi qua, siamo primi là… Sì, ma chi è primo? E’ l’agroindustria e la Grande Distribuzione. L’agricoltura, quella di sudore e levatacce la mattina, non frega più a nessuno. Della disperazione che porta ad un suicidio non ne parla nessuno. Della disperazione di chi vende tutto dopo 4-5 generazioni e lo fa con la morte nel cuore non importa a nessuno. La visione è chiara: ci vogliono far tornare ad essere mezzadri. La finanza si è ormai mangiata l’agricoltura, ma non lo ha fatto oggi. Lo ha fatto tempo fa. Ti mettono un cappio al collo facendoti produrre quello che vogliono loro, quando dicono loro e come dicono loro e, soprattutto, devi venderlo a chi dicono loro. E siamo tornati ad essere schiavi. E’ come nel film Matrix: pensi di decidere il tuo futuro, ma il futuro è accaduto già. A quanti di voi oggi manifestano dico: riappropriatevi del presente. E il presente inizia nel raccontare l’agricoltura come realmente se si vuole ritornare a contare nel futuro”. (red.)

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