LA MDD CONVIENE SOPRATTUTTO ALLA GDO, MA LE AZIENDE PARTNER POSSONO SCORDARSI UN AUMENTO DEI LISTINI

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In questi giorni segnati da una inflazione crescente (+6,7%), da parte della produzione e, soprattutto, dell’industria agroalimentare viene ripetuta la richiesta alla grande distribuzione di adeguare i prezzi all’aumento dei costi di produzione, mentre le catene della grande distribuzione cercano di frenare la contrazione dei consumi e vincere la competizione con le concorrenti puntando sul contenimento del livello dei prezzi.

Sono soprattutto i prodotti a marca del distributore (MDD) che consentono a CONAD di lanciare la campagna “ Prezzi bassi e fissi”, a COOP “Bassi e Buoni”, a SELEX “Spesa difesa” e a molte altre catene, compresi i discount, di comunicare sui volantini e presentare sugli scaffali prodotti con sigla dell’insegna a prezzi senza ritocchi in aumento, a cui si aggiungono spesso promozioni di private label di fantasia della catena.

Da notare, ad esempio, che la campagna “Prezzi bassi e fissi” di CONAD è accompagnata da spot televisivi dove non appare nessuna marca industriale, ma solo prodotti marchiati con la sigla della catena. Viene naturale la domanda: qual è il rapporto tra fornitore dei prodotti a MDD e le catene della grande distribuzione che consentono a queste di puntare su campagne di vendita basate sul contenimento dei prezzi pure in un contesto nel quale tutte le imprese registrano aumenti dei costi dell’energia, del packaging, della logistica e delle altre materie prime impiegate nel processo industriale ? E’ nella storia dell’introduzione sul mercato della MDD che i prodotti con la sigla della catena o con marche di fantasia, comunque riferibili al distributore, venivano offerti a prezzi più bassi di analoghi prodotti a marca industriale, ma ciò che colpisce in questo momento è che la MDD è diventata lo strumento principale, in un contesto generalizzato di aumento dei costi, delle politiche di contenimento dei prezzi delle catene della distribuzione per rafforzare la concorrenza orizzontale (tra catene), che è il secondo obiettivo che ha portato la grande distribuzione a creare la MDD. Il primo obiettivo, come è noto, è vincere la concorrenza verticale, vale a dire tra catene della distribuzione e fornitori, che dovrebbe portare a una diminuzione dei prezzi a monte, per consentire alle catene di offrire i prodotti a MDD a un prezzo più contenute di quelli a marca industriale. Diversi studi hanno dimostrato che questa operazione consente alle catene della grande distribuzione di ottenere livelli di profitto superiori a quelli raggiungibili con analoghi prodotti a marca industriale, in quanto i rapporti di integrazione che si generano tra catena e fornitore consentono, complessivamente, una riduzione dei costi nei rapporti di filiera, ma manca ancora una risposta chiara sul livello di convenienza dei fornitori a partecipare a questo tipo di contratti. Domanda che nella situazione sopra descritta merita ancora di più una risposta.
Da qualche anno, The European House Ambrosetti in occasione di Marca, la fiera di Bologna dedicata alla marca commerciale, presenta la MDD come un benefattore della società. Secondo il rapporto presentato nell’ultima edizione la quota di mercato della MDD nella GDO (Iper+Super+LSP) ha raggiunto il 19,8%, ma è noto che nelle grandi catene supera anche il 30%, pesa il 60% della crescita dell’industria alimentare e incide per quasi l’8% sul fatturato totale dell’industria, attiva una filiera che coinvolge circa 50 sotto-comparti economici, sono 240.000 gli occupati nella filiera della MDD, sostiene il potere d’acquisto con un risparmio di 100 Euro all’anno a famiglia per un ammontare complessivo di 2,1 miliardi di Euro, 1500 sono le aziende MDD partner e il 84,6% sono piccole e medie imprese, il 46,6% dei rapporti di fornitura tra le aziende MDD partner e la distribuzione moderna durano oltre 8 anni e il 36,6% meno di 24 mesi, su un campione di 610 aziende MDD partner The European House Ambrosetti ha accertato nel periodo 2013/2020 un tasso di incremento annuo del fatturato di +6,4% (3 volte di più rispetto al settore) con una performance, misurata dal tasso di incremento del fatturato, del valore aggiunto e dei dipendenti medi, migliore rispetto alla controparte e al settore alimentare con tassi di crescita record anche negli ulti due anni di crisi (2019/2020).

In base a questi dati The European House Ambrosetti conclude che la MDD svolge un importante ruolo sociale e credo che nessuno può darle torto, tuttavia qualche altra considerazione sulla posizione del fornitore, le cosiddette aziende MDD partner, merita di essere fatta. Per prima cosa proprio i dati di The European House Ambrosetti evidenziano che il 36% dei rapporti di fornitura non supera i 24 mesi e un altro 14,8% non va oltre i 48 mesi. Trattandosi in gran parte di piccole e medie imprese che possono avere anche sostenuto investimenti per adeguare il processo produttivo alle richieste della catena di cui sono partner, il fatto che più del 50% dei fornitori non abbia rapporti superiori a 4 anni fa sorgere qualche dubbio sulla loro convenienza. Certamente, la possibilità di potere usufruire del canale di vendita di una catena di distribuzione, che consente a piccole e medie imprese (il 9,4% sono micro) di usufruire della reputazione dell’insegna e delle sue strategie di marketing, costituisce una notevole economia per il fornitore, tuttavia la crescita del fatturato e del valore aggiunto non permette sempre di concludere che il rapporto di fornitura di prodotti a MDD garantisca soddisfacenti livelli di utile per l’azienda partner, perché al valore aggiunto bisogna togliere il costo del lavoro, gli ammortamenti e gli oneri finanziari sui mezzi di terzi. In una situazione come l’attuale di forte aumento dei costi dei fattori intermedi, che porterà a una inevitabile contrazione del valore aggiunto, se non si verificherà un aumento dei ricavi, peraltro molto difficile se la distribuzione moderna cercherà di contenere la caduta delle consumi attraverso politiche di contenimento dei prezzi, anche l’utile, se c’è ancora, delle aziende partner tenderà a ridursi.
Recentemente, il Centro di Ricerche su Retailing e Trade Marketing (REM-Lab) dell’Università Cattolica, elaborando dati IRI, ha calcolato che la percentuale delle vendite di MDD su totale di reparto a valore della GDO nel 2021 è stata del 7,4% per le bevande, il 37,9% per le carni, il 17,2% per la drogheria alimentare, il 28,3 per il freddo, il 26,5% per il fresco e il 34,6% per l’ortofrutta. Per le stesse categorie, la percentuale delle vendite in promozione dei prodotti a MDD si è aggirata attorno al 20%, con ben il 27% per le carni e il 23% per l’ortofrutta. Se, in base ai dati del REM-Lab la quota dei prodotti a MDD raggiunge il 60,3% nei discount, la cui quota di mercato è arrivata al 21,7% (Mediobanca), credo che le aziende partner dell’agroalimentare difficilmente potranno sperare in un adeguato aumento dei prezzi per i prodotti destinati alla MDD.

Corrado Giacomini

economista agrario

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