LA MARCA DEL DISTRIBUTORE (MDD) TRAINA LA CRESCITA DEL FOOD E DEI CONSUMI SOSTENIBILI. E L’ORTOFRUTTA?

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Il 24 marzo scorso “The European House Ambrosetti”, in collaborazione con l’ Associazione Distribuzione Moderna (ADM), ha presentato il rapporto “Dall’emergenza al rilancio sostenibile: il contributo della Marca del Distributore” in preparazione di Marca 2021, la storica iniziativa di Bologna Fiere aperta alle imprese interessate allo sviluppo della marca del distributore (MDD).

Secondo il Rapporto, l’84,3% del totale della spesa alimentare delle famiglie italiane avviene tramite i canali della Distribuzione Moderna, che con 425 mila occupati diretti (dieci volte quelli del trasporto ferroviario) è il 5° settore economico su 245 censiti per crescita occupazionale nel periodo 2013-2019 e il 3° settore per contributo all’occupazione nel Mezzogiorno.
Il fatturato della Marca del Distributore ha raggiunto 11,8 miliardi di Euro nel 2020, con una crescita del 9,3% rispetto al 2019, più di quanto è aumentata nel complesso la spesa alimentare. La MDD, secondo House Ambrosetti, è il principale fattore di crescita dell’industria alimentare: oggi rappresenta il 28% della crescita totale del settore Food&Beverage e la sua incidenza sull’industria alimentare è pari all’8%, record storico. Anche la quota di mercato è cresciuta significativamente, passando dall’11,3% nel 2003 al 20% nel 2020. Non solo, ma secondo House Ambrosetti, la MDD crea “condizioni di benessere umano e occupazione diffusa”. Infatti, la MDD sostiene complessivamente 235 mila occupati diretti e indiretti, coinvolge 1500 imprese partner, di cui il 50% di medie dimensioni e il 40% piccole e micro imprese. House Ambrosetti ha accertato che nel 98% dei casi le relazioni di fornitura con le imprese partner durano più di due anni e nel 50% più di otto anni, inoltre la loro performance è generalmente superiore a quella delle altre aziende del settore alimentare. Nell’attuale momento storico ed economico, secondo una survey somministrata da House Ambrosetti, la MDD ha sempre più un ruolo di guida e stimolo nello sviluppo di modelli di produzione e consumo più sostenibili e circolari. In particolare, la MDD offre un importante contributo alla sostenibilità economica nella relazione con il consumatore finale grazie ad un indice di prezzo del 15% inferiore rispetto alla media, tanto che House Ambrosetti calcola che i prodotti a MDD hanno generato un risparmio per le famiglie italiane nel 2020 di 2,1 miliardi di Euro, pari a circa 100 Euro per famiglia. House Ambrosetti conclude affermando che la MDD ha un ruolo chiave per lo sviluppo sostenibile del Paese ed è uno dei pochi settori economici ad impattare su tutti i 17 Sustainable Development Goals dell’agendo 2030 delle Nazioni unite e su 71 dei rispettivi 169 target.
Tutto bene quindi, la MDD è la determinante principale di crescita per l’industria alimentare italiana, in particolare della media e piccola impresa, e svolge un ruolo di guida e di stimolo nello sviluppo di modelli di produzione consumo più sostenibili e circolari. Verrebbe quasi da dire, che il ritardo dello sviluppo della MDD nel nostri Paese, dove mediamente occupa una quota del 20% del fatturato della Distribuzione Moderna, rispetto a quanto avviene in altri Paesi, come la Francia, l’UK e la Germania, dove la media si aggira tra il 35% e il 40%, è stato un fattore di ritardo nella crescita della nostra industria alimentare e ha concorso a ridurre la sostenibilità economica della spesa alimentare. Non è da escludere però, che il contributo della MDD alla sostenibilità economica del reddito familiare grazie al minor prezzo solitamente praticato dalle MDD non concorra a ridurre la sostenibilità del reddito delle imprese fornitrici.
Consultando la letteratura, tutti concordano sul fatto che la nascita della MDD è stata stimolata dall’obiettivo delle catene della Distribuzione Moderna di aumentare la loro forza contrattuale nei confronti delle marche industriali, di acquisire gradi di monopolio nei confronti delle catene concorrenti, di aumentare la fidelizzazione dei propri clienti attraverso le garanzie qualitative dell’insegna operando a livelli di prezzo più competitivi rispetto ad analoghi prodotti a marca industriale. La MDD è diventata, quindi, una determinante principale della strategia di sviluppo delle catene della distribuzione moderna, certamente nei prodotti di largo consumo confezionato (LCC), mentre nel fresco, dove il più delle volte i prodotti sono delle commodity e possono venire esposti sfusi (ortofrutta, pesce), le catene della Distribuzione Moderna non ricorrono sempre alla MDD, salvo che non vogliano sottolineare garanzie di qualità del prodotto con il marchio dell’insegna o con marche proprie ad essa collegabili, è il caso di “Naturama” in Esselunga, di “Fior Fiore” in COOP, “Percorso qualità” in CONAD e “Passo dopo Passo” in Despar. La carne nei lineari è esposta, invece, sempre confezionata, ma anche qui non sempre con la MDD, mentre nei prodotti di quarta e quinta gamma la MDD è largamente presente e si confronta con molte marche industriali.
Nel caso dell’ortofrutta fresca si possono ricordare poche marche nazionali bene affermate come Melinda, Marlene, Solarelli, Orsero, Val Venosta, Opera, Selenella e poche altre, che hanno anche il limite di essere riferite, salvo Solarelli e Orsero, a un solo tipo di prodotto: mele o pere e patate. L’elemento localizzazione, come per Melinda, Marlene e Val Venosta, assieme ad alcune caratteristiche qualitative delle mele di montagna o, per le patate, il contenuto in selenio fortemente pubblicizzato, costituiscono un fattore di differenziazione che supporta bene la marca nell’immaginario del consumatore, ma ugualmente non si può dire che siano molto presenti nei reparti ortofrutta delle catene della Distribuzione Moderna, salvo quando si tratti di offerte promozionali. Nemmeno il riconoscimento della DOP o della IGP ad alcuni prodotti ortofrutticoli costituisce un marchio di successo, perché ancora poco conosciuto e non sempre garantisce nell’ortofrutta una sufficiente differenziazione del prodotto. Le catene preferiscono, quindi, nei reparti ortofrutta esibire prodotti indifferenziati o confezionati con MDD (per IRI a settembre 2020 la quota di mercato della MDD nei reparti ortofrutta era pari al 34,0%) , ma le catene si presentano sempre come le garanti esclusive della qualità e salubrità dell’offerta.
Per non essere una commodity un prodotto deve avere elementi di differenziazione tali da guidare la scelta del consumatore e la marca con i messaggi intangibili ad essa collegati (storia dell’impresa, serietà dei messaggi, ecc,) deve rendere manifesti questi caratteri. Quasi tutta l’ortofrutta, purtroppo, è una commodity soprattutto nei reparti della Distribuzione Moderna salvo quella offerta con la MDD. La produzione nei pochi casi citati o negli altri che ho dimenticato, ma che credo rappresentino una quota modesta del totale, finora non si è sforzata a stabilire un rapporto diretto con il consumatore e proprio la marca potrebbe esserne strumento. Anche l’ultimo tentativo, “Opera”, non ha fatto in tempo ad affermarsi a causa, tra l’altro, della mancata aggregazione dell’offerta necessaria ad assicurare una posizione forte sul mercato.

Corrado Giacomini

Economista – Comitato di Indirizzo del Corriere Ortofrutticolo

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