LA GRANDE TRUFFA DELLE INCHIESTE TV SUL FALSO MADE IN ITALY

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Leggo sul notiziario on line dell’Ordine dei giornalisti (Og Informazione, newsletter n.13, ottobre 2015) il report di un convegno svolto in Expo sul tema “Giornalismo d’inchiesta e alimentazione”. Ovviamente le inchieste erano quelle di ‘Report’ su Rai3 (fra un po’ ci metteremo pure Le Iene, quando l’Ordine sdoganerà anche le reti Mediaset).

Per gli organizzatori del convegno parlare di alimentazione significa parlare soltanto del ‘falso made in Italy’. E quindi vai con l’esaltazione delle inchieste su pizza, caffè, cornetti al miele, olio extravergine, “che hanno messo a soqquadro il settore alimentare italiano”. E vai pure con l’elenco delle ispezioni dei Nas, dei controlli, dei sequestri di tonnellate di alimenti adulterati o in cattivo stato di conservazione. Come dire: attenzione al cibo che mangiate, è pieno di insidie, veleni, trappole commerciali. Nessuno nega che questi fenomeni esistano, nessuno nega che sia giusta e doverosa l’attenzione a smascherare le falsità, gli inganni, le truffe ai danni dell’ignaro consumatore, nessuno nega l’importanza di una corretta etichettatura, ma ridurre solo a questo il tema dei rapporti tra giornalismo e alimentazione significa fare la solita, grande opera di mistificazione ai danni dell’agroalimentare. E lanciare messaggi allarmistici e terroristici al consumatore: se la nostra tavola quotidiana è piena di veleni e di truffe, perché consumare? Perché comprare?

Incredibile che a questa operazione si presti l’Ordine dei giornalisti, ma parliamo di un ente ormai palesemente inutile. Per il resto la scuola Report, la scuola Santoro sono così. Si punta al sensazionalismo, a bucare il video, quindi si va giù con l’accetta, senza badare troppo per il sottile. Vale per tutti quello che scrisse il critico televisivo Aldo Grasso sul Corriere della sera il 23 maggio scorso: “La scuola Santoro sembra un allevamento intensivo di piccoli estremisti, di talebani del nutrizionismo, di integralisti del cibo politicamente corretto. Nessuna possibilità di avviare un ragionamento, di fronte a giovani con la bava alla bocca che però non sanno nulla del mondo contadino, della filiera del cibo, che vorrebbero morto un povero pensionato il cui torto è di allevare quattro capre e cinque galline”.

Chiaro che c’è bisogno di cibo buono, pulito e giusto. E il nostro paese è un esempio di cibo ‘buono e pulito’ grazie ai controlli e ai sistemi di garanzia che sono tra i più alti d’Europa e del mondo. Se poi sia anche ‘giusto’ dipende dal mercato e dalle capacità organizzative e imprenditoriali degli attori economici. Ma parlare nelle inchieste televisive solo del ‘falso’ made in Italy è una truffa, una presa in giro ai danni dell’ignaro telespettatore. Facciamo le inchieste anche sul perché non funziona il sistema delle dop-igp, sul perché nonostante le nostre tante ‘eccellenze’ in campagna c’è sempre crisi, sul perché olandesi, tedeschi e francesi esportano più di noi, su un sistema di rappresentanza frantumato e fermo a 50 anni fa, sui rapporti fra Gdo e fornitori, su come è messo il ministero, su come spendono i soldi le Regioni… Insomma su come funziona non solo il falso ma anche il ‘vero’ made in Italy.

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

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