KAKI, DIVANO LANCIA L’SOS: “NO AGLI ANTICIPI. RISPETTARE I TEMPI DI MATURAZIONE”

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Che il kaki appena raccolto non sia un frutto pronto da commercializzare e che vada “detannizzato” per essere consumato al meglio delle sue proprietà organolettiche, non è un mistero per nessuno. Almeno non per gli operatori del settore. Difatti, a parte la varietà campana Kaki Vaniglia che può essere consumata appena colta, le varietà più diffuse, Kaki tipo e Rojo Brillante, seguono un iter di neutralizzazione dei tannini prima di essere distribuite. Il processo, del tutto naturale, avviene in celle di maturazione impiegando etilene per il primo e CO2 per il secondo. Ma da qui a mettere in atto pratiche al limite del consentito ce ne passa. Purtroppo il sospetto che in alcuni casi si vada oltre le buone prassi nasce a ragione.

A porre il problema è Mimma Divano, titolare dell’omonima azienda, specializzata in cachicoltura. “Non è possibile vedere in giro kaki maturi (delle varietà tradizionali) già da inizio settembre – sostiene – e non ipotizzare che si sia forzata la mano. Le probabilità che si intervenga con prodotti ammessi per la maturazione di altra frutta ma non per il kaki è ragionevolmente alta. Il pensiero va ad esempio alla molecola Etefon, impiegata sul melo con un tempo di carenza (giorni che devono trascorrere prima della raccolta) di 14 giorni, mentre sul kaki se se ne fa uso occorre utilizzarla a pochi giorni dalla raccolta. Motivo per cui ne è stato fatto divieto. Il problema – continua Divano – è che, nonostante le certificazioni di qualità, difatti, quando si fanno le analisi multiresiduali sui kaki, questo tipo di molecole non viene ricercato e sfugge ovviamente ai controlli con molta nonchalance.

Il fenomeno, per quanto al momento limitato, desta preoccupazioni soprattutto per il futuro perché potrebbe alimentare aspettative di anticipo di stagione dei kaki tradizionali che non possono essere soddisfatte se la produzione opera correttamente.

“Sono convinta – ribadisce Mimma Divano– che noi produttori abbiamo l’obbligo morale di attenerci e rispettare non solo i disciplinari di produzione ma di assecondare la maturazione dei frutti, la più naturale possibile”. E aggiunge: “Non è forse il caso di ripensare alla stagionalità come valore e smetterla di trattare questa specificità dei frutti come un disvalore? Siamo certi che il consumatore nelle calde giornate di settembre sia davvero tentato da un kaki e non da un grappolo d’uva? Forse le persone preferiscono attendere e gustare questo frutto a tempo debito, quando le temperature si saranno un po’ abbassate e comprarlo magari insieme alle castagne con le quali anche cromaticamente si abbina alla perfezione”.

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