IV GAMMA, NELLA PIANA DEL SELE SI RIQUALIFICA IL SUOLO: È LA PRIMA VOLTA

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Il polo di IV Gamma della Piana del Sele spinge l’acceleratore sulla sostenibilità.

Si inizia a stimare la capacità di sequestro di carbonio delle colture di IV Gamma sotto serra lavorando con sensori e microrganismi del suolo. Con una serie di progetti di ricerca in collaborazione con l’Università di Salerno e il CREA, le aziende dell’areale di Battipaglia stanno lavorando per la prima volta sulla qualità del suolo sotto serra implementando le tecniche colturali con azioni ‘green’ che attingono alla tradizione e all’innovazione al tempo stesso.

Ne parliamo con Domenico Ronga (nella foto), professore associato alla facoltà di Agronomia Difarma dell’Università di Salerno in un’intervista esclusiva per Fresh Cut News.

– È una novità assoluta lavorare per riqualificare il suolo sotto serra. Basti pensare al depauperamento dei terreni in Almeria, nel cosiddetto ‘Mar de plastico’. Ci può spiegare i progetti a cui state lavorando?
“Effettivamente ci sono pochissime pubblicazioni al riguardo. Stiamo lavorando a quattro progetti con quattro aziende diverse. L’ultimo è iniziato lunedì scorso in collaborazione con l’OP Isola Verde. L’obiettivo è migliorare la sostanza organica nel suolo e contemporaneamente aumentare la produttività e la qualità dei prodotti”.

– Come state procedendo?
“Puntiamo a creare nuovi modelli produttivi attraverso l’uso della sensoristica che ci dà un quadro puntuale delle condizioni del terreno. Innoviamo le tecniche colturali per ridurre l’uso dei fertilizzanti di sintesi e il consumo dell’acqua, inoltre per abbattere la perdita di azoto che è un elemento molto volatile, aumentare la shelf life del prodotto, implementare il contenuto nutrizionale”.

– Su quali tipi di colture state intervenendo, nello specifico?
“Su rucola, spinacino, valeriana e lattughino. Con l’OP Altamura invece stiamo lavorando sempre sulla qualità del suolo sfruttando la digitalizzazione e l’agricoltura 4.0”.

– È possibile farlo? C’è connessione internet nei campi?
“Sì. Stiamo lavorando da un anno per aumentare la sostanza organica del terreno, anche per potere sfruttare i risultati ottenuti sul mercato dei crediti di carbonio”.

– In che modo?
“Dopo avere misurato la sostanza organica del suolo con telecamere iperspettrali messe a disposizione dal CREA, interveniamo introducendo micorrize, batteri e altri microrganismi, in grado di sequestrare l’azoto dall’atmosfera e migliorare la qualità del terreno. Lo facciamo in sinergia con l’uso di fertilizzanti organici. Il passo successivo per il monitoraggio sarà quello di passare dalle telecamere iperspettrali ai sensori integrati alle trattrici di lavorazione per monitorare il suolo sotto la superficie e quindi con maggiore precisione. In questo modo possiamo anche migliorare la popolazione microbica del terreno usando nuovi fertilizzanti organici in combinazione con l’introduzione di microrganismi e nello stesso tempo stimare la capacità di sequestro di carbonio nelle colture di IV Gamma sotto serra”.

– Qual è la portata innovativa di questa misurazione?
“Per definizione, la serra è un ambiente controllato. L’acqua viene data quando serve, in estate le temperature sono molto alte sotto tunnel. La combinazione di questi fattori accelera la perdita di sostanza organica dal suolo. Siamo alla ricerca di una soluzione innovativa per ovviare a questa situazione”.

– Con chi altri state sviluppando questo lavoro?
“Con l’OP TerrAmore. Ci stiamo lavorando da due anni sempre in funzione del miglioramento della qualità del terreno. In questo caso, attraverso l’uso di nuove cover crop, quali il sorgo”.

– Più che una novità, è un sorprendente ritorno alla tradizione anche se applicato alle coltivazioni in serra…
“Esatto. Noi piantiamo in serra il sorgo sul terreno di coltura, in questo caso di rucola e lattughino. Una volta sfalciato, lo lasciamo essiccare a terra per creare una pacciamatura naturale che ci permette di ridurre l’intensità delle lavorazioni. Da lì passiamo direttamente alla semina riuscendo a saltare alcune fasi quali quella del ripper e delle frese per la lavorazione del terreno con un risparmio di circa 700 euro ad ettaro solo per l’eliminazione di queste operazioni. Operazioni che, peraltro, determinano un assorbimento di ossigeno da parte del suolo e quindi una sua minore performance. Sempre con l’OP TerrAmore, attraverso un sito di compostaggio, abbiamo iniziato a recuperare gli scarti della produzione di IV Gamma per usarli, in un’ottica di economia circolare, come compost. Lo stiamo facendo sulla lattuga cappuccio ed abbiamo riscontrato un aumento della produttività tra il 30 e il 40%. Ma una buona lavorazione del terreno può incrementarla anche fino al 50%”.

– Straordinario. Altri risultati?
“Riusciamo a ridurre l’uso dei fertilizzanti del 50% e anche l’uso dei patogeni tellurici che implicano trattamenti con pesticidi perché causano marciume nelle piante. Obiettivo finale, migliorare la qualità della sostanza organica del terreno di almeno il 50%”.

– L’ultimo progetto?
“Lo stiamo portando avanti insieme all’azienda Mobi che lavora sulle baby leaf rosse come la red chart o il lattughino rosso. In questo caso l’obiettivo è aumentare la qualità del prodotto e il contenuto di polifenoli e antiossidanti”.

– Come?
“Sempre con l’uso di microrganismi nel terreno, selezionando quelli che interagiscono meglio con le radici al fine di ottenere gli effetti desiderati. Su un range di milioni di microrganismi, puntiamo a selezionarne, alla fine della ricerca, quattro o cinque tra i più efficaci”.

Mariangela Latella

(fonte: Freshcutnews.it)

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