ISMEA: CRESCONO I CONSUMI DI LEGUMI MA L’ITALIA DIPENDE DALL’IMPORT

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Negli ultimi anni in Italia il consumo di legumi sta registrando un trend in crescita, fomentando gli investimenti in tali produzioni oltre all’incremento delle importazioni. La “riscoperta” delle proteine vegetali è ascrivibile principalmente a nuovi stili alimentari (vegetariani e vegani) che vanno sempre più diffondendosi, nonché all’erosione del potere d’acquisto delle famiglie che li preferisce alle proteine animali perché più economici. Una analisi approfondita dello scenario è stata svolta da Ismea.

In Italia la produzione di legumi è prevalentemente localizzata al Sud e al Centro, più del 63% della produzione è in Sicilia, Abruzzo, Toscana, Marche e Puglia, anche se non mancano le eccezioni. A livello nazionale si è passati da 61.587 ettari di superfici dedicate nel 2014 ai 67.048 dello scorso anno, con una crescita del 14% anno su anno. In termini di volumi, l’incremento è stato dell’11% per un totale di 121.649 tonnellate. In particolare, per i piselli si è registrato un +14% delle superfici coltivate, passate da 4.161 a 4.755 ettari, e un +13% dei volumi che hanno raggiunto le 10.417 tonnellate. Per il fagiolo, a fronte di un incremento del 21% delle superfici (da 4.852 a 5.870) si è osservato un aumento dei rendimenti dell’11% (da 11.032 a 12.215 tonnellate); la produzione di lenticchie invece è incrementata del 33% (da 1.873 a 2.484 tons) mentre in termini di investimenti la percentuale è stata del 26% (da 2.463 a 3.099); infine circa i volumi di ceci raccolti si è avuta una crescita del 28% (da 13.072 a 16.761 tonnellate), corrispondenti a +24% delle superfici (da 9.037 a 11.167 ettari). L’evoluzione dei prezzi all’origine – positiva per tutti i prodotti osservati nel 2014 rispetto al 2013 – nel 2015 prosegue in crescita per il fagiolo e i ceci mentre diventa negativa per le lenticchie, che più di altre leguminose hanno sofferto dell’aumento della produzione registrato e del livello delle quotazioni internazionali.

Passando al commercio estero, per i legumi secchi il nostro paese dipende fortemente dalle importazioni, che coprono circa i tre quarti dei consumi degli italiani. Nell’ultimo biennio gli acquisti hanno superato le 300.000 tonnellate annue, per una spesa di circa 225 milioni di euro. Ne consegue che il passivo della bilancia commerciale nel 2014 ha superato i 220 milioni di euro. Nel 2015 il saldo si è leggermente ridotto (207.593 euro), grazie alla riduzione dei valori medi unitari. Le esportazioni al contrario rappresentano solo il 15% della produzione nazionale. Negli ultimi anni hanno sfiorato quota 20.000 tonnellate, cui sono corrisposti introiti per circa 17 milioni di euro.

Infine, analizzando l’andamento della domanda, in base ai dati Istat dell’indagine demoscopica sulle condizioni economiche delle famiglie (edizione 2014), la spesa media mensile per vegetali secchi costituisce il 25% del totale per vegetali e il 3% di quella complessiva per alimentari. Sulla base dei dati Ismea-Nielsen, gli acquisti domestici relativi ai legumi si concentrano, in termini di valore, su piselli (42%), seguiti da fagioli (31%), lenticchie (11%), ceci (9%) e fave (2%).

In termini di spesa, la tipologia di legume più acquistata è quella in scatola (47%), il 32% interessa i legumi surgelati mentre il 19% degli acquisti riguarda i legumi secchi. In termini di quantità il 61% è rappresentato dai legumi in scatola, il 25% da quelli surgelati, il 13% dai legumi secchi. All’interno della categoria dei legumi in scatola, i più acquistati sono i fagioli, che rappresentano il 56% del totale, seguiti dai piselli (21%) e dai ceci (15%). Il restante 8% è rappresentato dalle lenticchie (8%) e in minima parte dalle fave (0,1%). Tra i legumi secchi al primo posto figurano le lenticchie (40%), seguite dai fagioli (24%), dai legumi misti (20%) e dai ceci (12%). I meno acquistati sono i piselli secchi (2%). Tra i legumi surgelati, infine, il 96% è rappresentato dai piselli, il restante 4% da fave e fagioli. (c.b.)

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