IN TRE MESI CHIUSE DUEMILA IMPRESE AGRICOLE

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Duemila imprese in meno nel giro di tre mesi. L’agricoltura paga la totale assenza di misure a sostegno del settore e perde ‘pezzi’ e vitalita‘, scontando ancora una volta sulla sua pelle gli effetti della crisi economica, i costi produttivi record e i prezzi sui campi non remunerativi. Secondo i dati di Unioncamere, tra luglio e settembre hanno chiuso 1.975 aziende agricole.

 

”La situazione del comparto è davvero pesante – spiega la Cia – ma la politica sembra non accorgersi della gravita’ della situazione. La manovra varata dal governo ha totalmente ignorato l’agricoltura, e anche dalle prime indiscrezioni sul decreto Sviluppo non risulta alcun provvedimento a favore del settore primario. Eppure oggi 3 imprese su 5 hanno bilanci in ‘rosso’ e la scelta irresponsabile di non intervenire sui problemi della categoria rischia di mettere fuori mercato altre 350 mila aziende. Già alle prese con costi sempre più proibitivi, redditi falcidiati dalla crisi e scarsi guadagni”.

”Solo ad agosto – ricorda la Cia – gli imprenditori agricoli hanno dovuto sborsare l’11,4 per cento in piu’ per i mangimi; il 22,2 per cento in più per l’energia elettrica, il 7,8 per cento in piu’ per i concimi e il 6,3 per cento in più per i carburanti. Di contro, a settembre i prezzi pagati ai produttori hanno perso l’1,1 per cento rispetto al mese precedente, con una brusca flessione degli ortaggi (meno 10,6 per cento), in buona parte attribuibile ai ribassi delle patate (meno 20,1 per cento)”.

”A questo contesto già complicato – continua la Cia – si aggiungono anche le difficolta’ del negoziato sulla Pac post 2013. Oggi a Lussemburgo per il Consiglio dei ministri dell’agricoltura dell’Ue il ministro Romano ha dichiarato che ”non è accettabile la redistribuzione delle risorse finanziarie tra i Paesi membri che la Commissione propone”.

La ”questione agricoltura”, conclude la Cia, ”ha bisogno urgente di un governo in grado di portare avanti politiche nuove e realmente efficaci per il comparto, in grado di dare una spinta alla ripresa. Continuare a vivacchiare sarebbe deleterio: oggi le imprese agricole non possono piu’ permetterselo”.

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