Quando nell’estate del 2013 il Partito dei Verdi in Germania promise – in caso di vincita delle elezioni governative – l’istituzione del “Veggie Day”, ovvero un giorno a settimana in cui fosse bandito per legge il consumo di carne, la maggioranza del popolo della rete di tutto il mondo si rivoltò proclamando la propria libertà di scelta in fatto di alimentazione.
La realtà però è che i tedeschi sono sempre meno legati alla loro fama di instancabili consumatori di salsicce e würstel. A confermarlo è un recente studio condotto dall’Università di Göttingen e dell’Università di Hohenheim secondo cui circa tre milioni di cittadini in età adulta – pari al 3,7% di tutta la popolazione – sono classificabili come vegetariani o vegani.
Secondo la ricerca, la costante decrescita della curva di domanda di carne è da ricondursi sia a motivi etici – cresce tra la popolazione il desiderio di adottare uno stile di vita migliore e più sostenibile – sia a ragioni economiche, dal 2010 al 2014 il prezzo della carne ha fatto registrare un aumento del 17%.
Un altro fattore che influenza fortemente tale tendenza è legato alle recenti notizie sullo stato degli animali negli allevamenti intensivi e le condizioni dei lavoratori nei macelli tedeschi; una situazione tale che ha scandalizzato molti consumatori teutonici spingendoli verso una forma moderata di vegetarianismo, il che li classifica come “flexitariani”, ovvero semi-vegetariani che consumano carne solo in rare occasioni.
La scelta di adottare uno stile di vita più etico ed eco-sostenibile nasce all’interno della comunità studentesca di sinistra, dove coloro che appoggiavano questa idea erano definiti “Lohas”. Ad oggi il fenomeno non è più circoscritto ai soli studenti ma si è esteso trasversalmente a un numero sempre maggiore di consumatori. Il “Loha” medio ha circa 30 anni, è di sesso femminile ed ha un grado elevato di istruzione.
L’enorme popolarità del vegetarianismo ha influenzato anche le performance commerciali di prodotti vegan e vegetariani. I profitti realizzati da proposte merceologiche alternative alla carne nel 2012 sono aumentati del 164% rispetto al 2008. Inoltre, negli ultimi dieci anni, il consumo pro-capite di ortofrutta è aumentato del 13%. Tale trend si traduce in un cambiamento tangibile all’interno dei supermercati: dalle più vaste superfici di vendita fino ai piccoli negozi di quartiere si sono moltiplicate le proposte vegetariane. Si tratta di un segmento ancora dominato da pochi grandi marchi ma lo scenario competitivo potrebbe a breve cambiare vista la forte attrattività che ne incoraggia l’entrata di nuovi competitor.
Chiara Brandi