IL RILANCIO DI SASLÀ, LA STORICA UVA DA TAVOLA CHE SI PRODUCE NEL BOLOGNESE

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Uva Saslà in italiano, Chasselas in francese. Uva da tavola in Italia, nel Bolognese e nel Piacentino; uva da vino in Francia, Svizzera e Germania. E proprio nel Bolognese, sulle colline della Valsamoggia, tra Bazzano, Savigno, Monteveglio e Castello di Serravalle si produce da sempre questa uva da tavola. Chicco piccolo, a bacca bianca dorata dal sapore dolce e intenso, l’uva Saslà è al centro di un progetto di rilancio confortato dall’inserimento nell’Arca del Gusto di Slow Food quale presidio di biodiversità alimentare e agricoltura familiare. Sui Colli bolognesi, come nel sud della Francia, è utilizzato come uva da tavola. Anzi, agli inizi del ’900 sulle colline bolognesi si produceva tantissima Uva Saslà e veniva esportata in mezza Europa. Alla fine del secolo scorso il vitigno era quasi scomparso, ma ora si sta riscoprendo.

“Sono tanti i ristoranti che hanno accettato di proporre un menù a base di Uva Saslà. E ad 8 anni di distanza sono sempre più i soggetti coinvolti nella Festa di questo particolare vitigno francese (lo “Chasselas”) che sul nostro territorio produce una pregiata uva da tavola”, così Luigi Vezzalini, Presidente di Terre di Jacopino, l’associazione di Castello di Serravalle che in questi giorni di settembre ha organizzato con il Comune la Festa dell’Uva Saslà 2024 nei municipi di Valsamoggia. Promossa da Confesercenti Bologna con il contributo della Camera di Commercio di Bologna la festa dell’Uva Saslà per tutto il mese di settembre si tiene tra Bazzano, Monteveglio, Castello di Serravalle e Savigno. Momento clou è stato il convegno di Savigno del 12 settembre sul tema: “La Ristorazione e i Prodotti locali insieme per promuovere il Territorio”.

Nella foto da sinistra: Giorgio Erioli, Michele Staiano, Annamaria Manfredini, Federica Govoni, Luigi Vezzalini, Stefano Parmeggiani, Luciano Generali, Raffaella Melotti e Paolo Canto.

“Il Comune – ha affermato Federica Govoni, vicesindaca di Valsamoggia – sostiene la riscoperta di una coltivazione che risale a più di 100 anni fa. Nei tempi d’oro, nella prima metà del ’900, dai nostri Municipi l’Uva Saslà veniva esportata con i treni in tutto il mondo. Oggi salutiamo con gioia il felice sodalizio instaurato tra enti locali, associazioni di categoria, produttori e trasformatori creato per la promozione dell’Uva Saslà”.

Ad un testimone storico come Luca Generali di Montebudello è toccato raccontare le sue ricerca sull’Uva Saslà. “All’inizio degli anni 2000 – ha rivelato – ho scoperto un fervido mondo di produttori che prima del 1938 spedivano a Bologna l’Uva Saslà con i carri trainati da cavallo e, non appena arrivata a Bazzano la caricavano interi convogli di treni”. Giorgio Erioli, altro testimone storico, ha elencato una lunga teoria di vitigni di nicchia e di uve da tavola coltivati sul nostro territorio dei Colli Bolognesi. Oltre all’Uva Saslà, si poteva trovare l’Angela, il Negretto il Maiolo e tante altre uve poi andate in disuso. “Con le 2.400 piante di Uva Saslà – ha ricordato Annamaria Manfredini, produttrice  – innestate 33 anni fa su una vigna vecchia di oltre 80 anni, oggi il mio podere è il maggiore produttore di Uva Saslà. Si vende nelle classiche cassette e quella che rimane va alla trasformazione. Siamo riusciti ad ottenere un ottimo aceto balsamico”.

Annamaria Manfredini

“L’Uva Saslà ora è inserita nell’Arca del Gusto di Slow Food, quale presidio di biodiversità alimentare  – ha aggiunto Raffaella Melotti, presidente della Condotta Slow Food Valli Reno Lavino Samoggia – tanti i laboratori tenuti anche di recente con bambini e adulti per educarli ad apprezzare queste eccellenze del nostro territorio”.  (L. Frass.)

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