IL FUTURO SARÀ SEMPRE PIÙ A “RESIDUO ZERO”

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Post Covid-9, si riparte dalla sostenibilità. È stato questo il fil rouge del webinar dal titolo ‘I consumi e le nuove tendenze: il campo riparte da …0’ organizzato dall’ente certificatore Check Fruit che ha messo a punto linee guida, finalizzate alla certificazione ‘residuo zero’, per tutti i produttori che siano in grado di dimostrare di potere ottenere ortofrutta con livelli di residui di prodotti chimici ammessi per legge, al di sotto dei limiti di determinazione analitica.

In questo senso, l’Op San Giorgio, partecipante al webinar con il suo responsabile tecnico, Silvio Paraggio, ha presentato la nuova fragola a residuo zero dal marchio ‘La Fragolavera’, appena lanciata (con packaging interamente compostabile) proprio a seguito dell’ottenimento della relativa certificazione su 30 ettari sotto serra.

“Abbiamo iniziato la sperimentazione a residuo zero – ha spiegato Paraggio – quattro anni fa su 10 ettari. Dopo un anno, eravamo già arrivati a 30 e oggi ne produciamo 50 ettari di cui 30 certificati ‘residuo zero’. Complessivamente abbiamo 70 ettari di fragole per una produzione di circa 2.500 tonnellate l’anno. L’80% è destinato alla Gdo nazionale mentre il 20% va all’estero soprattutto nei mercati svizzero, tedesco e svedese”.

Sempre di quest’anno sono i lanci della patata Évita (a residuo zero) dei F.lli Romagnoli (con packaging di carta e biopolimero estruso realizzato per il brand da Sorma Group) e del pomodoro da mensa a residuo zero della ditta pugliese F.lli La Pietra che ha appena ottenuto sia la certificazione ‘residuo zero che quella IFS.

‘Salutismo’ e ‘rassicurazione’ sono due must che intercettano la domanda del consumatore post pandemia. Lo rivela una ricerca condotta da SGMarketing e presentata durante il webinar, dal suo direttore Salvo Garipoli. “Si tratta di due degli elementi chiave – ha detto – che il consumatore richiede per i prodotti che acquista. Lo si evince, da un lato, dall’incremento del 7,8% della penetrazione del Bio nel mercato e dalla crescita dell’8,8% della spesa media per prodotti Bio. Dall’altro, dall’incremento di acquisto di prodotto made in Italy e a Km 0 che, nell’indagine condotta tra il 13 e il 16 maggio su un campione di mille consumatori, sono cresciuto entrambi del 22%. La seconda parte dell’indagine, a chiusura di un quadro, sarà condotta il prossimo ottobre”.

Un altro elemento importante, emerso nella ricerca di SGMarketing, è l’esplosione dell’ecommerce che è diventato un canale distributivo che si integra agli altri già consolidati, con un giro d’affari di quasi 2,5 miliardi di euro, un incremento degli acquisti del 55% e una penetrazione nel mercato dell’1,6%”.

Il carrello della spesa ortofrutticola post-pandemica viene riempito in prima battuta nei supermercati. Ma la vera sorpresa è la riscoperta del tradizionale fruttivendolo, per anni in declino, che ha rappresentato, per i consumatori del lock-down, il negozio di prossimità, capace di rassicurarli sia per i ridotti tempi di acquisto sia sul fronte del rispetto delle nuove regole di distanziamento sociale.

Il negozio di prossimità, nel ranking dei luoghi di acquisto più rassicuranti, precede di parecchio i discount che si collocano al sesto posto (14%) dopo supermercati (52%), fruttivendoli (47%), vendita diretta (40%), ipermercati (26%) e mercati rionali (26%).

Non a caso, secondo la ricerca, il 44% del campione ha cambiato luogo di acquisto durante la pandemia. Dopo i discount segue, all’ultimo posto, l’e-commerce che è considerato un modo rassicurante di acquistare ortofrutta per il 5% dei consumatori.

Si tratta di una chiave strategica, quella del rapporto di fiducia, nelle strategie di riposizionamento dei retailer post-covid, che si pone accanto alla leva del prezzo dove i discount dettano legge.

Il fruttivendolo d’altro canto, se riesce a corrispondere oggettivamente alle richieste di rassicurazione del consumatore perché magari vende prodotto italiano, locale, con filiera controllata, a residuo zero, magari anche Dop o Igp, poco influisce per i suoi consigli di esperto che, secondo il campione, rappresentano un fattore di rassicurazione solo per il 6%.

Guardando all’orizzonte del reparto ortofrutta, dalla ricerca emerge l’orientamento degli store a creare assortimenti post-covid-19, con più prodotti a ridotto impatto ambientale (47%), a residuo zero (59%), provenienti da filiere etiche (53%) e con sistemi di confezionamento volti ad estendere la shelf-life (47%).

Mariangela Latella

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