IL DIGITALE DA ELEMENTO FACILITATORE A FATTORE NECESSARIO: UNA CONVERSIONE SEMPRE PIÙ RAPIDA

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E’ senz’altro l’effetto più evidente della pandemia e del conseguente lockdown a cui siamo stati costretti: abbiamo assistito ad una rapidissima conversione in chiave digitale di attività e servizi a cui prima si accedeva fisicamente. Sport, lavoro, didattica, intrattenimento e shopping, tutto disponibile a portata di clic. Se il digitale stava già entrando prepotentemente nelle nostre vite, da elemento facilitatore si è trasformato, nel giro di poche settimane, in fattore necessario. Aziende e attività hanno dovuto fare di necessità virtù, accelerando quel percorso di darwinismo digitale già predetto da Brian Solis: in un mondo, soprattutto quello digitale, che si muove veloce e nel quale il cambiamento è l’unica costante, non tutti sopravvivono, ma solo chi è in grado di adattarsi.
E fortunatamente il settore agroalimentare ha mostrato di saper cogliere questa grande opportunità che ha spinto ad utilizzare i servizi online anche coloro che fino ad oggi erano restii a farlo (secondo l’indagine GfK il 58% di chi ha fatto la spesa online nel periodo del lockdown non aveva mai provato questo servizio), creando un vero boom del canale e-commerce. Ed è interessante notare come la crescita dell’e-commerce abbia coinvolto in maniera rilevante il settore Food&Grocery: secondo l’Osservatorio eCommerce B2c infatti, nel 2020 gli acquisti online dei consumatori italiani nel comparto Food&Grocery avranno una crescita del +55% rispetto al 2019. La componente più rilevante (pari all’87% del comparto) è rappresentata dall’alimentare, in larga parte composto dal segmento dal Grocery ( +85% rispetto al 2019), a cui seguono il Food Delivery (+19%) e l’Enogastronomia (+63%). Se gli operatori della GDO hanno registrato performance da record (+305% nella settimana tra il 20 e il 26 aprile, stabilizzandosi sul + 150% nei giorni successivi – dati Nielsen, Osservatorio Multicanalità), anche i negozi al dettaglio di generi alimentari hanno cercato di evolvere in ottica di servizio, abbracciando l’home delivery attraverso e-commerce o altri servizi meno evoluti, ma ugualmente interessanti, come, ad esempio, la presa dell’ordine via whatsapp.
Abbiamo assistito alla nascita di nuovi fenomeni, quali quello delle box pronte e consegnate a domicilio a prezzi fissi garantiti: inaugurate da Carrefour con “gli Essenziali” e replicate da altri retailer e aziende; alla nascita di nuove applicazioni e strumenti B2B, come, per esempio, quello messo in campo da Pam Panorama con lo sviluppo di una sezione del sito dedicata a tutti i produttori interessati a proporre i propri prodotti direttamente ai buyer Pam. Degna di menzione anche la case history bergamasca di @Vadoalmercato, una piattaforma ecommerce che si propone di mettere in contatto i consumatori con i prodotti di ambulanti e piccoli produttori locali.
Sul fronte del supporto alle piccole imprese e della valorizzazione dell’artigianato, interessante il caso di Amazon USA che lancia il servizio di e-commerce HANDMADE dedicato alle piccole imprese artigiane e quello di Facebook che ha annunciato la nascita di Facebook Shop, una vetrina con shop online per i prodotti handmade.
Altro effetto del lockdown è stato il proliferare dei webinar e delle riunioni tramite piattaforme online, convegni e persino fiere; pioniere di questa esperienza sarà il Macfrut, che sperimenterà la versione digitale, dall’8 al 10 settembre 2020, diventando la prima fiera virtuale della filiera, consentendo di avere uno stand online, organizzare meeting e seguire i convegni.
Ma se durante la pandemia il digitale ha reso evidente la sua utilità, facendo rilevare un incremento di utilizzo anche nella fascia di età più adulta (baby boomers) che vede un aumento di user del +25% (dati GfK), quale sarà la propensione verso questi servizi, una volta che i consumatori potranno tornare alla vita di prima? Riuscirà il digitale a mantenere il suo livello di servizio e restare una modalità di fruizione amata dal consumatore?
Probabilmente sì, almeno in parte: dall’indagine GfK risulta che l’83% di coloro che hanno testato il servizio di spesa online per la prima volta, dichiara che continuerà a farla anche nel post-Covid; stessa cosa per l’80% delle persone che hanno “testato” lo smart working.
L’essenziale è ricordare che il digitale deve essere un mezzo, e non un fine, e, come tutte le innovazioni, deve portare un effettivo valore al consumatore. Pertanto, le tre regole d’oro per chi vuole approcciare questo strumento sono quelle che valgono in generale per tutti i servizi:
il digitale deve essere un facilitatore, immediato e semplice da usare.

Deve generare vantaggi o ridurre difficoltà al cliente (velocizzare un servizio, non dover uscire di casa, avere offerte dedicate, predisporre liste, memorizzare le preferenze, ecc.); deve essere vissuto in un’ottica omnicanale: la customer journey del consumatore è complessa e articolata e brand e aziende devono essere in grado di raggiungere il proprio target in momenti differenti ma tra essi correlati, per guidare il consumatore dal negozio fisico a quello digitale, dall’esperienza social all’home delivery.
Se il digitale saprà realizzare tutto questo, e certamente lo farà, allora questa rivoluzione non potrà che crescere e traghettarci in un mondo più digital e più smart.

Sofia Pizzo

Consultant SGMARKETING

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