GUERRA DEI PREZZI NELLA GDO. DOVREMO RICORRERE ALLA LEGGE? MA INTERVENIRE SUI PREZZI È MOLTO COMPLICATO

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Nelle ultime settimane si sono succeduti sul “Corriere Ortofrutticolo” titoli che annunciavano l’impegno di molte catene della grande distribuzione a contenere il livello dei prezzi.

Ha cominciato ESSELUNGA con “ Il carovita sale ? Noi abbassiamo i prezzi”, poi sono seguite CONAD, COOP, CORREFOUR, CRAI, diventando la politica comune a tutte le catene, malgrado da ogni parte si lamenti il forte aumento dei prezzi delle materie prime, dell’energia e della logistica.

In un titolo del 27 gennaio 2022, Francesco Pugliese , numero uno di CONAD, affermava: “I nostri clienti sono la priorità. Difendiamo i fornitori. Niente Furberie”. Lo stesso Pugliese su “La Stampa” del 3 febbraio, cinque giorni dopo, affermava: “ Sconti e promozioni non bastano più la situazione ormai è incandescente”, paventando nell’intervista la contrazione del potere d’acquisto e la caduta dei consumi alimentari. Un altro titolo del “Corriere Ortofrutticolo” del 1 febbraio, “Consumi all’osso e boom dei costi: gennaio con il batticuore per i grossisti”, è forse il segnale che le paure di Pugliese si stanno avverando.

Da Esselunga a Conad al caso Farris
Capisco che Pugliese voglia difendere i propri clienti, ovviamente per mantenere i target di vendita, ma temo che più che difendere, l’iniziativa di ESSELUNGA, lanciata già a novembre, abbia fatto scoppiare una pericolosa guerra dei prezzi tra le diverse catene. Anche ESSELUNGA, nella intervista al direttore generale, Gabriele Villa, apparsa su “Il Corriere Ortofrutticolo” del 16 novembre affermava “ Il taglio dei prezzi non graverà sui produttori”, ma mi domando come sia possibile non alzare i prezzi sugli scaffali quando aumentano nei mercati all’ingrosso dei prodotti freschi e le industrie di trasformazione, tutte, stanno subendo forti aumenti dei costi a causa dell’incremento del prezzo dell’energia, dei semilavorati, del packaging e della logistica. Se poi consideriamo che, soprattutto nelle grandi catene è aumentata notevolmente negli scaffali la quota dei prodotti a marchio del distributore (MDD) – da notare che negli spot di CONAD non appare nemmeno un’etichetta di prodotto a marchio industriale – si potrebbe quasi dire che l’aumento dei costi di trasformazione incide direttamente sulla grande distribuzione, a meno che non ne paghi lo scotto il grande numero di imprese partner (1.500 imprese MDD partner di cui l’85% piccole e medie, The European House-Ambrosetti, 2021). Forse non sarà più possibile contenere l’aumento dei prezzi negli scaffali; Pugliese denuncia che finora gli incrementi, in media, della GDO sono stati pari all’1,8%, ma ora la pasta ha fatto un balzo del 16%, il pollo del 12%, le zucchine del 20% e, per ultimo, il costo dell’energia nei punti vendita e per le famiglie crescerà dell’85%. Un esempio clamoroso della gravità della situazione è il caso dell’industria di trasformazione di ortaggi disidratati del presidente di Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Giorgio Mercuri, che chiuderà per sei mesi perché l’incidenza del costo dell’energia porta fuori mercato il prezzo del prodotto finito, sbarrando la porta a 1500 ettari di coltivazioni orticole che trovavano il proprio sbocco in quell’industria.

Ci si può difendere dall’aumento dei costi ?
Siamo arrivati al punto che alcune industria alimentari sono ricorse all’art. 1467 cod.civ. che regola l’esecuzione dei contratti a esecuzione continuata o differita quando per una delle parti la prestazione è diventata eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, ottenendo o l’annullamento del contratto o, meglio, la revisione delle condizioni originarie. Anche il D.Lgs. n. 198/2021 che dà attuazione alla legge delega n. 53/2021 in materia di commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari potrebbe essere utile per fornire una protezione nel caso di contrattazioni particolarmente onerose per la parte venditrice. L’art. 5 fa rientrare al comma 1, punto b), nelle pratiche sleali “l’imposizione di condizioni contrattuali eccessivamente gravose, ivi compresa quella di vendere prodotti agricoli e alimentari a prezzi al di sotto dei costi di produzione”, prevedendo al comma 6 dell’art. 10 per la parte, che contravviene a quest’obbligo, una sanzione pari al 3% del fatturato dell’ultimo esercizio. In un precedente mio articolo sul “Corriere Ortofrutticolo” (6/12/2021) nel quale commentavo il testo del D.lgs n. 198/2021 appena uscito, scrivevo che il ricorso al costo di produzione, come parametro per dimostrare l’eccessiva onerosità delle condizioni contrattuali, avrebbe alimentato un pesante contenzioso perché lasciava alla Autorità di contrasto (ICQRF) la valutazione sia del livello del costo di produzione che della onerosità delle condizioni contrattuali. Se siamo arrivati al punto che alcune industrie di trasformazione ricorrono all’art. 1467 cod. civ. per ottenere la revisione o la rottura del contratto se la prestazione è diventata eccessivamente onerosa, credo che sia diventato possibile ricorrere anche all’art. 5 del D.Lgs. n. 198/2021 sulle pratiche commerciali sleali nella filiera agroalimentare. Anche l’art. 7 dello stesso D.Lgs., che disciplina le vendite sottocosto di prodotti agricoli e alimentari può aiutare il fornitore a non essere stritolato da offerte promozionali, che possono rientrare nelle politiche di contenimento dei prezzi della GDO.

E’ triste dover ricorrere alla legge…
E’ triste dover ricorrere alla legge per cercare di regolare la formazione dei prezzi in una economia di mercato, forse aveva ragione Marco Pedroni, presidente di COOP e dell’Associazione Distribuzione Moderna (ADM), che, concludendo la presentazione del Rapporto COOP 2021 e paventando il previsto aumento dei prezzi al consumo, si rivolgeva a tutta la filiera e al Governo perché venisse siglato una accordo che permettesse di contenere l’aumento entro il 5%, che stimava sostenibile per i consumatori.
In ultimo, se “Atene piange, Sparta non ride”, infatti anche in Francia dove la riforma della legge EGALIM (Legge per l’equilibrio delle relazioni commerciali nel settore agricolo e alimentare” del 2018, sulla quale più volte mi sono soffermato) in EGALIM 2, approvata a ottobre del 2021 per rendere più efficaci le disposizioni contenute a difesa della parte più debole, quella agricola, fino a stabilire che nelle transazioni deve essere fatto riferimento al costo di produzione, definito con opportuni indici dalle Organizzazioni interprofessionali, e che il costo delle materie prime di natura agricola deve essere sottratto alla negoziazione nel caso di contratti tra industrie alimentari e grande distribuzione, tutto è fermo. Alcune Organizzazioni interprofessionali non hanno calcolato per i relativi prodotti gli indici del costo di produzione a cui fare riferimento e, soprattutto, le Organizzazioni che rappresentano la grande distribuzione non hanno ancora trovato un accordo sui criteri per definire l’incidenza del costo delle materie prime di natura agricola nei contratti d’acquisto che, in base alla legge, dovrebbe essere sottratta alla negoziazione.
Come ho scritto altre volte, è molto molto difficile intervenire con leggi per regolare la formazione del prezzo in una libera economia di mercato.

Corrado Giacomini

economista agrario

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