A GIUGNO PARTE IL DISTRETTO DELL’UVA: “PIÙ COMPETITIVI SUI MERCATI”

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Sarà operativo da giugno il distretto dell’Uva da tavola lanciato dalla Commissione Italiana dell’Uva da Tavola. La richiesta alla Regione Puglia è stata inoltrata lo scorso febbraio, come è noto, e il riconoscimento è atteso dagli operatori nelle prossime settimane.
“Considerati tutti gli strumenti finanziari a disposizione della produzione agricola – ha spiegato Massimiliano Del Core (nella foto), presidente della Commissione Uva da Tavola nel corso del webinar incentrata sugli Stati Generali dell’uva da tavola -, potremmo contare su una spinta economica iniziale di circa 11,5 milioni di euro provenienti da vari programmi di sovvenzionamento pubblico quali, ad esempio, bandi ministeriali e regionali, programmi europei a gestione diretta, fondi SIE, credito di imposta R&S&I, le azioni di promozione dell’ICE all’estero, contratti di filiera e di distretto, programma per i distretti del cibo e il PSR”.
“I requisiti del distretto costituendo – precisa Donato Fanelli, responsabile comunicazione CuT – peraltro si allineano perfettamente con le richieste del Recovery Plan sui progetti da finanziare. Lavoreremo anche su quello”.
I costitutori del distretto sono, per il momento 80 operatori pugliesi che rappresentano il 20% della produzione lorda vendibile della Regione ma già sono in itinere altre 80 richieste che amplieranno la base produttiva sin dai prossimi mesi.
“Dopo la costituzione del distretto pugliese – chiarisce Del Core – inizieremo ad allargare il perimetro di questa operazione aggregativa che poteva essere fatta solo dalla CuT, che è necessaria per la sopravvivenza del comparto sul mercato globale, punteremo a coinvolgere anche i colleghi siciliani e lucani. La vicinanza geografica dei totali 45mila ettari di produzione italiana, crea di fatto una concentrazione, un distretto produttivo naturale. Noi non facciamo altro che prenderne atto e agire”.
Intanto l’uva da tavola italiana sui mercati esteri e persino su quello domestico, va in affanno di fronte di competitor sempre più agguerriti quali la Spagna, che ha superfici immense coltivate ad uva da tavola, la Grecia, che in pochi anni ha raggiunto livelli qualitativi buoni ma paga lo scotto di non avere un marchio identificativo sul mercato e, non da ultimo, i Paesi Balcanici che stanno per entrare in produzione con gli impianti hi-tech che hanno realizzato negli ultimi anni, e daranno parecchio filo da torcere.
“Il vantaggio del made in Italy – ha spiegato Annabella Donnarumma, esperta di Gdo italiana e internazionale, già amministratore delegato di Eurogroup – è che si tratta di un brand riconosciuto dal mercato a cui si associa la qualità, la salubrità e molti altri plus che lo differenziano. Purtroppo perdiamo terreno sui prezzi che sono dettati da chi, come la Spagna, beneficia di grandi aggregazioni e costi minori di produzione. Bisogna agire in fretta per non perdere le posizioni guadagnate anche perché i competitor internazionali corrono e non ci aspettano”.
Per fare un piccolo confronto sulla capacità della Spagna di penetrare il mercato internazionale, basta vedere, su una mappa, dove sono presenti con l’uva, i due Paesi.
Mentre l’Italia, grazie agli accordi bilaterali che, nel nostro Paese vanno a rilento per continui intoppi burocratici che nascondono, di fatto, un protezionismo da parte delle nazioni con cui negoziamo, esporta uva da tavola in 14 mercati extra UE (Canada, USA, Colombia, Brasile, Paesi del Nord Africa, Emirati, India, Indonesia, Singapore e Hong Kong) oltre ai Paesi europei quali Germania e Svizzera. La Spagna, oltre a farla da padrona in Europa, arriva anche in Cina, Vietnam, Sudafrica (dove il nostro negoziato è bloccato da anni), Mauritania, Thailandia e Corea del Sud.
“Nell’ultima riunione del gruppo di contatto uva – ha spiegato Del Core – la Spagna ha manifestato la propria disponibilità a partecipare alle trattative italiane per l’apertura del mercato thailandese. Non dimentichiamoci inoltre che questo colosso, che difficilmente potremo raggiungere sul mercato, è protagonista di un programma che si chiama ‘CuTe – cultivating taste of Europe’ dedicato allo sviluppo commerciale e alle promozioni in vari Paesi UE, che, nel primo step (il biennio 2019-2021) ha a disposizione 4,8 milioni di euro. Nel secondo step (2021-2023), 5,13 milioni di euro e nel terzo ed ultimo step (per il solo 2021), 923mila euro per creare valore sul comparto e dimostrare che si tratta di una produzione strategica”.
Tra i punti deboli del comparto su cui il distretto costituendo dell’uva da tavola vuole spingere, c’è quello della logistica. Si sta lavorando affinché il settore uva rappresenti l’ultimo carico delle navi transoceaniche,  mentre oggi, per fare un’esempio, l’uva è il primo prodotto ortofrutticolo caricato a Gioia Tauro e il transit time si allunga con le tappe di carico intermedie a Genova e Livorno. “Per questo – precisa Del Core – sui tavoli negoziali stiamo discutendo anche sulla logica con cui si organizzano le rotte, che deve essere una logica di spinta alla filiera e non solo meramente economica. Mi sembra un percorso dovuto vista l’importanza del settore che in Italia è secondo solo a quello delle mele. È importante che partecipino al progetto di distretto non solo i produttori ma tutti i player del settore, dalla ricerca, ai breeder, agli istituti di credito, agli enti di consulenza e certificatori fino ai packer posto che, con il Covid, è cresciuta la domanda di prodotto confezionato”.
Mariangela Latella

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