Decima e ultima puntata online dell’inchiesta sul futuro dell’ortofrutta italiana realizzata dalla nostra redazione interpellando imprenditori e manager che dal 2012 al 2020 sono stati insigniti del riconoscimento di Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana. Registreremo a conclusione il parere del presidente di Fruitimprese, Marco Salvi, Protagonista dell’Ortofrutta Italiana nel 2012.
Abbiamo raccolto la loro opinione sui freni che si frappongono allo sviluppo del settore, sulle opportunità da cogliere e sulle prospettive da qui a 5 anni. Le precedenti puntate sono andate online il 15, il 16, il 19, il 20, il 21, il 22, il 26, il 29 e il 30 aprile. L’inchiesta completa – 65 interventi, l’analisi delle loro risposte, una conclusione ragionata – è pubblicata sull’Annuario 2021 di Protagonisti dell’Ortofrutta Italiana, in distribuzione. (a.f.)
Salvatore Bua / direttore commerciale La Deliziosa
I freni allo sviluppo. Ad oggi, i principali freni per uno sviluppo sinergico del settore sono la scarsa attenzione e addirittura a volte la diffidenza da parte delle istituzioni, una trascurata e poco efficiente connessione logistica nel Meridione d’Italia, ed infine le difficoltà che incontra l’aggregazione nel Sud.
Le opportunità da cogliere. L’opportunità su cui il nostro settore deve far leva è il potenziamento dei prodotti di nicchia, certificati, legati ai territori più vocati. Bisogna attingere nuovamente ai valori che hanno reso grande il nostro settore, con lo sguardo rivolto al futuro.
Prospettive da qui a 5 anni. Il settore deve ancora esprimere il meglio delle sue potenzialità. Nei prossimi anni dovrà puntare a rivendicare la sua centralità, cavalcando l’onda della sostenibilità e dell’innovazione. Bisognerà implementare la narrazione delle eccellenze, delle unicità del territorio, così da potersi distinguere a livello internazionale.
Franco Mattozzi / già presidente Funghidea
I freni allo sviluppo. Il freno che finora si è frapposto allo sviluppo del settore ortofrutticolo è stato l’eccessiva frammentazione, ma credo che qualcosa sia stia muovendo verso l’aggregazione, grazie allo sviluppo delle OP, e verso la crescita di dimensione delle aziende. La strada è giusta, ma è necessario agire con maggiore determinazione.
Le opportunità da cogliere. Rispondere alla domanda dei consumatori, sempre più attenti alla qualità e all’origine nazionale.
Prospettive da qui a 5 anni. Ritengo che nei prossimi 5 anni assisteremo a un rilancio dell’ortofrutta, a condizione che si inizi davvero ad attuare una serie di riforme atte a migliorare un settore per il quale siamo fortemente vocati.
Ibrahim Saadeh / consigliere delegato OP Terremerse
I freni allo sviluppo. Il settore della frutticoltura attraversa forti difficoltà per una serie di fattori sia ambientali che di mercato che si sono acuiti nelle ultime stagioni. Gravano sul settore insufficiente aggregazione e programmazione produttiva, barriere fitosanitarie e commerciali, eccesso di burocrazia, elevati costi di produzione rispetto ai nostri competitor. Oltre a tutto questo, si sono aggiunte problematiche di tipo agronomico e fitosanitario. Sbalzi termici e una primavera estremamente piovosa hanno spinto la proliferazione di malattie fungine come la maculatura bruna del pero e la diffusione della cimice asiatica. I danni alle filiere frutticole sono incalcolabili perché avranno evidenti ricadute sull’indotto. Se non verranno presto emanati provvedimenti urgenti, rischiamo di minare l’intero settore. I segnali sono drammatici. Aumenta il numero degli estirpi, un trend negativo che si protrae da oltre un decennio. A fronte di un così grave contesto è prioritario che tutto il comparto, le istituzioni e i soggetti economici con interessi nel settore, sentano forte la responsabilità di attuare le azioni indispensabili per il rilancio. Come si è verificato nel comparto del vino, il punto di massima difficoltà potrà coincidere con l’inizio della risalita. Tuttavia questo avverrà solo se saremo in grado di rimettere in discussione i passaggi dell’attuale filiera, dalla produzione al consumo.
Le opportunità da cogliere. Il lockdown scaturito dall’emergenza sanitaria Covid-19 ha cambiato le abitudini di consumo degli italiani rafforzando in loro la sensibilità verso i temi della salute, della sicurezza, dell’origine e della sostenibilità dei prodotti alimentari acquistati. Abbiamo di fronte un quadro di crisi nuovo ed inaspettato, non solo dal punto di vista economico, ma anche, e soprattutto, da un punto di vista sociale, culturale e di interazione fra le persone, che rischia di mettere in discussione modelli e condizioni di vita che hanno caratterizzato la nostra epoca. Se ancora non sappiamo quali saranno gli effetti dell’emergenza sanitaria in corso, il settore primario si conferma come uno dei più resilienti ed essenziali per le nostre economie. Le nostre imprese rappresentano un pilastro importante dell’agricoltura e dell’economia Italiana. Per aumentare la nostra competitività e fare un salto di qualità ci serve però un nuovo approccio di sistema, che faccia forza sul valore del made in Italy insieme a un maggior spirito di aggregazione che metta a valore le nostre eccellenze.
Le prospettive da qui a 5 anni. Oggi più che mai la sostenibilità e l’attenzione per la salvaguardia del pianeta sono in cima alle preoccupazioni dei consumatori. La sostenibilità non può essere solo ambientale, ma deve essere sempre più anche economica e sociale. Le aziende devono lavorare nel rispetto dell’ambiente ma anche fare reddito e continuare a creare occupazione. Allo stato delle cose c’è però il rischio concreto di non riuscire a conseguire né l’obiettivo di sostenibilità ambientale né quello di incremento produttivo se non si interviene con adeguate risorse per garantire il reddito delle aziende frutticole e accompagnarne la transizione. Al contrario, è concreta la possibilità che riducendo ulteriormente le molecole a disposizione, senza che vengano individuati validi strumenti alternativi, venga drasticamente ridimensionata la coltivazione di determinate varietà di frutta. La nuova PAC entrerà a regime solo a partire dal 2023 con risorse inferiori rispetto alla precedente programmazione che rischiano di arrivare troppo tardi e di non essere sufficienti per rispondere alle esigenze immediate delle aziende, che, come tutte le altre, hanno pagato anche gli effetti delle misure restrittive connesse con la pandemia Covid-19. Serve quindi un progetto strategico di sostegno e di rilancio per il settore frutticolo, da rendere operativo già dal 2021 e con una prospettiva almeno triennale, finalizzato a ridurre, laddove possibile, i costi di produzione e a sostenere gli investimenti necessari per l’adattamento ai cambiamenti climatici, la ricerca di nuove tecniche di difesa chimica e biologica, l’attivazione di strumenti per la gestione del rischio, l’incremento della sostenibilità lungo tutta la filiera, la riconversione varietale in funzione delle preferenze di gusto e della nuova domanda espressa dai consumatori.
Salvatore Scarcella / presidente OP CAI
I freni allo sviluppo. I problemi che principalmente frenano lo sviluppo del settore ortofrutticolo sono da imputare alla presenza sul mercato italiano di tanta, troppa merce straniera che, a causa di prezzi più competitivi rispetto al prodotto made in Italy, causa la perdita di introiti alle aziende del territorio. Il prodotto straniero ha generato confusione nel consumatore, presentandosi a prezzi più bassi e non di rado contribuendo ad abbassare la qualità media dell’offerta di ortofrutta. La difesa e la valorizzazione del prodotto nazionale non possono prescindere da un’azione mirata sul consumatore. La sfida sta nell’essere maggiormente competitivi non a livello di prezzo, ma di brand. Crediamo fortemente che il vantaggio competitivo a lungo termine sia caratterizzato da un’offerta che si distingua non per quantità di merce prodotta ma per la sua unicità.
Le opportunità da cogliere. Maggiore informazione e comunicazione al consumatore finale per una migliore consapevolezza di quelli che sono i benefici del prodotto made in Italy rispetto a quello straniero. Si tratta di incrementare la digitalizzazione, un processo che fino ad oggi ha coinvolto il settore solo marginalmente. Internet e i social media sono i canali più vicini al consumatore e vanno sfruttati per trasmettere non solo i valori dell’ortofrutta dei nostri territori ma anche il lavoro che si nasconde dietro ad un prodotto comprato al supermercato. Inoltre, per i prossimi anni, la parola chiave è sostenibilità, declinata in termini economici, sociali ed ambientali. Comportarsi in maniera eticamente corretta nei confronti di tutti gli stakeholder è di vitale importanza per la sopravvivenza e lo sviluppo innovativo delle imprese ortofrutticole. Mirare alla massima riduzione degli sprechi, alla corretta etica nei confronti di tutte le risorse umane che coinvolge un’attività produttiva, migliorare la marginalità e il valore delle produzioni sono le priorità che gli imprenditori del settore devono tenere presenti; rappresentano i driver per una giusta e innovativa gestione delle organizzazioni.
Le prospettive da qui a 5 anni. Crediamo che le aziende del settore debbano dotarsi di strategie a medio-lungo termine rivolte alla sostenibilità nei termini sopra citati. Vantiamo una produzione biologica attenta a un risultato finale di eccellenza ed unicità in termini di caratteristiche organolettiche. Abbiamo un mercato interno dove si prospetta un incremento dell’offerta a fronte di una domanda sempre più imprevedibile; all’estero, al contrario, la domanda di prodotto italiano supera l’offerta, e questo anche perché non tutte le imprese italiane sono in grado di generare grandi quantità di esportazione. Dunque le prospettive sono legate alla capacità di gestire queste situazioni e di stare al passo con la concorrenza incidendo sui costi di produzione e affrontando l’innovazione digitale e tecnologica.
Salvatore Secondulfo / top manager Secondulfo
I freni allo sviluppo. La competitività delle imprese e delle OP, oltre a dipendere dalle caratteristiche strutturali della Filiera, è influenzata anche da alcuni elementi propri del sistema del nostro Paese e da altri fattori specifici del comparto agricolo: si pensi ai costi della manodopera, del trasporto e di tutte le attività collegate. Un altro aspetto sono i controlli burocratici e amministrativi a cui sono sottoposti gli agricoltori e le OP, nella frammentazione delle normative che determinano disparità di trattamenti oltre alle politiche di sviluppo del settore.
Le opportunità da cogliere. Sicuramente sono tante le opportunità che il settore potrebbe cogliere, a cominciare dall’utilizzo appropriato, vantaggioso per la ripartenza in generale dell’economia ma anche in particolare per lo sviluppo del nostro settore, dei fondi messi a disposizione dal Recovery Fund. Poi c’è il grande tema della sostenibilità da sviluppare, e da valorizzare per quanto già si sta facendo in proposito in tante aziende virtuose del nostro settore. E’ un messaggio, quello della sostenibilità, che dobbiamo trasmettere ai giovani – per i quali l’ortofrutta rappresenta uno sbocco lavorativo da prendere in considerazione – e un’eredità da lasciare alle nuove generazioni.
Le prospettive da qui a 5 anni. L’agricoltura diventerà più importante nei prossimi decenni e rimane, anche nei mesi di pandemia, essenziale per la sussistenza. Infatti, il 2021 è l’Anno Internazionale della Frutta e Verdura e noi come azienda coglieremo questa opportunità per promuovere e lavorare i nostri prodotti nel rispetto della sostenibilità, selezionandoli nel modo più naturale possibile come la Natura stessa ci insegna da sempre.
Francesco Tardera / presidente OP Ioppì
I freni allo sviluppo. Nelle dimensioni in cui operano molte aziende è particolarmente avvertito il problema della commercializzazione della nostra ortofrutta, che non è solo economico ma culturale e sociale. I nostri produttori investono molto tempo nella coltivazione per avere un prodotto finito, maturo e vendibile, ma quando arriva il momento della vendita, per ridurre i tempi di quest’ultima fase, nell’urgenza imposta dalla gestione di un prodotto deperibile a breve, non di rado cedono il prodotto a intermediari che alla fine gestiscono in primis i rapporti con le piattaforme della distribuzione. E’ un vecchio problema, che comporta perdita di valore e qui nel Sud permane in modo forte. La commercializzazione dei nostri prodotti stenta a decollare perché mancano figure professionali, anche di medio livello, che potrebbero occuparsi di marketing e vendita. Non dobbiamo nascondere questa realtà.
Le opportunità da cogliere. L’opportunità principale riguarda lo sviluppo delle Organizzazioni di Produttori, le OP, attraverso le quali passa l’aggregazione della produzione. Tale sviluppo ci permetterà di essere presenti direttamente sul mercato con un ampio ventaglio di tipologie di prodotto. Dobbiamo difendere il valore dell’origine dei nostri prodotti promuovendone la tracciabilità e stabilendo con la distribuzione che questi sono i prodotti da privilegiare rispetto a quelli di incerta provenienza.
Le prospettive da qui a 5 anni. Le prospettive, nonostante tutto, sono incoraggianti. Negli ultimi anni si è assistito ad un cambiamento della percezione dei prodotti da parte di chi li acquista. Il consumatore mostra maggiore attenzione nei confronti del cibo acquistato e ricerca la qualità. Per tale motivo è necessario spingere sul made in Italy, facendolo certamente meglio conoscere anche a livello internazionale.