FRAGOLE, LE PREVISIONI PRODUTTIVE PER IL 2016: CRESCE IL SUD

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Dopo una campagna 2015 abbastanza soddisfacente, nonostante l’elevata importazione dalla Spagna, l’anticipo produttivo nelle aree del Nord e il rallentamento delle vendite da fine aprile, per quest’anno ci dovrebbero essere buone aspettative, almeno dal punto di vista produttivo per il comparto delle fragole.

Secondo i dati (raccolti dall’organismo interprofessionale Ortofrutta Italia) diffusi questa mattina in occasione della riunione del gruppo di contatto tra Italia, Spagna e Francia a Scanzano Jonico, l’andamento delle coltivazioni parla di 210 milioni di piante coltivate su 3.521 ettari, il 4% in più rispetto all’anno precedente. Nel Mezzogiorno le superfici dedicate alle fragole sono aumentate del 7%, mentre al Nord la produzione è in calo.

Nelle regioni produttive del settentrione non si superano i 910 ettari (350 in Veneto, 100 in Piemonte, 214 in Trentino Alto Adige e 246 in Emilia Romagna), mentre al Sud si raggiungono i 2.155 ettari (854 in Basilicata, 815 in Campania e 315 in Sicilia). In evidenza tra queste in particolare la Basilicata, diventata nel 2015 prima regione produttiva italiana, con un aumento di 150 ettari di aree coltivate, con la continua ascesa della cultivar Sabrosa (diffusa in particolare grazie al marchio commerciale registrato Candonga di proprietà del gruppo spagnolo Planasa e della filiale italiana Planitalia) che rappresenta l’80% della produzione, seguita da Sabrina con l’8% (il restante 12% se lo dividono altre varietà). Quest’ultima cultivar tuttavia domina ancora in Campania: vale il 60% delle coltivazioni (Sabrosa l’11%, Amiga il 9%, Fortuna il 5%, Camarosa il 5%).

Al Nord la situazione produttiva è più variegata: in Veneto le prime due cultivar sono Eva (38%) e Garda (25%), seguite da Antea (13%) e Roxana (7%). Quest’ultima è invece la prima ad essere impiegata in Emilia Romagna (26%), seguita da Alba (21%), Tecla (16%), Brilla (14%), Jolly (13%) e Asia(8%).

Secondo i dati Ismea, infine, emerge che nel 2015 nel comparto fragole il saldo tra import ed export è stato negativo sia a volume che a valore: lo scorso anno sono state esportate 13.500 tonnellate di fragole, mentre l’import ha raggiunto le 32.300 tons con un saldo negativo di 18.800 tons. A valore l’andamento non cambia: l’export ha toccato i 32,7 milioni di euro, mentre l’import è arrivato a 68,6 milioni con un divario di 35,9 milioni. Il prezzo medio in importazione è stato di 2,2 euro al chilo, mentre in esportazione di 2,42 euro al chilo.

L’obiettivo del comparto, secondo la relazione di Federico Nicodemo di Frutthera (Assofruit), “è evitare i casi di “naturalizzazione” comunitaria, armonizzare i procedimenti di controllo e garantire il rispetto della dichiarazione di origine; non cambiare le norme comunitarie di commercializzazione rendendole più agili e standardizzate agli altri prodotti, poiché si ridurrebbero degli standard qualitativi e di garanzia di salubrità delle produzioni; standardizzare l’uso dei fitofarmaci tra tutti gli Stati membri; potenziare le sinergie a livello tecnico con i produttori spagnoli e francesi per ridurre gli interventi chimici”. (e.z.)

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