FICHI, CRESCONO NUOVI PROGETTI IN CALABRIA E SICILIA: “PUNTIAMO SUL MERCATO DEL FRESCO”

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I produttori della zona costiera del Consorzio Fichi di Cosenza Dop, stanno spingendo per avviare un canale di commercializzazione per il consumo fresco perché per loro la trasformazione (prodotto essiccato/pasticcerie) non è remunerativa.

“Le coltivazioni nelle zone di pianura, in alta collina o bassa montagna – ci spiega Angelo Rosa (nella foto), presidente del Consorzio Fichi di Cosenza Dop – non hanno le caratteristiche organolettiche richieste dall’industria della trasformazione e ottengono quotazioni anche di tre volte inferiori rispetto ai produttori di montagna. Il fico di bassa altitudine, per contro si presta meglio al consumo del fresco dove può spuntare anche 1,50-2 euro al chilo”.

I cosentini sono stati i primi produttori di fichi che si sono organizzati in una Dop che oggi raccoglie 131 aziende per mille ettari, grazie ad un bando regionale del 2000 da 18 milioni di euro che ha determinato un’espansione costante delle superfici con una media di 150 ettari all’anno in più di cui il 20% bio.

La filiera del fresco è più appetibile per i maggiori volumi disponibili anche in considerazione del fatto che il prodotto essiccato perde due terzi del peso.

“Il problema principale per avviare una distribuzione che travalichi il consumo locale – continua Rosa – è quello della logistica dal momento che il fico è un prodotto molto delicato. Oltre alla logistica inoltre dovremo mettere in conto che aumenterebbero di un buon 30% i costi di manodopera per la raccolta dal momento che per il consumo del fresco bisogna intervenire manualmente con un taglierino di modo da lasciare il peduncolo attaccato al frutto. Poi, sul mercato nazionale, poi, dovremmo misurarci con i prodotti turchi e spagnoli che arrivano a prezzi bassissimi”.

Degli attuali mille ettari di coltivazione intensiva di fichi che partecipano al consorzio il 20% sono distribuiti tra pianura e alta collina dove pure ci sono molti terreni disponibili che potrebbero portare la produzione destinata al fresco, al 40-45% del totale contro l’attuale 20%.

La riorganizzazione della filiera sia in Calabria che in Sicilia, dove il cuore produttivo è nel messinese ma si sta sviluppando anche nella Sicilia centro-occidentale, deriva dall’andamento incerto del clima che ha determinato, l’anno scorso, una campagna negativa per colpa della siccità e quest’anno un calo dei volumi per le piogge di giugno che nel messinese hanno causato perdite del 30% dei raccolto rispetto al 2017.

“Nei mercati di vendita diretta – ci spiega Giuseppe Piccolo, direttore Coldiretti di Messina nonché titolare dell’azienda Nisi Natura nella valle del Nisi, con 1,5 ettari – riusciamo a spuntare anche cinque euro al chilo anche se la quotazione media per una seconda scelta è intorno a 1,50 euro al chilo”.

Poco battuto il canale delle piattaforme commerciali tradizionali come quello dei mercati all’ingrosso.

“Non vendiamo più di 50 chili al giorno – ci rivela un portavoce di Visal Fruit, azienda messinese di commercializzazione –. Arrivano tutti dalla zona di Torregrotta. Il fico non ha un suo canale perché qui è talmente diffuso che si trova in ogni campo e cresce spontaneo ai bordi delle strade. Non esiste un vero e proprio fornitore di fichi che vengono venduti ad integrazione delle normali forniture ortofrutticole”.

Nonostante questo continuano a svilupparsi progetti di espansione degli areali destinati al consumo fresco. Anche se non si registrano aggregazioni né di produttori né commerciali, si stanno installando nuovi impianti nella parte tirrenica del messinese e in particolare nelle zone di San Pier Niceto sopra Milazzo, a Barcellona Pozzo di Gotto e nelle colline ai piedi dei Nebrodi, ossia a Caronia e Sant’Agata Militello. Interessanti iniziative si stanno sviluppando anche nella Sicilia centro-orientale e in particolare nella zona di Ragusa e Trapani.

Mariangela Latella

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