FALLIMENTARE IL SISTEMA DELLE DOP-IGP IN ORTOFRUTTA. L’EMILIA PROPONE DI RIVEDERE LE NORME. SERVIRÀ?

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Il linguaggio dell’assessore emiliano Tiberio Rabboni è stato ‘politicamente corretto’, ma la sostanza non cambia: il sistema delle Dop-Igp in ortofrutta finora è stato un fallimento, un buco nell’acqua. E’ emerso al convegno a Macfrut dal titolo "Dop e Igp – Prodotti di qualità: il motore del sistema ortofrutticolo europeo nel mondo".

All’incontro Rabboni dopo aver detto che “al titolo di questo convegno aggiungerei in fondo un bel punto interrogativo” ha detto che “le Dop e Igp sono sicuramente un motore ‘morale’ del sistema ortofrutticolo europeo nel mondo ma, almeno in Italia, non lo sono ancora in campo economico, produttivo e commerciale".

Il sottoutilizzo dei marchi certificati emerge in maniera inconfutabile da alcuni dati: la categoria degli ortofrutticoli e cereali Dop e Igp vale soltanto il 5,5% del fatturato nazionale del paniere Dop e Igp, nonostante rappresenti una quota del 37% in termini di numerosità. Per quanto riguarda l’Emilia-Romagna, ha sottolineato Rabboni, “il prodotto certificato Igp rispetto a quello standard è compreso tra lo 0,15% e lo 0,2% nel caso della Pera dell’Emilia-Romagna Igp e delle Pesche e Nettarine di Romagna Igp, mentre sale al 6,5% – una delle percentuali più elevate – per la Patata di Bologna Dop”.

In pratica la produzione certificata di pere e pesche della regione è irrilevante, quasi come non ci fosse. E così si avvera un paradosso: per avere il marchio le imprese impegnano risorse, tempo e denaro, poi una volta conquistato non lo usano. Perché? Perché non serve, non dà valore aggiunto. Quindi chi è fuori non entra, e chi è dentro ne esce, come dimostrano i recenti dati Istat sui cosiddetti ‘primati’ dell’Italia: abbiamo il paniere Dop-Igp più ricco d’Europa (255 denominazioni ma le imprese certificate calano (-5%) e il saldo tra chi entra o esce è negativo. In sostanza, a parte i primi 10-15 prodotti (tra cui giganti come Parmigiano, Prosciutto di Parma, Grana Padano, Gorgonzola, ecc) il paniere crea povertà, non ricchezza.

Quali le ragioni vere di questa situazione paradossale, la unicità/tipicità che invece di essere un plusvalore diventa un disvalore? Rabboni lo ha spiegato: la normativa italiana è inutilmente più restrittiva di quella europea, in pratica – ancora una volta – ci siamo fatti del male da soli. Occorre adeguare i regolamenti nazionali alle esigenze del mondo produttivo e per questo Rabboni ha preparato un documento da far sottoscrivere alle altre Regioni con una serie di proposte, a partire dalla revisione della normativa per permettere anche alle Op di qualificarsi come gruppi rappresentativi, affiancandosi ai Consorzi nelle azioni di tutela, programmazione produttiva, coordinamento commerciale e promozione.

L’impressione però è che l’argomento non ‘scaldi’ più di tanto l’interesse delle altre Regioni e del mondo produttivo. Più facile per gli assessori appuntarsi sul petto le medaglie con i numeri dei prodotti tutelati e fare un po’ di can-can mediatico, salvo poi scoprire che le medaglie sono di latta.

 

Lorenzo Frassoldati

direttore del Corriere Ortofrutticolo

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