EXPORT IN SOFFERENZA NEL PRIMO SEMESTRE. SUI MALI STRUTTURALI DEL SETTORE IL TAVOLO BATTA UN COLPO

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Secondo i dati di Fruitimprese il nostro export di ortofrutta nei primi sei mesi dell’anno è in sofferenza. Complessivamente segna una diminuzione in quantità (- 15,2%) e in valore (-4,1%). Praticamente, è l’andamento delle quotazioni che ha fatto da argine, ma anche qui non c’è da rallegrarsi molto, perché la tenuta è dovuta solo alle esportazioni di agrumi, aumentate (+ 10,7%) in quantità e in valore (+13,8%). La conclusione è che nei primi sei mesi del 2018 la bilancia commerciale dell’ortofrutta si conclude con un saldo positivo di 320 milioni, inferiore del 10,3% al corrispondente semestre del 2017. Come sempre, le cause sono di ordine congiunturale e strutturale. Tra le prime, c’è la forte carenza d’offerta della scorsa stagione, a cui si accompagna l’andamento crescente dei prezzi, aumentati nel secondo trimestre di ben il 24%, in base alle rilevazioni ISMEA. Il carattere congiunturale di questi dati si vede anche nelle esportazioni di agrumi, che si sono avvantaggiate della terribile annata produttiva subita dalla agrumicoltura spagnola nella campagna 2017/18. Ma dopo la congiuntura resta da affrontare la situazione strutturale della nostra offerta e, in attesa che si faccia vivo il famoso tavolo del Ministero, qualche aiuto può darcelo il rapporto curato dal CERVED su “Ortofrutta fresca: dimensione e trend emergenti”. Il primo dato, peraltro noto, è che le nostre imprese di lavorazione e commercializzazione dell’ortofrutta, senza tener conto dei produttori direttamente presenti sul mercato, sono tante e piccole, ben 3.626, ma solo 20, secondo CERVED che conosce bene i bilanci delle imprese, sono imprese rilevanti. Ma anche queste sono, relativamente, piccole se quattro riescono a concentrare poco più del 9% della produzione e otto il 16,1%. Questa situazione ha riflessi immediati sulla nostra capacità di affrontare la domanda della grande distribuzione sui principali mercati esteri, dove raggiunge concentrazioni dell’offerta ben superiori a quanto avviene sul mercato italiano, e sulla rete dei servizi logistici, che denuncia ancora gravi carenze, anche per l’assenza di una politica nazionale diretta a favorire la creazione di parchi logistici. Negli scambi con l’estero uno dei principali limiti del nostro export resta la scarsa presenza nei mercati in via di sviluppo (15% contro il 30% verso la sola Germania, a cui segue la Francia). Nel rapporto CERVED si può leggere che negli ultimi dieci anni l’export mondiale di ortofrutta verso la UE è cresciuto del 10% circa, fuori di oltre il 200%. Ovviamente, ciò ha consentito ai nostri competitors di inserirsi su questo filone di mercato. Per la verità, nemmeno noi siamo stati fermi, se l’Italia, grazie a kiwi e mele, è stato nel 2017 il primo paese europeo esportatore di frutta sul mercato cinese.

Ma il contributo più interessante del rapporto CERVED riguarda, a mio avviso, l’analisi del nuovo consumatore. La maggiore spesa in ortofrutta è sostenuta dalle persone anziane, e in un Paese di vecchi come è il nostro, è importante non trascurarli, ma è anche vero che tendono ad aumentare i consumi fuori casa (16,5% del totale mercato frutta e verdure a volume nel 2017) e che la ripresa dei consumi negli anni più recenti è stata pilotata dai millennials che, molto attenti a una alimentazione sana e sicura, spendono in media il 37% (CERVED) in più per gli acquisti di frutta e verdura. La competizione sul mercato dell’ortofrutta non è, quindi, solo di prezzo, ma sui servizi collegati al prodotto, come da sempre predica Claudio Scalise; sulla sicurezza igienica e sanitaria garantita dalla marca, che genera la fedeltà del consumatore; sulle novità, da cui deriva il successo dei club varietali, come dimostrano i recenti casi nelle mele e nelle fragole.

Si parla sempre meno della riforma della PAC 2021/2027. Sembra che, ormai, siano tutti convinti che bilancio e riforma della PAC saranno impegni della Commissione che uscirà dalle elezioni del 2019. Tuttavia, non credo che l’impostazione data, che prevedeva un Piano Strategico Nazionale (PSN), che comprendesse sia le misure del I° e II° Pilastro che piani specifici riferiti alle principali colture, tra cui l’ortofrutta, superando quindi il vigente OCM, verrà stravolta. Se la competenza della redazione del PSN spetta ai singoli Stati, che assumono la responsabilità della sua realizzazione, definendo anche i criteri di eleggibilità dei beneficiari alle singole misure, credo che mai come questa volta la presenza del Tavolo ortofrutticolo promosso dal MIPAAFT sia molto utile proprio per preparare e anticipare le scelte che il PSN farà per affrontare i problemi strutturali del nostro settore ortofrutticolo.

Corrado Giacomini

economista

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