EXPORT E CONSUMI, SE L’ITALIA PIANGE LA SPAGNA NON RIDE. E LE PREVISIONI NON AIUTANO

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I dati elaborati da FRUITIMPRESE evidenziano nel primo quadrimestre del 2023 una ripresa del nostro export di ortofrutta con +2,6% in volume e +6,3% in valore.

L’analoga associazione spagnola FEPEX rileva che nella prima metà di quest’anno l’export di frutta e verdura fresca è diminuito in volume (-7,98%) e cresciuto in valore (+7). Come scrive FRUITIMPRESE “bene ma non benissimo” l’export nei primi mesi del 2023, perché il tasso di crescita è poi diminuito, ma i segnali di questa estate caldissima e appesantita in tutta Europa da un tasso di inflazione che incide fortemente sul bilancio delle famiglie non lascia prevedere una ripresa della domanda all’export e nemmeno sul mercato interno. L’unica consolazione, se basta, è che anche il nostro maggiore concorrente, la Spagna, non sta meglio di noi, infatti il 2022 si è chiuso pure con dati negativi, perché l’export spagnolo ha registrato -10,4% a volume rispetto il 2021 mentre in valore è aumentato di + 1,6%, sostenuto da un forte incremento delle quotazioni. Nello stesso periodo le nostre esportazioni in volume hanno tenuto (-0,4%) e in valore sono aumentate (+1,5%), ma il livello delle rispettive variazioni non segnala per noi significativi aumenti di prezzo. E molto difficile fare confronti tra l’export di ortofrutta di Italia e Spagna, considerata la diversa composizione del paniere di prodotti esportati, soprattutto tra annate che hanno conosciuto ampie e frequenti oscillazioni dell’offerta di molti prodotti a causa dell’andamento climatico e dei danni da fitopatie che, soprattutto in Italia, hanno colpito vaste aree tradizionalmente vocate alle coltivazioni ortofrutticole.
Per valutare cosa ci può aspettare nei prossimi mesi del 2023 forse è utile ragionare sui dati diffusi dall’ISMEA sui consumi interni di ortofrutta nel primo trimestre, confrontandoli con dati e analoghe considerazioni della FEPEX. Secondo l’ISMEA il comparto degli ortaggi nel primo trimestre ha registrato una crescita a valore di +3,3%, minore di quanto avvenuto tra il 2022 e il 2021 (+4,9%), supportata esclusivamente dai prodotti trasformati e dalle patate, da segnalare poi che l’incremento in valore è stato accompagnato da quasi tutti i tipi di ortaggio da riduzioni in volume fino a quelli di IV gamma, che hanno segnato una riduzione sia in valore (-3,2%) che in volume (-7,0%). Dalle notizie di stampa di questi giorni non sembra che nel secondo trimestre e nei mesi di grande calura di luglio e agosto si possa parlare di una ripresa dei consumi, ma soltanto di buoni segnali di vendita per alcune varietà sia tra gli ortaggi che tra la frutta. Secondo i dati della FEPEX, i consumi interni di ortofrutta si sono ridotti in quantità nel 2022 di -12,4% e in valore di -2,1%, ma hanno continuato a contrarsi in volume (-3,9%) nei successivi quattro mesi del 2023, mentre sono aumentati in valore (+7,4%). Da prendere nota che in Spagna i consumi interni, comprensivi delle importazioni (circa il 30% dei consumi totali) in crescita sia nel 2022 che nei primi mesi del 2023, sono praticamente pari al volume dell’export. FEPEX attribuisce la causa della contrazione dell’export (e anche dei consumi interni) all’inflazione, ma lo stesso viene rilevato da ISMEA per le nostre produzioni ortofrutticole. Le previsioni, tenendo conto che BCE e Federal Reserve americana intendono mantenere alti i tassi, non possono contare su una ripresa dei consumi, soprattutto nel nostro Paese dove i rinnovi contrattuali incontrano forti resistenze e non c’è molto da sperare in aiuti pubblici ai redditi più bassi.
Per fare un esempio è molto difficile, a mio avviso, che gli ortaggi di IV Gamma possano tornare ai “floridi livelli pre-crisi” , come auspicato da Felice Poli, presidente dell’OP “Sole e Rugiada” di Bagnolo Mella, ne “L’Informatore Agrario” del 26 agosto, perché nel periodo pre-crisi le confezioni venivano acquistate d’impulso dal cliente per il basso prezzo unitario e per il servizio, mentre oggi il consumatore, spinto dalla caduta del potere d’acquisto, ha notato che generalmente il prezzo varia da 10 a 15 Euro a Kg. Non solo il cliente dispone di un più basso potere d’acquisto, ma la crisi passata e quella che stiamo vivendo ha modificato anche il suo comportamento all’acquisto rendendolo più attento e prudente.

Corrado Giacomini

economista agrario

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