Si è concluso venerdì a Düsseldorf l’European Tomato Forum (1-2 giugno 2017), il primo summit europeo interamente dedicato al pomodoro. Due giorni di lavori per analizzare lo stato dell’arte del comparto, le produzioni nei diversi paesi, le tendenze commerciali per il futuro e le novità varietali in vista.
Il Corriere Ortofrutticolo ha raggiunto telefonicamente Massimo Pavan (nella foto sotto), vicepresidente del Consorzio Pomodoro di Pachino IGP, da poco atterrato a Milano di ritorno dalla Germania. Due le evidenze emerse secondo il manager: la chiara tendenza a prediligere produzioni di qualità, assecondando la richiesta del consumatore europeo di prodotti “più gustosi”, e l’azzerarsi dei tradizionali momenti di consumo, il pomodoro è ormai diventato uno snack da mangiare dove e quando si vuole. Propensioni, entrambe, a cui si cerca di far fronte con proposte diversificate e differenziate, che tuttavia non tengono conto della sostenibilità del prodotto stesso. “In Olanda, ma anche in altri paese produttori come Germania e Polonia – spiega Pavan -, la produzione avviene a danno dell’ambiente a causa dell’enorme emissione di CO2 utilizzata per riscaldare le serre e lo spreco energetico delle luci per l’illuminazione. Inoltre – aggiunge – l’ormai consuetudine di utilizzare imballi in plastica di piccole dimensioni, 250/300 grammi, rende tutto ecologicamente poco ragionevole”.
L’evento è stato infine un momento di confronto interessante con i grandi produttori europei; un’occasione di analisi e autocritica. “L’Italia è un Paese sempre più piccolo e autosufficiente. Non dobbiamo avere paura di certi spauracchi quali il prodotto marocchino perché il consumatore italiano preferisce il pomodoro nostrano, e anche la Gdo va in questa direzione. Dobbiamo però imparare a pianificare le produzioni per non trovarci, come in questo momento, con un surplus di offerta sul mercato e i prezzi conseguenzialmente molto bassi. In futuro l’export sarà sempre più difficile: gli elevati costi di produzione e la tendenza europea a prediligere pomodori di origine locale, sebbene organoletticamente meno buoni dei nostri, ci costringe a ripensare alle strategie commerciali, razionalizzando le esportazioni e concentrandoci sul mercato interno”, conclude Pavan.
Chiara Brandi