ESSELUNGA: CAPROTTI LASCIA, IL 23 DICEMBRE ANDRÀ IN PENSIONE

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Bernardo Caprotti (nella foto) sarebbe pronto a farsi da parte e andare in pensione. Il patron di Esselunga, 88 anni, a un ristrettissimo gruppo di collaboratori avrebbe rivelato attraverso una lettera che lascerà le proprie cariche all’interno della catena distributiva. L’imprenditore intende abbandonare tutte le deleghe operative, i poteri di firma e i compensi in Esselunga.

Già fissata la data: il prossimo 23 dicembre. Caprotti, come rivela il Corriere della Sera, smetterà di essere dipendente della sua azienda dopo 62 anni di lavoro continuativo (i primi anni alla Manifattura Caprotti, azienda tessile di famiglia). Insomma, in un certo senso va in pensione, a 88 anni. Quando nel 1965 prese la direzione della Supermarkets (poi Esselunga) c’erano 15 supermercati, oggi sono 144 con 6,8 miliardi di fatturato, 20mila dipendenti e bilanci ampiamente in utile (238 milioni nel 2012). Una cavalcata imprenditoriale che ha pochi paragoni in Italia.  

"Dopo molti mesi di assenza – scrive nella lettera – a seguito dell’infortunio occorsomi il 28 aprile, ho deciso da tempo di terminare, col 23 dicembre, la mia attività come lavoratore dipendente. Lascerò deleghe, poteri, compensi. Forse mi sentirò più leggero". È una svolta, sebbene rappresentare la proprietà, cioè se stesso, abbia un certo peso (è e resta presidente della holding Supermarkets italiani). "A Dio piacendo – aggiunge – ci sarò e forse sarò anche più libero di fare quello che mi era sempre piaciuto: di andare per negozi e cantieri. Di non essere più subissato da montagne di carte e pratiche che mi imprigionano e mi impediscono. Forse ci vedremo di più e più liberamente".

Ha confessato di non reggere più il ritmo del tempo pieno da mattina a sera, nonostante il vigore e la lucidità che anche i nemici (dentro e fuori la famiglia) gli riconoscono.

Sull’eredità che Caprotti lascerà si stanno costruendo varie ipotesi. Tuttavia il patron di Esselunga avrebbe previsto nei dettagli la suddivisione patrimoniale: tutta la famiglia e tutti i figli (due dal primo matrimonio e Marina dal secondo) succedono. L’azienda, secondo Caprotti, ha già una struttura di manager e governance che è una garanzia. E le voci di vendita che ogni tanto tornano? Non è in vendita, rimane in famiglia. Al momento. Se fosse in vendita – ha argomentato – lo sarebbe soltanto perché in Italia non si può più fare impresa. Sullo sfondo tuttavia rimane l’incognita sull’azione giudiziaria civile promossa dai due figli. (fonte: Corriere della Sera)

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