EMBARGO RUSSO. IN CRISI GLI ESPORTATORI DI PADOVA

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Sabato 9 agosto, in tre diverse dogane interne russe, sono stati contati 2.830 camion carichi di prodotti agroalimentari europei bloccati dall’embargo di Putin. Se si calcola un valore medio per camion di 16 mila euro la merce bloccata corrisponde a un valore di 45 milioni 280 mila euro. Il danno è però molto più grave se si aggiungono gli altri centri doganali, le merci già sulla strada del ritorno o quelle richiamate in patria ancora prima di raggiungere il confine russo.

Davide Dal Bello (nella prima foto), general manager della Dal Bello snc di Padova è probabilmente il primo esportatore veneto di ortofrutta verso la Russia. Vi spedisce in un anno tra i 500 e i 600 bilici. Dice: "La situazione è da paura. L’embargo ci ha colpiti all’improvviso mentre avevamo fuori 33 camion, alcuni già in dogana russa, altri in Bielorussia, altri per strada. Il danno maggiore però non è questo ma il programma di lavoro che stava partendo con la principale catena di supermercati russa, coinvolgendo, insieme a noi, otto aziende di produzione italiane, tra Piemonte, per le pesche e le nettarine, e la Puglia, per l’uva da tavola. Contratti praticamente chiusi, 200 TIR in partenza, i primi cinque erano già stati caricati in Puglia e abbiamo appena fatto in tempo a bloccarli".

Situazioni come questa si riscontrano in varie parti d’Italia e anche nella stessa Padova, dove il locale Mercato, il MAAP è la prima piattaforma italiana verso i Paesi dell’Europa orientale e della Russia.

 

Renato Dalvit (nella foto a fianco assieme a Giancarlo Daniele, ad del Maap) della Duerre: "Stiamo vivendo una situazione surreale. Non ci bastava la crisi della frutta estiva, il problema per noi terribile del limite dei mille euro per il contante, tutte le complicazioni legate non solo al nostro lavoro ma alla situazione italiana, adesso ci si è messo anche l’embargo. La Russia era l’unica porta aperta che stava dando una boccata di ossigeno per i volumi da smaltire e all’improvviso si è chiusa. Avevamo combattuto per anni contro imprevisti di ogni tipo per tenere aperto quel mercato e adesso che si era ripartiti, dando sbocco alle nostre pesche e nettarine, ci ritroviamo con cinque camion fuori da recuperare e una ventina di carichi programmati che salteranno. Trovare soluzioni non è facile. Gli stratagemmi sono a rischio e pericolo di chi li mette in atto. Le triangolazioni sono fuori dalle pratiche delle nostre aziende. Far passare per serbe o lituane produzioni italiane è frode in commercio. Sono azioni che non ci appartengono. Invece, in momenti come questi, abbiamo bisogno che la politica ci dia una mano, a cominciare da quel limite dei mille euro che non ci permette di lavorare onestamente con i Paesi dell’Est Europa i cui operatori comperano solo in contanti. Con la Russia chiusa, noi dovremmo trovare una soluzione certa subito a questo problema".

Preoccupatissimo l’amministratore delegato del MAAP Giancarlo Daniele, che parla di danni notevolissimi e chiede l’intervento del governo per verificare tutte le vie praticabili per alleviare una situazione che rischia di mettere le aziende in gravi difficoltà. Daniele sottolinea che l’embargo è coinciso con l’avvio della campagna dell’uva da tavola, che è uno dei prodotti italiani più richiesti in Russia. Il direttore generale del Mercato padovano, Francesco Cera (nella foto a fianco), rileva che la Turchia, esclusa dal blocco, sta triplicando in questi giorni l’export alla Russia e che va risolta subito la questione dei mille euro perché dall’Est pagano in contanti e al momento della contrattazione, di notte, le banche sono chiuse. "C’é uno stretto collegamento tra questo disastroso embargo e lo sblocco dei 1000 euro per gli stranieri – sostiene Cera -. Alla classe politica a Roma va trasmesso questo concetto: perché gli imprenditori grossisti possano contribuire a far crescere il Pil nazionale attraverso l’export, questi devono essere minimamente aiutati e messi in condizione di lavorare. Se si sbloccano i 1000 euro è molto probabile che si possa recuperare un po’ di fetta di mercato persa in Russia con gli altri Paesi importatori (Ungheria, Romania, Bosnia, Serbia, Cechia, Polonia ecc.). Diversamente il disastro economico sarà doppio. La parte politica, per questo settore ed in questo momento, non si deve trincerare dietro generici appelli alla crescita economica ed allo sviluppo, ma deve agire concretamente, sbloccando dispostivi sbagliati che stanno facendo il danno economico maggiore a chi esporta". (af)

 

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