"Il provvedimento della Commissione è stato decisamente e colpevolmente tardivo rispetto al problema della campagna di pesche e pesche noci". Così esordisce il presidente di UNAPROA Ambrogio De Ponti (nella foto), a margine del Consiglio di Amministrazione dell’Unione che ha discusso delle misure UE relative a pesche, pesche noci e all’embargo russo.
Il presidente di Unaproa ha espresso così un giudizio decisamente negativo per quanto posto in essere. "Il mese di luglio per le nostre organizzazioni è stato un autentico calvario – spiega De Ponti – mentre la Commissione continuava a chiedere dati su dati. Gli interventi realizzati sono stati insufficienti e non sono serviti a riequilibrare un mercato in crisi". Parlano i numeri. I provvedimenti hanno riguardato infatti 23.671 tonnellate di prodotto, un quantitativo poco significativo rispetto alla produzione complessiva a livello comunitario (0,68%) e in Italia sono state ritirate 9.452 tonnellate.
A differenza della Spagna, inoltre, dove tutta l’ortofrutta ritirata è stata destinata alla distribuzione gratuita, nel nostro Paese solo il 18,45% è stata offerta gratis. "Non sappiamo fare più neanche beneficenza! – commenta il presidente di UNAPROA -. E poi i prezzi di ritiro (0,269 euro/kg) ) sono ben al di sotto dei costi di produzione che ammontano ormai a 0,35/0,40 euro per kg e quindi non sono certo remunerativi e nessuno è incentivato a ritirare la produzione dal mercato se i costi superano i ricavi".
Per quanto riguarda l’embargo russo, De Ponti sottolinea l’assurdità dell’esclusione di alcuni prodotti, pure colpiti dal divieto, dal beneficio dei provvedimenti comunitari. "Come abbiamo già avuto modo di dire, tale esclusione – argomenta il presidente UNAPROA – non era ammissibile prima e non lo è adesso alla luce delle nuove proposte elaborate dalla Commissione. La gestione affidata agli Stati membri può essere una soluzione accettabile a condizione che siano gli stessi Stati Membri a decidere su quali prodotti intervenire: l’elenco dei prodotti che può beneficiare del provvedimento, così come proposto dalla Commissione, non è sostenibile. Gli ortaggi, ad esempio – continua De Ponti -, mi sembrano decisamente penalizzati, visto e considerato che, tra questi, sembra che solo pomodori e carote potranno beneficiare dell’intervento. A maggior ragione per il fatto che, se analizziamo i dati relativi all’export in Russia, proprio gli ortaggi (7% della relativa quota di mercato) rappresentano per l’Italia l’unico settore in costante crescita grazie all’evoluzione del prodotto di IV gamma e dei prodotti pronti per l’uso".
Il presidente di UNAPROA ribadisce, quindi, come il danno che i produttori ortofrutticoli italiani stanno subendo riguardi essenzialmente la riduzione dei prezzi dovuta all’eccesso di offerta che si è riversata sul mercato comunitario.
"Il danno – puntualizza – è per tutti i produttori e non solo per quelli che esportavano verso la Federazione Russa. Le riduzioni di prezzo, rispetto all’anno precedente, hanno infatti toccato anche -40%. Ma tutto questo – prosegue – non può distogliere la nostra attenzione da una situazione rispetto alla quale dobbiamo fare una profonda ma rapida riflessione circa la nostra competitività".
De Ponti passa quindi in rassegna gli ultimi dati: la perdita di quote di mercato anno dopo anno dell’Italia in Russia a favore soprattutto di Spagna e Polonia e l’export italiano di frutta tendenzialmente in calo, nel 2013 al 15esimo con una quota di mercato del 2,4%. "Occorre rimboccarci le maniche – esorta De Ponti anche alla luce di queste cifre – e promuovere una strategia vincente che vada oltre il problema dell’embargo. Ognuno di noi può e deve fare meglio. È chiaro che il problema e la relativa soluzione è sfaccettato e complesso, ma da qualcosa – e fattibile – dobbiamo partire. Su questo il nostro Consiglio di Amministrazione si è espresso all’unanimità e ci siamo impegnati a proporre e a mettere in pratica una serie di iniziative utili al sistema Italia, inoltrando al Ministro Martina proposte concrete per intervenire sulla continua crisi di mercato. Se rimaniamo fermi a leccarci le ferite siamo già morti".