L’ondata di gelo preoccupa i coltivatori, che annunciano scarsità di merce e aumenti obbligati dei prezzi di frutta e verdura in vendita tra primavera ed estate. I rincari più pesanti colpiranno i prodotti di stagione, dalle insalate ai carciofi alle zucchine, in crescita fino al 20%, come riportano alcune statistiche. Anche le coltivazioni in serra sono minacciate dal gelo, e le previsioni non invitano all’ottimismo: le minime si sono abbassate ancora e gli esperti annunciano ulteriori cali e nevicate anche in pianura.
Secondo Coldiretti a far diminuire l’inflazione è il crollo dei prezzi delle verdure con i vegetali freschi che fanno registrare una diminuzione del 21,6% ma si attende ora il rimbalzo verso l’alto a causa dei danni causati dal gelo siberiano che ha distrutto le coltivazioni in pieno campo ed ostacolato le consegne con effetti sulle disponibilità di mercato.
L’analisi della Coldiretti si basa sui dati Istat relativi all’inflazione a gennaio sul carrello della spesa dalle quali si evidenziano effetti disastrosi nei campi dove per molti prodotti non si riescono più a coprire i costi di produzione. Nelle campagne a gennaio è deflazione con i prezzi pagati agli agricoltori per pomodori, peperoni indivie e lattughe che sono addirittura dimezzati rispetto allo scorso anno mettendo a rischio aziende e posti di lavoro. Sotto accusa le importazioni incontrollate dall’estero favorite dagli accordi commerciali agevolati stipulati dall’Unione Europea come il caso delle condizioni favorevoli che sono state concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli e zucchine o all’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi. Accordi – sottolinea la Coldiretti – fortemente contestati perché nei paesi di origine è spesso permesso l’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di dumping sociale per il basso costo della manodopera. L’Italia – conclude la Coldiretti – è al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,5%), quota inferiore di 3,2 volte alla media dell’Unione Europea (1,7%) e ben 12 volte a quella dei Paesi extracomunitari (5,6%).