DIRETTIVA BREAKFAST, AUMENTATA QUANTITÀ MINIMA DI FRUTTA NELLE CONFETTURE

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Il buongiorno si vede dal mattino: con la Direttiva Breakfast si armonizzano le norme in materia di etichettatura e provenienza di miele, succhi di frutta, marmellate e latte disidratato. Pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, la Direttiva, come spiega Agrisole, aggiorna e armonizza le norme di etichettatura e commercializzazione di miele, succhi di frutta, confetture e latte (disidratato) – prodotti comunemente sulla tavola dei consumatori a colazione.

Frutto di una proposta presentata dalla Commissione europea nel maggio 2020, nell’ambito della strategia “Dal produttore al consumatore”, mira a creare un sistema agroalimentare sostenibile, in vista del piano “neutralità climatica entro il 2050”, previsto dal Green Deal europeo.
Approvata all’unanimità dal Consiglio Agricoltura dell’UE, ha l’obiettivo di promuovere un consumo da parte dei cittadini europei più sano e, nello stesso tempo, più informato e consapevole.
Il contenuto della misura In termini tecnici, la Direttiva modifica simultaneamente quattro direttive vecchie di decenni, tutte riguardanti prodotti ad alto tenore di zuccheri.
Il primo prodotto interessato è il miele. Già con la Direttiva del 2001, il legislatore europeo aveva previsto specifici obblighi di commercializzazione ed etichettatura, permettendo tuttavia ai produttori di glissare sulla precisa origine geografica degli ingredienti, consentendo, ad esempio, espressioni come “miscela di mieli originari e non originari dell’Ue”.
Rispondendo a un’esigenza di mercato e a un maggiore interesse da parte dei consumatori a conoscere l’origine geografica dei prodotti, introduce per il miele una regola di etichettatura più rigida, seppure accompagnata da deroghe.
In futuro, dovranno essere indicati in etichetta, in ordine decrescente e in base alla documentazione relativa alla tracciabilità dell’operatore, il Paese d’origine del miele e, nel caso di miscele, la percentuale di ciascuna origine geografica. Sarà tuttavia ammessa una certa flessibilità: nel caso in cui i Paesi di origine siano più di quattro, sarà infatti sufficiente indicare, in termini di percentuale, soltanto le quattro quote maggiori, purché costituiscano nel loro insieme oltre il 50% della miscela.
In caso di confezioni molto piccole, come ad esempio quelle monouso, sarà invece concesso l’utilizzo, al posto dell’indicazione per esteso, del codice internazionale standardizzato ISO 3166-1 che identifica ciascun Paese in due cifre.Per evitare le possibili frodi connesse a prodotti adulterati che non corrispondono alla denominazione “miele”, la Direttiva prevede inoltre la possibile adozione da parte della Commissione di obblighi più specifici per assicurare una maggiore tracciabilità, ad esempio, l’inserimento di un codice di identificazione univoco o tecniche digitali simili.Una maggiore trasparenza verrà garantita anche per i succhi di frutta.
Nel 2012 (e in particolare con le nuove norme sugli ingredienti autorizzati), il legislatore europeo aveva già vietato l’inserimento di zuccheri aggiunti nei succhi di frutta, consentendo tale aggiunta in prodotti simili, quali i “nettari di frutta”. Come conseguenza di questa disciplina, soltanto per i nettari di frutta è stato finora possibile utilizzare indicazioni nutrizionali come “senza zuccheri aggiunti” o equivalenti. Sennonché, per effetto di questa misura e poiché i consumatori sono propensi a preferire prodotti “senza zuccheri aggiunti”, in questi ultimi anni il consumo di nettari di frutta sugar free è cresciuto a discapito di quello dei succhi di frutta.
Per ovviare a questa discrepanza di disciplina e per permettere etichette più trasparenti, con la Direttiva Breakfast, il legislatore europeo ha consentito anche per i succhi di frutta la possibilità di utilizzare espressioni che indichino l’assenza di zuccheri aggiunti, come ad esempio l’espressione: “solo zuccheri naturalmente presenti”.
Tiene anche conto degli ultimi progressi tecnici e delle nuove tecniche di trasformazione della frutta che consentono di eliminare in tutto o in parte gli zuccheri naturalmente presenti nella materia prima.
Al fine di facilitare l’immissione sul mercato di questi nuovi prodotti, il legislatore europeo ha quindi codificato un nuovo tipo di prodotto, ovverosia il succo di frutta “a tasso ridotto di
zuccheri”
. Novità soltanto tecniche riguardano invece il latte disidratato, di cui si potrà, ad esempio, produrre una versione a ridotto contenuto di lattosio purché ciò appaia in etichetta.
Via libera anche all’equiparazione tra acqua di cocco e succo di cocco, purché lo stesso venga estratto direttamente dalla noce di cocco senza spremerne la buccia.
La Direttiva Breakfast interviene infine sulla nomenclatura e sulla disciplina di “confetture” e “marmellate”. Seguendo la tradizione di alcuni Paesi membri, la normativa precedente consentiva l’utilizzo del termine “marmellata” per contraddistinguere soltanto prodotti ottenuti da agrumi o miscele di agrumi.
Considerando il punto di vista dei consumatori, con la Direttiva Breakfast si è introdotta invece la possibilità di contraddistinguere con il termine “marmellata” anche le confetture di frutta mista. Si tratta in ogni caso di un punto che gli Stati membri saranno liberi di attuare o meno.
A prescindere dalla denominazione, in tutti i casi, i produttori saranno invece obbligati ad aumentare la quantità minima di purea o polpa di frutta che, per le confetture normali, dovrà passare da 350 grammi per chilo a 450 e, per le confetture “extra”, da 450 a 500 grammi.
La Direttiva dovrà essere implementata da tutti gli Stati membri entro il 14 dicembre 2025, ma le nuove misure nazionali, tra cui i nuovi obblighi di etichettatura non saranno applicabili prima del 14 giugno 2026 e non riguarderanno i prodotti già etichettati o immessi in commercio che potranno essere commercializzati fino ad esaurimento scorte.Un bilancio della nuova misura La Direttiva rappresenta senza dubbio un segnale positivo per le eccellenze agroalimentari italiane che spesso subiscono gli effetti più negativi della concorrenza di prodotti adulterati o di dubbia provenienza geografica.
Sicuramente da valorizzare sono le norme che impongono una maggiore trasparenza circa l’origine del miele e delle miscele di miele. Tali norme potrebbero contribuire a contrastare in modo più efficace le importazioni di miele adulterato, un fenomeno di non poca importanza se si considera che, secondo la stima di Coldiretti, nel 2024 le importazioni di miele straniero sono aumentate del 23%.
Per succhi di frutta, confetture e marmellate, possiamo invece dire che è stato raggiunto soltanto “per metà” l’obiettivo di trasparenza. In sede di approvazione del testo finale, è stato infatti stralciato l’obbligo dell’indicazione obbligatoria sull’origine della materia prima, che era invece previsto nel testo originario e che avrebbe potuto avvantaggiare la filiera italiana dei prodotti ortofrutticoli.A questo proposito, però, non è detta l’ultima parola.
La Commissione europea si è infatti impegnata entro 36 mesi dall’entrata in vigore della direttiva, a presentare al Parlamento europeo e al Consiglio, la propria valutazione di fattibilità con riferimento ad eventuali norme di etichettatura che rendano obbligatoria l’indicazione dei paesi d’origine dei frutti utilizzati in succhi di frutta e puree di frutta, corredata, se del caso, da una nuova proposta legislativa.

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