Sul Centro Agro-Alimentare di Torino (CAAT) se ne sono sentite e lette di tutti i colori (in particolare in Piemonte) dopo che l’assemblea dei soci ha approvato, a fine aprile, un bilancio che prevede la riduzione del capitale sociale a 34 milioni 781 mila euro.
Le cifre dicono chiaramente che sul bilancio ancora pesa il debito contratto per la realizzazione dell’immensa struttura alle porte di Torino (440 mila metri quadrati di cui 120 mila coperti a capannoni ed impianti frigo), ma dire che il CAAT sia sull’orlo del collasso, come si è letto per esempio su Repubblica – a seguito di un’infelice e inopportuna intervista, fatte salve le buone intenzioni del presidente del CAAT che l’ha rilasciata e la buona fede del giornalista – è travisare la realtà.
Lo si legge in una nota, appena pubblicata sul sito di Fedagromercati. Il CAAT ha un patrimonio immobiliare che le perizie asseverate fissano ben oltre i 60 milioni di euro, conti correnti ampiamente attivi, rispetta i termini di pagamento con tutti. Il debito contratto con le banche per la realizzazione della struttura, che viene pagato regolarmente con rata semestrale, è passato dagli iniziali 30 milioni 850 mila euro agli attuali 6 milioni 237 mila – si legge nella nota – e la prima rata 2014 sta per essere versata, così come è stato regolarmente fatto nel passato. Sintesi dei dirigenti: “Scusate, ma noi andiamo avanti”.
Il torinese Ottavio Guala (nella foto), presidente di Fedagromercati e dell’Associazione grossisti di Torino, nonché vicepresidente del consiglio di amministrazione del CAAT, aggiunge e precisa: “Fortunatamente il Mercato non è solo vivo e vegeto ma è forte e attivo, con una direzione e un management ridotti nel numero ma altamente professionali. Lo dimostrano gli oltre 5 milioni di quintali movimentati in un anno, le cento aziende grossiste presenti, i 270 produttori che conferiscono nell’apposita area, le migliaia di posti lavoro creati dalla struttura e dall’indotto. Non a caso il CAAT è il terzo mercato italiano. Gli stessi dati di bilancio dicono che il valore della produzione si è accresciuto rispetto al 2012 del 3,97%, che i costi operativi sono risultati praticamente invariati e che il margine operativo lordo risulta pari a un milione di euro. I debiti con le banche sono scesi del 21,7 per cento. Il trend quindi porta verso un affrancamento dalle due cause che incidono sui costi: gli ammortamenti e i costi (oltre 3 milioni l’anno) del mutuo acceso per la costruzione della struttura”.
Si poteva evitare l’abbattimento del capitale? “Sarebbe bastato – risponde Ottavio Guala – innalzare il costo della locazione delle aree commerciali senza tener conto che anche per le imprese insediate dentro la struttura la crisi economica si fa sentire. Oppure si poteva decidere di rendere meno servizi oppure, perché no, di non renderli affatto. Niente di tutto questo, CAAT ha fissato il costo al mq delle aree commerciali anche per i prossimi sei anni allo stesso valore fissato nel contratto di locazione precedente. Sarà solo la rivalutazione dell’indice ISTAT sul costo della vita a fare la differenza nel tempo. Quanto ai servizi, rimarranno gli stessi in qualità e quantità beneficiando, dove possibile, della riduzione di costi prodotta dalla migliore efficienza degli stessi”.
Dunque, quali prospettive per il futuro? “La fase di start up della struttura volge palesemente al termine. Il peso degli ammortamenti sta drasticamente calando e il Piano Industriale ci segnala che nel 2016 avremo una svolta quando cesserà l’ammortamento di impianti tecnologici enormi la cui fruibilità ed utilizzo continuerà nel tempo”, conclude il presidente Guala.