DI LENARDO, IN UNA LETTERA IL SUO TESTAMENTO MORALE

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Sabato 29 dicembre Padova si è stretta in Duomo alla famiglia dell’imprenditore Bruno Di Lenardo che si è ucciso dopo il rogo della sua azienda (leggi news). Durante la cerimonia funebre, il vescovo monsignor Pietro Lievore, riferendosi alla tragedia, ha detto: "Questo fatto sia un monito per l’Italia".

Poco dopo i funerali, la moglie di Di Lenardo, la signora Elisabetta, ha così ricordato il marito: "Lavorava moltissimo, andava in magazzino molto presto la mattina ed era l’ultimo ad uscire la sera. Ma nonostante questo leggeva i giornali, si teneva informato per vivere con consapevolezza il suo ruolo di imprenditore. Il suo motto era: Sempre avanti, mai indietro".

Elisabetta Di Lenardo ha consegnato alla stampa una lettera scritta circa un anno fa dall’imprenditore dell’ortofrutta e pubblicata il 4 agosto 2011 sul Corriere della Sera. Lo scritto è particolarmente significativo. Lo riportiamo integralmente.

"Caro Direttore come molti imprenditori della mia generazione (cinquantenni) sono molto preoccupato particolarmente per le generazioni future. La mia azienda ortofrutticola ha una tradizione di più di 135 anni e, ricordando i racconti di mio padre, di momenti bui nella storia aziendale e familiare ce ne sono stati parecchi ma lo spirito era del tutto diverso: c’era una voglia di lottare, una fiducia nel futuro, un rispetto sia dell’individuo sia della parola data. Parlando di aziende ritengo – ed è lo sfogo di gran parte degli imprenditori del famoso Nordest – che esse siano state abbandonate a se stesse, vera e propria carne da macello ormai ridotta all’osso. La ricetta per la nostra Azienda-Italia è difficile, ma qualche piccolo accorgimento si potrà incominciare a portare, ad esempio: portare i pagamenti nelle forniture, a iniziare dallo Stato, per legge a sessanta giorni, magari a trenta. Per truffe, concussioni e mazzette processi per direttissima con pena per i colpevoli immediata da dieci anni di carcere in su. Rapporti lavoratori-aziende più semplici, contributi a favore del lavoratore più incisivi in modo da rilanciare i consumi interni. Meno burocrazia nelle aziende: dico sempre ai miei collaboratori che siamo nell’era tecnologica e stampiamo più carta di quando non c’erano i computer! Fine degli sperperi statali con un organo di controllo e rispetto delle tempistiche. Tassazioni più leggere ma ferree per tutti. Ultimo, ma importante, il rispetto di ognuno. Questo è un sentimento calpestato e dimenticato da ognuno di noi, dai genitori che si intromettono nella scuola agli imprenditori che ritengono di aggirare le regole a proprio piacimento, ai lavoratori che fanno i furbi per lavorare meno, fino a noi stessi che non sappiamo più renderci disponibili per il prossimo perché riteniamo che siano tutti opportunisti o ladri. Bruno Di Lenardo".

L’imprenditore aveva lasciato dieci biglietti appoggiati sulla scrivania, prima di compiere l’estremo gesto. Su uno erano scritte poche parole: “Cari dipendenti, scusatemi”. L’incendio dell’azienda Di Lenardo sembra essere a tutti gli effetti accidentale – si sostiene alla questura di Padova – perché partito da un corto circuito. La filosofia aziendale della Di Lenardo era fortemente orientata verso la globalizzazione dei mercati con importazioni da tutti i principali Paesi del mondo, dall’America Latina al Sudafrica, Australia, Cina senza escludere l’Europa, con una clientela di dettaglianti, grossisti e della GDO.

La società, di origini friulane, era nata nel 1867. Agli inizi del Novecento contava su ben 16 filiali dislocate in alcune delle città più importanti d’Europa, quali Berlino, Praga, Vienna, Budapest e d’Italia, Trieste, Udine, Bolzano, Padova, Napoli e Catania. Oggi, oltre alla sede centrale di Padova, erano attive due filiali presenti nei mercati ortofrutticoli di Padova e Rimini. Per il momento non abbiamo notizie sulla ripresa dell’attività aziendale; cercheremo di fornirle nei prossimi giorni.

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