CONVEGNO CSO 1, CONSUMI: PER RILANCIARLI PUNTARE SU QUALITÀ E INNOVAZIONE

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Il dato è uno e inequivocabile: -139 kg di ortofrutta acquistata per il consumo domestico in 13 anni. È questo lo spunto da cui ha preso il via l’incontro organizzato dal CSO che si è tenuto nella mattinata di ieri a Bologna dal titolo “I consumi di frutta e verdura. Analisi ed idee per il rilancio”.

Dall’incontro, moderato dal Presidente del Centro Servizi Ortofrutticoli di Ferrara Paolo Bruni, è emerso senza dubbio che per realizzare concretamente un’inversione di tendenza è necessario puntare su qualità e innovazione di prodotto. Due valori fondamentali, la cui importanza è stata sottolineata anche da Elisa Macchi, Direttore del CSO, commentando l’analisi presentata. Macchi ha sottolineato come “la domanda di ortofrutta sia strettamente legata alla percezione del valore da parte del consumatore mentre il prezzo non si mostra una leva discriminante all’atto di acquisto”. A supporto di quanto detto si è evidenziata la crescita di alcune nicchie di mercato, come la IV gamma e il biologico, nonostante anche nel comparto tradizionale si riscontrano prodotti il cui andamento è in controtendenza rispetto al calo generale.

Si è parlato in particolare delle clementine, in crescita grazie alla facilità di consumo ad esse legato, e dei kiwi, che dal 2000 al 2013 hanno vissuto una fase di forte sviluppo. Un ulteriore esempio che riduce in parte il calo della domanda è dato dalla frutta estiva; forte dell’allungamento delle stagionalità delle singole produzioni e delle recenti innovazioni varietali (le albicocche ne sono un esempio) questa categoria frutticola sta realizzando buoni risultati.

Peggiore, invece, è il quadro che si è profilato per gli ortaggi: eccezion fatta per la IV gamma e per gli asparagi, la contrazione è pressoché generalizzata.

In termini di comportamento del consumatore si è registrata una riduzione del numero di atti di acquisto (da 195 nel 2000 a 176 nel 2013), con una maggiore preferenza per la grande distribuzione (la quota DM è passata dal 37 al 58%) a discapito della vendita nel canale del dettaglio ambulante (in calo del 17%).

“L’export non è più solo un’opportunità ma è ormai una necessità. Finché non se ne prenderà atto saremo sempre in difficoltà. Il nostro è un paese che invecchia, il calo dei consumi rappresenta dunque un problema strutturale; per superarlo bisogna internazionalizzare”. Sono queste le parole dell’europarlamentare Paolo De Castro, intervenuto al tavolo dei lavori. De Castro ha ricordato che in autunno in Europa saranno prese decisioni fondamentali per il comparto, come l’OCM ortofrutta e il nuovo regolamento sul biologico; l’Italia, ha ammonito, dovrà essere presente alle discussioni per partecipare attivamente e condizionare la formulazione delle proposte. Il "caso etossichina" deve essere da monito. “Il problema è tutto italiano – ha dichiarato l’europarlamentare – poiché l’Italia non ha chiesto la deroga come Spagna e Portogallo. È stata dunque una mancanza delle Istituzioni e delle diverse organizzazioni”.

Marco Pellizzoni di GFK Eurisko, dopo aver tracciato brevemente un quadro macroeconomico abbastanza complicato, segnato dalla contrazione del PIL, dall’inflazione ai minimi dal 2009, dall’aumento della disoccupazione e da un clima di fiducia in generale calo, ha profilato alcune opportunità da cogliere. “Gli italiani, a fronte della crisi reale e percepita, rallentano i consumi – spiega Pellizzoni – prestano una maggiore attenzione nella singola spesa, differenziando gli acquisti. Il comportamento del consumatore si è evoluto in base alla maggior importanza data ad alcuni valori rispetto che ad altri”.

Pellizzoni ha quindi riassunto tali cambiamenti in 5 punti che determinano le nuove “dinamiche del gusto”: una maggiore attenzione alla qualità; una maggior importanza per la condivisione dello stare a tavola (si mangia meno di fretta); un’aumentata consapevolezza dei benefici legati alla dieta (quella mediterranea in primis); una riscoperta delle tipicità regionali e una riduzione degli spuntini “fuori pasto”. A questi sono dunque legati nuove opportunità nel rapportarsi in modo attivo e consapevole all’offerta; nuove tipologie di relazioni (dal 2005 sono aumentati del 5% coloro che si basano sul passaparola); ricerche di un consumo esperenziale e sostenibile.

Chiara Brandi

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