COLDIRETTI/UECOOP RILANCIA IL ‘PICCOLO È BELLO”. ANCHE SUL FRONTE EXPORT. FUNZIONERA?

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Opportunamente Roberto Della Casa commenta criticamente il piano in cinque mosse che il ministro degli Esteri Emma Bonino ha presentato nelle scorse settimane alla cabina di regia del Governo per sostenere l’export nazionale, ‘cabina’ in cui siederanno pure i rappresentanti del mondo agricolo.

Occorre, come si dice, tenere alta la guardia perché qui tra contadini che ridiventano ‘fighi’, i dati sul boom dell’export agroalimentare (che brillano anche perché il resto dell’export va indietro), tv e giornali che esaltano il piccolo artigianato alimentare, c’è il rischio di una sbornia mediatica che ci fa perdere di vista lo stato dell’arte.

Insomma “piccolo” sta ridiventando “bello”? Bisogna fare molta attenzione perché anche gli esaltatori della nicchia come Oscar Farinetti quando fa business lo fanno in grande, come dimostra l’esperienza di Eataly. E i francesi portano in giro per il mondo le loro piccole delikatessen sulle spalle dei giganti come Carrefour o Auchan. E gli olandesi sono campioni di export grazie solo a organizzazione e logistica.

Giustamente Della Casa ricorda che sul fronte dell’export il “piccolo” non va da nessuna parte, senza dimensioni (magari attraverso partnership e alleanze) e organizzazione. Così come l’altissima qualità di nicchia è più un fattore turistico di attrattività che una risorsa pronta da esportare. Il tema di fondo è quello della rete di imprese. Riusciranno le nostre imprese, mediamente più piccole di quelle dei nostri concorrenti, a far rete tra di loro e puntare sull’export superando frammentazione, individualismi, competizione territoriale, campanili, ecc?

Vale per tutto l’agroalimentare e in specifico per l’ortofrutta. Il tema ormai è di stretta attualità anche perché si innesta sulla competizione/sfida in corso tra Coldiretti e la neonata centrale cooperativa UeCoop e il resto del mondo cooperativo riunito in Aci. UeCoop propone un nuovo modello di impresa – e di rete fra imprese – leggero, flessibile, basato non sulla massa critica e i prezzi bassi ma su tipicità e distintività territoriale. In sostanza su una rivisitazione del “piccolo è bello”, sulla rete efficiente che si sostituisce all’ossessione per la dimensione a tutti i costi.

E così per l’export non bisogna aggregarsi per costruire “masse critiche, indistinte, ma portare in giro le nostre eccellenze attraverso reti/piattaforme leggere” (parole del n.1 Coldiretti, Marini). Funzionerà questo nuovo modello per l’export? Riuscirà la Coldiretti con la sua forza organizzativa a mettere assieme attori e risorse pubbliche e private che finora hanno quasi sempre trasformato la presenza italiana a fiere e saloni internazionali in una armata Brancaleone anziché in un sistema paese? L’unica risposta possibile è aspettare i fatti concreti, valutare le iniziative che saranno messe in campo. Aldilà delle polemiche strumentali e della campagna acquisti che UeCoop ha lanciato sulle imprese di Confcooperative (ma non solo).

Lorenzo Frassoldati

direttore Corriere Ortofrutticolo

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