CIBUS: GDO ESTERA SEMPRE PIÙ INTERESSATA DALL’ALIMENTARE MADE IN ITALY

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Per aumentare l’export dei prodotti alimentari è prioritario il coinvolgimento della grande distribuzione estera: il messaggio arriva dal Cibus, la fiera sull’alimentare che si chiude oggi a Parma, dove è stato presentato il primo studio quali-quantitativo mai realizzato sulla presenza del food “Made in Italy” sugli scaffali dei supermercati di Europa, Stati Uniti ed Asia.

Una squadra di “osservatori” ha lavorato mesi per studiare e classificare l’esposizione dell’alimentare italiano nella Gdo estera; in sintesi, pur essendo penalizzati dall’assenza di insegne italiane, cresce esponenzialmente l’interesse da parte delle catene internazionali per l’offerta dell’industria italiana. “Cibus Global Award”, organizzato dal gruppo Food e Fiere di Parma, ha anche premiato le catene distributive estere che si sono distinte per parametri di valutazione che vanno dall’ampiezza dell’assortimento al numero di referenze a scaffale, dalle promozioni alle attività informative in-store (per effettuare le rilevazioni, il gruppo Food si è avvalso della collaborazione dei migliori esperti nei rispettivi mercati di riferimento: Retail Watch per il mercato europeo, Mra per quello americano, Btg group per quello asiatico). Per la Gdo in Europa, il primo classificato è la catena tedesca Edeka, per il vasto assortimento, per l’eccellente ordine e visibilità del prodotto italiano in scaffale, specie nelle merceologie dei salumi e dei formaggi (secondo e terzo classificato l’inglese Waitrose e la francese Carrefour); per la Gdo americana, il primo classificato è la catena Central Market, premiata per il grande coinvolgimento del consumatore nell’esperienza di acquisto del food italiano, con assaggi e corsi (secondo Whole Foods e terzo Kings/Balducci’s); per la Gdo asiatica (Cina, Corea e Giappone), il primo premio è andato alla catena giapponese Isetan, per la gran cura messa nelle promozioni del prodotto italiano come le settimane delle "Italian Fairs", seguita dalla cinese City Super e dalla giapponese Kinokunya.

Le osservazioni sulla Gdo europea hanno evidenziato che le industrie italiane dovrebbero privilegiare l’investimento sui prodotti a marchio commerciale delle varie catene, che stanno aumentando molto il livello qualitativo tanto da competere con i prodotti di marca, cercando però di evidenziare al massimo sulla confezione la tipicità italiana, accompagnandola possibilmente con informazioni sul prodotto. Negli Stati Uniti il problema è rappresentato dalla vastità del prodotto imitativo, tanto che sugli scaffali spesso convivono prodotti autentici italiani e prodotti falsi.

La domanda di prodotto italiano è crescente in tutto il paese, non limitandosi a New York ed alle grandi città, con una grande richiesta di pasta, sughi e formaggi. Ma il popolo dei “foodies”, il cui numero sale costantemente, reclama anche l’arrivo di insaccati, il prosciutto fresco in primis, penalizzato da una legislazione particolarmente protezionista. Le migliori catene puntano su assaggi, informazione e servizio particolare in corsia, cioè personale in grado di spiegare il prodotto ed aiutare il consumatore ad orientarsi.

Più complesso il discorso sulla Gdo asiatica, dove il prodotto italiano se non viene spiegato rischia di non essere venduto, con l’eccezione della pasta che è un prodotto dove l’italianità trionfa. Si vende bene anche l’olio, cui fa concorrenza l’olio spagnolo, e stanno conquistando spazi anche i formaggi ed i salumi. Esemplare l’esempio della Cina dove la presenza radicata di catene francesi ed inglesi favorisce il consumo dei prodotti di quei paesi. Anche in Asia la chiave è la formazione, quindi l’”illustrazione” del prodotto attraverso assaggi, degustazioni, corsi realizzati da personale qualificato.

Per quanto riguarda Cina (l’analisi si è limitata alle catene di Shangai) e Corea, il cibo italiano è acquistato solo dalle fasce alte della popolazione, attratte dal lifestyle italiano, mentre in Giappone, dove la cucina europea è molto conosciuta da anni, tutti i prodotti italiani hanno grandi potenzialità di penetrazione, anche quelli biologici.

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