Sta per partire la raccolta delle pesche e delle nettarine in Romagna. Marco Casalini (nella foto), frutticoltore, presidente di Terremerse, grande realtà cooperativa con sede a Bagnacavallo (Ravenna), attiva nell’ortofrutta (attraverso l’Op Pempa-Corer) oltre che nelle agroforniture, cereali e carni, è cautamente ottimista per la stagione.
“Le quantità quest’anno sono complessivamente stabili rispetto al 2011. I prezzi – commenta Casalini – sono partiti bene col prodotto del Sud che ha quotato 20 centesimi in più dell’anno scorso su tutti i calibri. Ci ha avvantaggiato il deficit produttivo delle aree più precoci della Spagna. Poi non si son verificate le sovrapposizioni di raccolta del 2011: il calendario di maturazione fra le diverse aree produttive italiane si mostra più in linea con le epoche normali di raccolta in confronto con lo scorso anno, evitando così di ritrovarci tutti con i magazzini pieni di prodotto negli stessi giorni”.
Altro (cauto) ottimismo viene dall’ondata di caldo in corso che dovrebbe far schizzare i consumi di frutta fresca e le stime sulla produzione del Nord Italia che viene data in calo del 5% per le pesche e del 4% per le nettarine. “L’anno scorso fu un bagno di sangue, quest’anno le prospettive sono migliori. Certo restano due problemi di fondo: incentivare i consumi, facendo capire al consumatore che pesche e nettarine sono ideali per la stagione calda, garantite, sicure e convenienti. E poi il problema dei problemi: la poca valorizzazione del prodotto, nonostante il bollino Igp”. Pesche commodity indistinta, troppo anonime? “Certamente: tutto il sistema ortofrutta sta lavorando per il rilancio della pera. Anche per pesche/nettarine bisogna – nonostante le difficoltà e le oggettive differenze con le pere – mettersi sulla strada di una Interprofessione funzionale ed efficiente, che sia in grado di controllare effettivamente l’immissione del prodotto sul mercato. Non è possibile che pochi punti percentuali in più di produzione facciano crollare i prezzi anche più del 50 per cento. Servono: più distintività, far capire al consumatore le qualità del frutto che sta mangiando, e un reale controllo dell’offerta, che significa tenere le produzioni in linea col mercato, magari un po’ sotto. Ai nostri soci non ci stanchiamo di ripetere: meno rese, più qualità. Stop ai 400 quintali per ettaro; il calibro C – quello che fa crollare i prezzi – deve scomparire dal mercato; concentriamoci solo sui calibri medio-alti e i bilanci aziendali ne guadagneranno sicuramente”.
Lorenzo Frassoldati
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