BISCEGLIE (PUGLIA), L’UVA “BARESANA” RISCHIA DI SCOMPARIRE

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Vendemmia in pieno vigore in Puglia. Alla produzione dell’uva da tavola è legata non solo parte dell’economia di Bisceglie ma una pagina importante della storia dell’agricoltura italiana. In particolare, da oltre un secolo, il nome di Bisceglie viaggia in tandem con quintali di varietà d’uva precoce e dagli acini duri (quindi resistenti ai lunghi viaggi) e di piccola dimensione nota come "Baresana", annoverata anche nell’enciclopedia Treccani.

L’uva "Baresana" è nata a Bisceglie ma rischia di estinguersi, in quanto nei decenni la sua coltivazione è in diminuzione. Con decreto ministeriale del 5 giugno 2009 la sua tipicità fu iscritta nell’Atlante dei prodotti tradizionali Italiani, su iniziativa dell’Associazione produttori di Adelfia e dal Centro Ricerche "Basile Caramia" di Locorotondo.

La storia della "Baresana" di Bisceglie (detta anche uva Turchesca) ha radici lontane, con il via vai di treni merce carichi, che ora non partono più. Nel settembre 1909 le cronache dell’epoca riferirono che risultava la varietà meglio quotata, dalle 25 alle 30 lire al quintale. Nello stesso anno però fu evidenziato che l’esportazione si inceppò per la mancanza di carri ferroviari dalla stazione di Bisceglie, dove si accentrava tutto il commercio delle uve da tavola della Provincia di Bari. Molto attivo nell’esportazione di uva "Baresana" (e del "Somarello rosa"), quotata in media 130 lire al quintale, risultava il mercato di Bisceglie nel settembre 1924. Ma i produttori locali lottavano per le non poche penalizzazioni.

Infatti il 19 novembre 1929, in un convegno a Barletta, l’illustre prof. Gaetano Briganti, ordinario di arboricoltura nel Regio Istituto Agrario di Portici, incitò gli agricoltori a protestare contro il trattato stipulato con la Germania, perché il trattamento di favore per il dazio di importazione si applicava dal 1° agosto, quando ormai la raccolta dell’uva a Bisceglie volgeva alla fine. In passato l’uva Baresana veniva anche lasciata essiccare sulla pianta per poi essere raccolta e cotta per ricavare il vincotto poi utilizzato per preparare la «colva», il dolce del giorno dei defunti o per guarnire i dolci natalizi.

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