La crisi delle angurie non ha fine. "Sono malpagate e non le raccogliamo". I produttori di cocomeri del barese non ci stanno. I 10 centesimi al chilo non ripagano delle spese sostenute per la produzione e la raccolta, meglio dunque fresarle (cioè schiacciarle) con i trattori, perché le angurie che non finiscono sulla tavola sono un buon fertilizzante per il terreno.
L’Sos angurie, come spiega La Gazzetta del Mezzogiorno, ha come epicentro le campagne di Mola, Polignano, Conversano e Monopoli. Qui si produce l’80% dei 500 ettari di angurie della provincia di Bari. Poco meno di un quinto (tra i 60 e gli 80 ettari) dei campi di angurie sono rimasti incolti. Tre le cause: la grandinata dell’8 giugno che ha distrutto decine di ettari soprattutto nella zona Polignano, Mola, Conversano, Turi, Sammichele, Casamassima e Adelfia; il maltempo nel centro e nord Europa che ha bloccato le esportazioni soprattutto in Germania, Belgio, Olanda, Danimarca e Regno Unito; l’importazione selvaggia dalla Grecia.
Dalle campagne del sud est barese si apre così l’ennesimo capitolo di una crisi agricola senza fine. Nella crisi generale dell’ortofrutta è finito anche il prodotto "simbolo" dell’estate: l’anguria. Non solo albicocche e susine, cetrioli e melanzane, pesche, percoche e uva da tavola: il crollo ha investito in pieno pure l’anguria barese, travolta anch’essa da un mercato avaro, condizionato dagli effetti dell’importazione selvaggia di prodotto dai paesi del Mediterraneo, in particolare dalla Grecia.
La conseguenza più immediata è stato un calo complessivo dei prezzi superiore al 25% al consumatore, ma con punte del 70% al produttore: "Dagli iniziali 20 centesimi al chilo pagati a giugno – dice Dino Lamanna, dell’azienda agricola Annalisa di Polignano a Mare, con 100 ettari la più importante produttrice di angurie della pregiata qualità “mini rossa” in provincia di Bari – si è passati ai 10, agli 8, fino a raggiungere anche i 4 centesimi".
In questo momento l’anguria dovrebbe essere raccolta e venduta senza sosta, vista la propensione dei consumatori ad acquistare questo prodotto nei periodi di maggior caldo. "E invece – spiega Pietro Santamaria, della facoltà di agraria dell’Università di Bari, impegnato nella sperimentazione di nuove cultivar di angurie – non si riesce a collocarla a un prezzo remunerativo per i produttori". Per dare voce ai produttori, il professore ha sfilato alla recente manifestazione sulla raccolta differenziata, svoltasi a Conversano, spingendo il carrello di un supermercato contenente 30 chili di angurie di Mola, con un cartello che sintetizza in modo chiaro la situazione: 0,10 centesimi al chilo al produttore, 12,50 centesimi al chilo in discarica.
"Non riuscendo a collocare le angurie su un mercato che offre ai produttori – dice ancora – prezzi inferiori ai costi di produzione e raccolta, che in questo periodo non superano i 10 centesimi al chilo, gli agricoltori avvertono l’esigenza di smaltire la merce rimasta invenduta in discarica. Con la beffa che le spese per trasporto e smaltimento, escluse quelle di raccolta, sono di 12,50 centesimi al chilo, dunque superiori. Una beffa. Le aziende agricole sono alle strette e per liberarsi delle angurie hanno così deciso di farle seccare e di schiacciarle sotto le ruote dei trattori. Almeno così risparmiano sul fertilizzante e preparano il terreno per la campagna autunnale delle verdure". Anche se una buona idea potrebbe essere quella di consegnare un quantitativo di angurie alla Caritas, per distribuirlo alle famiglie in difficoltà.