AVANTI TUTTA CON IL PROGETTO UNAPERA, NASI: “AZIENDE UNITE PER ALZARE E GARANTIRE LA QUALITÀ”

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Con una perdita prudenziale stimata del 7% delle superfici a causa delle difficili campagne degli ultimi anni, l’Abate Fetel rimane sempre una varietà tipica italiana di pera sul cui rilancio punta il progetto di Unapera.

Sotto l’ombrello della Newco nata circa un anno fa, che ne riunisce i principali produttori, si lavora per innalzare l’asticella della qualità e standardizzarla e per accelerare sulla ricerca e l’innovazione in campo non solo al fine di implementare le tecniche agronomiche ma anche per cercare nuove cultivar con cui diversificare l’offerta pericola dell’Italia, uno dei principali player europei di settore.

Giampaolo Nasi

Abbiamo fatto il punto della situazione, a Fruit Logistica, con Giampaolo Nasi, coordinatore commerciale di Unapera e direttore generale di Fruit Modena Group che abbiamo incontrato a Berlino nello stand di Opera.

– Come sta procedendo questa neonata aggregazione?

“Assolutamente bene – afferma Nasi -. Il gruppo è coeso e questo è importante. Anche perché insieme rappresentiamo una quota significativa della produzione dell’Emilia Romagna che può fregiarsi dell’IGP. Con questo livello aggregativo, riusciamo finalmente a fare strategia su questo prodotto che negli ultimi anni sta incontrando tante difficoltà”.

– Quali sono i principali obiettivi a cui state lavorando?

“È chiaro che uno degli obiettivi principali di Unapera è quello di provare a trovare le soluzioni e le sinergie necessarie, lavorando insieme. Queste soluzioni devono arrivare a portare al miglioramento della qualità per il consumatore e questo deve avvenire attraverso degli accordi con la distribuzione e con i mercati”.

– Che tipo di accordi?

“Che portino all’obiettivo finale di elevare la qualità e ad aumentare la possibilità di reddito per i nostri produttori”.

– Si riferisce ad uno standard comune produttivo comune a tutti i soci che venga riconosciuto dalla GDO?

“È una proposta sul tavolo di Unapera alla quale dovremo lavorare. Siamo tante aziende e dobbiamo necessariamente trovare degli standard di qualità comuni che possano garantire al consumatore finale di trovare un prodotto sempre buono, sempre uguale su tutte le varietà, per tutto l’anno. E l’IGP dell’Emilia Romagna è un’ottima base di partenza. Questo, poi, si traduce anche in una garanzia per i nostri clienti, ossia la grande distribuzione, di un prodotto standard con cui riescono ad evitare di dovere ricorrere a diversi fornitori per trovare la qualità migliore”.

– L’innalzamento dell’asticella della qualità significa anche che interverrete anche con investimenti sulle linee di processo? C’è un piano industriale per lo sviluppo di questi obiettivi?

“Ancora no. In realtà per aumentare la qualità noi partiamo dal campo, quindi dalla ricerca di tecniche agronomiche innovative, dalla risoluzione dei problemi agronomici che abbiamo. Chiaramente avendo sempre bene in mentre l’impatto ambientale al fine di creare produzioni sostenibile. In più, per noi elevare la qualità al consumo vuol dire cercare di trovare uno standard che il consumatore riesca a percepire”.

– Cioè?

“Un prodotto con determinati gradi Brix, con una maturazione standardizzata anche al fine di evitare di trovarci sugli scaffali prodotti o troppo acerbi o troppo maturi. Questo non va bene perché disorienta il consumatore”.

– Non vedo Abate Fetel tra gli scaffali dello stand. Che ne sarà di questa coltura tipica emiliano-romagnola?

“In questo momento non ne vede perché la stagione passata, con le gelate, è stata molto penalizzata ed ha registrato una perdita dei volumi di circa il 60% di media. Ma l’Abate è, e resta, la varietà principale prodotta sul nostro territorio anche se, negli ultimi anni, ha incontrato qualche difficoltà produttiva. In questo senso, la ricerca  si sta dando da fare. Ci sono tanti progetti di innovazione che sono partiti e che puntano alla risoluzione dei problemi attuali”.

– Ci sono anche ricerche di miglioramento varietale?

“Più che altro ricerche tecniche per coltivare meglio tutte le varietà che abbiamo, inclusa l’Abate fetel”.

– Questa cultivar rappresenterà sempre la maggior parte della produzione pericola italiana oppure si ridurrà la quota di mercato dell’Abate a vantaggio di altre varietà di pera che magari state sviluppando?

“L’obiettivo è comunque evidenziare che l’Abate Fetel è una varietà tutta italiana. È prodotta, praticamente quasi in esclusiva, nel nostro Paese e questo è sicuramente un vantaggio enorme che dobbiamo salvaguardare. Per cui stiamo lavorando anche per cercare di preservare gli ettari coltivati”.

– Anche a parità di ettari però le rese sono calate…

“Si, per tutti i problemi di malattie e avversità meteorologiche a cui siamo andati incontro. Per questo, abbiamo progetti anche di innovazione varietale che andranno ad affiancare le produzioni esistenti. Come è stato fatto con la pera Falstaff che è già sul mercato. Uno degli obiettivi, infatti, è diversificare l’offerta”.

– Questa edizione di Fruit Logistica è la prima in cui vi presentate congiunti sotto l’ombrello di Unapera. Stante l’importanza di questa fiera che è strategica per tutto il mercato europeo, perché non avete fatto uno stand unico, se non di marchio, di prodotto?

“Per quest’anno abbiamo ritenuto di non presentarci con uno stand unico anche perché siamo in una fase finale della stagione. Siamo arrivati a Berlino esattamente come facevamo gli altri anni, con gli stand di tutti i soci di Unapera ma con una grande differenza: l’obiettivo di lavorare insieme. Questo è già stato percepito molto in Italia e si comincia a percepire anche all’estero. Ci fa molto piacere perché significa che si è capito lo spirito con il quale abbiano costituito questa Newco e quale è lo spirito e la volontà che stanno muovendo i suoi soci nel quadro di questa iniziativa”.

– A quando la prima collettiva di prodotto?

“La faremo. Tenga presente che siamo partiti meno di un anno fa con il nostro progetto. Abbiamo dovuto superare delle difficoltà nel creare un’azienda ex novo e ci siamo dovuti confrontare con una realtà molto frammentata. Penso che gli aspetti legati all’immagine di questo nuovo soggetto saranno presi in considerazione con la prossima campagna”.

– Si registrano dissapori sul tavolo di Unapera, magari legati alle divergenze originali che poi sono state superate a causa delle gravi difficoltà del comparto? Come dire: di necessità virtù?

“Come è chiaro, in questi progetti le cose non sono mai così semplici. Onestamente devo dire che tutti ci siamo riconosciuti in questo progetto e anche i più scettici, a distanza di alcuni mesi, hanno capito che questa può essere la strada della svolta nel nostro settore. Quindi c’è un grandissimo entusiasmo e una gran voglia di lavorare insieme perché si è capito che, anche se è difficile, solo così possiamo portare avanti progetti che altrimenti non riusciremmo a sviluppare”.

– Previsioni per la prossima campagna?

“Siamo in piena fioritura che, tra l’altro, quest’anno, è straordinaria. Tutto ci fa pensare che andremo incontro ad un’ottima campagna. Non dico con dati record ma, quantomeno, di ritorno alla normalità”.

– A causa delle ultime campagne particolarmente difficili, quanti ettari sono stati espiantati in base ad una stima prudenziale?

“Ci sono differenze da provincia a provincia, ma facendo una stima di media prudenziale, direi il 7-8%. Tuttavia, con questo progetto di sistema, che coinvolge dal campo al marketing per generare valore, nel giro di qualche anno potremmo tornare ad invertire la tendenza. È  quello che ci auguriamo”.

Mariangela Latella

 

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