Dopo due anni di pandemia, il comparto ortofrutticolo italiano ed europeo è alle prese con uno scenario alquanto preoccupante: all’aumento dei costi di produzione e alle difficoltà crescenti nel riuscire a trovare imballaggi di cartone e di vetro, si aggiungono ora le conseguenze del conflitto in Ucraina.
L’aumento dei costi lungo tutta la filiera è ad oggi stimato al 20%: gli incrementi riguardano sia la fase agricola che quella di lavorazione, trasformazione e commercializzazione. Sono aumentati i prezzi dei fertilizzanti, delle sementi, dei prodotti fitosanitari, degli imballaggi di cartone/plastica, e ancora quelli di logistica, trasporti, certificazioni e servizi. Questo lo scenario del comparto tracciato dal coordinatore Ortofrutticolo di Alleanza Cooperative Agroalimentari Davide Vernocchi (nella foto, a sinistra, a fianco di Paolo Bruni del CSO Italy) a margine dell’inaugurazione oggi a Berlino della Fruitlogistica, la fiera internazionale più importante del settore.
A una situazione già difficile si vanno ora ad aggiungere i problemi connessi all’instabilità del rublo e alla chiusura dei mercati dell’Est Europa.
In Russia, come è noto, la UE non esporta più nulla dal 2014, anno dell’embargo e le esportazioni ortofrutticole europee dirette in Ucraina e Bielorussia hanno volumi contenuti.
La Bielorussia, tuttavia, importa mele polacche che vengono poi immesse nel mercato russo (sono state 230.000 ton nel 2019 e 130.000 nel 2020). Anche le mele provenienti dalla Moldavia (circa 200.000 ton.) e dalla Serbia (circa 120.000 ton.) venivano regolarmente esportate in Russia. “Con lo scoppio del conflitto – spiega Vernocchi – tutti questi quantitativi di mele polacche, moldave e serbe stanno cercando spazio in Europa. Ciò che preoccupa quindi è l’impatto dei nuovi flussi commerciali che si determineranno a livello mondiale, con rischi di eccessi di offerta per le principali produzioni e di un abbassamento drammatico dei prezzi”.
Tra i prodotti ortofrutticoli che si stanno riversando sul mercato europeo ci sono anche le pere, che già avevano subito quest’anno in Italia un drastico calo del raccolto del 60% e che ora sono interessate da una riduzione di 20-25 cent/chilo delle quotazioni. Anche le mele sono alle prese con difficoltà crescenti, legate sia all’abbassamento dei prezzi per il prodotto standard sia al mantenimento degli attuali canali di esportazione, ad esempio per le spedizioni del prodotto in Egitto, mercato che per le politiche monetarie del Paese è praticamente chiuso dalla scorsa settimana per il sostanziale blocco del rilascio di lettere di credito dalla Banca centrale.
Secondo il Coordinatore Vernocchi sono necessarie da un lato “misure per ridurre i costi della logistica, dall’altro il ripristino di misure di ritiro straordinario per la distribuzione agli indigenti di prodotti destinati sia al consumo fresco che alla trasformazione industriale, dando priorità alle mele”.
Le difficoltà attuali riscontrate dalle imprese nel trovare nuovi sbocchi commerciali alle loro produzioni rende inoltre sempre più impellente “riuscire a superare i problemi che rallentano fortemente l’apertura di nuovi mercati extra UE, che purtroppo resta vincolata all’approvazione o revisione di protocolli fitosanitari che risentono di tempi di negoziato ancor più inaccettabili nel nuovo contesto”.
Vernocchi auspica infine “un intervento specifico da parte della Commissione UE, sia per definire deroghe transitorie che consentano alle OP una maggiore flessibilità di gestione dei programmi operativi per riadattare i loro piani con interventi coerenti e congrui per fronteggiare la crisi, sia per rendere pienamente attuabile la distribuzione gratuita di ortofrutta trasformata alle Organizzazioni caritative, anche attraverso un loro coordinamento europeo”.