ASSEMBLEA ITALIA ORTOFRUTTA, “LAVORO TEMA CRUCIALE PER ESSERE COMPETITIVI”

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L’ortofrutta italiana, con le sole attività di coltivazione in campagna, coinvolge intorno alle 500 mila unità lavorative. Si tratta di un settore che, pur tra le difficoltà, è riuscito a fornire risposte lavorative anche in aree del Paese in cui non sono presenti altre opportunità di lavoro. A fronte di ciò, non corrisponde una marginalità adeguata alle aziende di produzione. Tutt’altro. Il limitato differenziale tra i costi di produzione ed i prezzi di mercato pone problemi a volte persino drammatici e impone una riflessione sulla competitività sia presente che futura affinché si possa inaugurare una nuova stagione, con l’aiuto indispensabile delle istituzioni, che ridia valore al prodotto ortofrutticolo italiano, a partire dal mercato interno e dalla consapevolezza del consumatore nazionale.

Da sinistra, Vincenzo Falconi e Gennaro Velardo, direttore e presidente di Italia Ortofrutta

È uno dei messaggi forti partiti dall’assemblea annuale di Italia Ortofrutta Unione Nazionale, svoltasi a FICO Eataly World di Bologna venerdì 31 maggio, accompagnata da un convegno sul “Fattore lavoro come elemento di competitività del settore” con il sottotitolo “Prezzo equo per l’agricoltore, valore etico per il consumatore”. Il convegno, dopo il saluto del presidente dell’Unione, Gennaro Velardo, ha visto gli interventi di Vincenzo Falconi, direttore di Italia Ortofrutta, e di Ersilia Di Tullio, senior project manager di Nomisma. Sono state presentate due case history: quella dell’OP Terre della Luce, con l’intervento del direttore Alberto De Vincenzis, e quella di Jingold, con il presidente Patrizio Neri.

Il sottosegretario Alessandra Pesce

E’ intervenuta a questo punto Alessandra Pesce, sottosegretario alle Politiche Agricole, che ha puntualizzato la posizione del Ministero su quella vasta ‘area grigia’ che è border line tra il caporalato ‘criminale’ e le aziende agricole virtuose. Il Ministero metterà a punto un piano triennale per incentivare il maggior numero di aziende a recuperare un rapporto corretto con i lavoratori, anche attraverso una semplificazione delle procedure burocratiche. Il tavolo ministeriale sul caporalato si riunirà il prossimo 5 giugno. La Pesce, infine, ha sottolineato l’importanza della formazione della manodopera, premessa indispensabile per un settore più competitivo.

È seguita una tavola rotonda con la partecipazione di Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, Gianluca Lelli, capoarea economia di Coldiretti, Cristiano Fini, presidente CIA Emilia Romagna, e Gianmarco Guernelli, responsabile acquisti ortofrutta di Conad. Le conclusioni sono state tratte da Simona Caselli, assessore all’Agricoltura dell’Emilia Romagna che, tra l’altro, ha ricordato le buone pratiche in atto nella sua regione a partire dalla crescita della Rete del lavoro agricolo di qualità.

“Abbiamo affrontato un tema scottante – afferma Gennaro Velardo, presidente di Italia Ortofrutta – perché quello del fattore lavoro è oggi uno dei principali problemi con cui le imprese ortofrutticole quotidianamente sono chiamate a confrontarsi, un problema che ha mille sfaccettature, non solo economiche e che non si presta certo a soluzioni facili. Abbiamo dei costi impliciti ed espliciti in crescendo ed anche superiori rispetto a quelli che in altri Paesi nostri competitor le imprese ortofrutticole sostengono per il reclutamento dei lavoratori ma questo è soltanto uno dei problemi e probabilmente neppure il principale: ciò a cui assistiamo, soprattutto nelle aree ad elevato livello di specializzazione ortofrutticola, è la crescente difficoltà di reperimento di manodopera anche extracomunitaria nei momenti dei picchi di lavoro stagionale, una difficoltà non soltanto quantitativa ma anche qualitativa, vale a dire di una manodopera qualificata e formata”.

“Alle istituzioni – sottolinea Gennaro Velardo – chiediamo di prendere piena coscienza di questo problema che attanaglia le nostre imprese e di mettere in atto una reale semplificazione, uno sgravio burocratico nella gestione della manodopera e di quella stagionale in particolare, favorendo i percorsi di reclutamento e di formazione. Alle istituzioni chiediamo inoltre una norma che consenta di dare visibilità alla produzione. Oggi sui punti vendita non appare il nome del produttore o il nome della Organizzazioni dei Produttori: siamo invisibili. E allora, come facciamo a valorizzare qualcosa che non si vede?”

“Da una analisi metodologicamente corretta – spiega da parte sua il direttore di Italia Ortofrutta Vincenzo Falconi – facilmente rileviamo che i prezzi di mercato non coprono i costi di produzione. Il settore ortofrutticolo è confinato in una forbice troppo stretta formata dai costi di produzione, certi e in aumento – molti dei quali incomprimibili come il lavoro -, ed il prezzo di mercato. L’apprezzamento commerciale che ottengono le nostre produzioni al netto dei costi non solo non è in grado di remunerare il costo del lavoro, ma ostacola gli investimenti in ricerca, sviluppo ed innovazione che sono alla base della competitività futura. È necessario quindi impostare scelte strategiche che intervengano per restituire valore e competitività. Dobbiamo trasmettere ai consumatori il valore del prodotto e far comprendere che il benchmark dell’ortofrutta italiana non può essere il costo di produzione di un Paese extra europeo perché ci sarà sempre un Sud del mondo che riesce a produrre a costi inferiori”.

Dall’analisi di Nomisma è uscita la conferma di un settore ‘labour intensive’, con un valore della produzione 2018 superiore ai 13 miliardi e mezzo di euro, con una incidenza del 26% sul totale dell’agricoltura italiana, con oltre 230 mila aziende produttrici di frutta e poco più di 110 mila aziende orticole, su un’estensione totale di 893 mila ettari pari al 7% della SAU nazionale. Il costo del personale è l’elemento che maggiormente incide sul valore aggiunto delle aziende ortofrutticole italiane. Nel triennio 2015-17 – ha calcolato Nomisma – il costo del personale ha inciso per il 59% sul valore aggiunto dell’attività contro un’incidenza del 50% nel settore vinicolo. Nello stesso triennio il costo del personale ha registrato una crescita più forte del trend di crescita dei ricavi e del trend dello stesso valore aggiunto. Ciò pone serissime difficoltà, anche nei confronti della concorrenza internazionale: con la Spagna, primo competitor europeo e primo Paese esportatore di ortofrutta verso l’Italia, che paga un salario medio orario a chi lavora in campagna pari a circa la metà del salario pagato in Italia mentre lo stesso valore in Marocco è inferiore di dieci volte a quello italiano.

Date queste premesse, appare ancora più chiaro come gestire le regole in modo virtuoso e poi accettare le politiche del ‘sottocosto’ imposte periodicamente dal mercato ponga le aziende di settore in serissime difficoltà. Anche per questo, porre il tema del lavoro al centro dell’attenzione della filiera ortofrutticola e di tutti i suoi interlocutori, a partire da quelli istituzionali, è stato quanto mai appropriato da parte di Italia Ortofrutta.

All’Unione, riconosciuta dal MIPAAFT ai sensi della legge 674/78 sull’associazionismo agricolo e del decreto legislativo102/2005 sulla regolazione dei mercati, attualmente aderiscono 132 Organizzazioni di Produttori ortofrutticoli (OP), strutture societarie ed imprenditoriali che aggregano produttori ortofrutticoli in possesso di requisiti fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, alle quali le Regioni hanno concesso il riconoscimento ai sensi del Regolamento UE 1308/2013. Le OP associate a Italia Ortofrutta sono dislocate sull’intero territorio nazionale, sono dedite alla produzione e commercializzazione di tutte le eccellenze ortofrutticole del made in Italy con un volume annuo di circa 4 milioni di tonnellate di produzione che sviluppa un valore superiore a 1,9 milardi di euro; rappresentano circa il 20% della produzione ortofrutticola nazionale e il 43% del totale delle OP riconosciute in Italia. Questo “sistema” coinvolge 15.773  produttori associati che coltivano a ortofrutta poco meno di 100 mila ettari.

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