ARTICOLO 62 VERSO L’ABROGAZIONE?

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Colpo di scena nel settore: l’articolo 62, entrato in vigore lo scorso ottobre, rischia di scomparire. Secondo il ministero dello Sviluppo economico, infatti, "la disciplina in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali afferenti alla cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, di cui all’art. 62", deve ritenersi "tacitamente abrogata".

Un taglio dovuto, secondo il ministero, al recepimento della nuova direttiva Ue sui pagamenti.

La questione è nata dopo un "quesito giuridico" lanciato da Confindustria per mano del Direttore Generale, Marcella Panucci (nella foto) che ha scritto al Capo Gabinetto del Ministro Corrado Passera, Mario Torsello.

 

Qui sotto riportiamo il testo della richiesta di Confindustria e della risposta del ministero dello Sviluppo economico

 

L’Ufficio legislativo del Ministero dello sviluppo economico ha risposto al quesito giuridico posto da Confindustria e relativo all’eventuale superamento della disposizione concernente i termini di pagamento nelle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, di cui all’articolo 62 del decreto-legge n. 1 del 2012.

In particolare, la risposta (nota n. 5401 del 26 marzo 2013) ritiene che, in applicazione del generale criterio della successione delle leggi nel tempo e del criterio di prevalenza del diritto europeo su norme nazionali incompatibili, la disciplina in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali afferenti alla cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, di cui al citato art. 62, sia stata tacitamente abrogata da quella successiva più generale, di derivazione europea, introdotta dal decreto legislativo n. 192 del 2012 di attuazione della direttiva 2011/7/UE in materia di ritardi di pagamento in tutte le transazioni commerciali.

 

 

La risposta del Ministero dello Sviluppo Economico al quesito di Confindustria

 

Al riguardo, acquisite le concordanti osservazioni  del competente Dipartimento di questo Ministero, si fa presente quanto segue:

la disposizione dell’articolo 62, entrata in vigore il 24 ottobre u.s., nel dettare una disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, prevede al comma 3, termini di pagamento del corrispettivo, rispettivamente entro il termine legale di trenta giorni per le merci deteriorabili e di sessanta giorni per tutte le altre merci. Lo stesso comma stabilisce, altresì, la decorrenza degli interessi dal giorno  successivo  alla scadenza del termine, con maggiorazione di ulteriori due punti percentuali;

inoltre, l’articolo 62, rispettivamente ai commi 7 e 8, stabilisce un sistema di sanzioni amministrative e pecuniarie per la violazione da parte del debitore dei termini di pagamento stabiliti al comma 3 e affida all’Autorità Garante per la Concorrenza ed il mercato la vigilanza sull’applicazione della disciplina e l’irrogazione delle relative sanzioni; con successivo decreto del 19 ottobre 2012, n. 199, del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, si è data attuazione al citato aticolo 62, disciplinando, per quanto concerne i termini di pagamento, le modalità di emissione della fattura e i criteri di determinazione della data di ricevimento della fattura, ai fini del calcolo degli interessi dovuti dal debitore in caso di ritardo di pagamento; anche l’Autorità Garante per la concorrenza e il mercato è intervenuta in materia disciplinando con uno specifico regolamento le procedure istruttorie di competenza;

con il successivo decreto legislativo 9 novembre 2012,  n.  192, di  attuazione della direttiva 2011/7/UE in materia di lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, è stata introdotta, attraverso una  modifica  del precedente decreto legislativo in materia (decreto legislativo 9 ottobre 2002, n.231 ), ed in anticipo rispetto al termine di recepimento fissato dalla medesima direttiva (16 marzo 2013), una più organica disciplina di contrasto ai ritardi nei pagamenti che riguarda, in generale, tutti i contratti a far data dal l gennaio 2013 ed è più stringente rispetto alla precedente disciplina di cui al citato decreto legislativo n. 231/2002 e, al contrario della precedente disciplina, non più compatibile con le previsioni di cui all’articolo 62;

la normativa da ultimo intervenuta ha, dunque, in linea con quanto previsto dalle nonne europee, dettato una disciplina generale in materia  di  termini  di pagamento per tutte le transazioni commerciali, operando, inoltre, diversamente dal passato,  una chiara distinzione, rispettivamente, per i contratti tra imprese e per quelli tra  imprese e pubbliche  amministrazioni; il termine di pagamento, dal quale decorrono gli  interessi  moratori,  è  stato fissato di regola in 30 giorni sia tra imprese, sia tra pubblica amministrazione e imprese ma, mentre il termine di pagamento  tra  privati  e  Pubblica Amministrazione non può essere comunque  superiore  a  sessanta  giorni, nemmeno nei casi specifici  considerati  come  possibile  deroga  alla  regola generale, il termine di pagamento tra  imprese  può  essere  facoltativamente derogato dalle parti che possono portarlo a 60 giorni o  anche  superare  i  60 giorni,   se  ciò  è  pattuito   espressamente   e  non  è  gravemente   iniquo   per   il consumatore; la disciplina de qua, recependo fedelmente le previsioni della citata direttiva europea, inoltre, ha espressamente ed analiticamente disciplinato i residui aspetti relativi alle conseguenze delle eventuali deroghe pattizie e dell’eventuale ritardo di pagamento, e, a tal fine, ha inoltre innalzato il tasso degli interessi legali di mora, ha previsto la corresponsione di una somma forfettaria di 40 euro, volta a rimborsare i costi amministrativi ed interni di recupero del credito, che  si cumula agli interessi di mora, ed ha previsto la nullità,  se gravemente inique,

delle clausole relative al termine di pagamento,  al saggio degli  interessi  muratori e al risarcimento dei costi di recupero, considerando ex lege gravemente inique, senza ammettere prova contraria, le clausole che  escludono  il  diritto  al pagamento degli interessi di mora e quelle relative alla data di ricevimento della fattura e presumendo, invece, gravemente inique quelle che escludono il risarcimento dei costi di recupero;

al contrario, l’articolo 62, di  esclusiva matrice nazionale, s’inquadrava nella previgente disciplina, anch’essa di derivazione europea, che giustificava termini più lunghi di pagamento (60 giomi) per talune categorie di  contratti,  quale poteva essere il caso dei prodotti alimentari deteriorabili; la  nuova direttiva europea ha, invece, eliminato tale previsione e, inoltre, nella riscrittura dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 231/2002, operata con il decreto legislativo n. 192/2012,  non è stata, comunque, riproposta la definizione di “prodotti alimentari deteriorabili”,  né è stata fatta esplicitamente salva la disciplina diversa prevista dall’articolo 62 per tale tipo di prodotti;

non sembra, quindi, che possa trovare spazio una disciplina derogatoria  per talune tipologie di transazioni commerciali, dovendosi applicare la disciplina europea di cui alla direttiva 2011/7/UE anche per le transazioni commerciali per i prodotti agricoli e agroalimentari che deve necessariamente prevalere sulle difformi e incompatibili previsioni nazionali;

in altri termini, la recente normativa nazionale, di fedele  traspostztonc  della nuova direttiva europea in materia di ritardi di pagamento, fa riferimento  alla totalità delle ‘”transazioni commerciali”;  la nuova direttiva europea ha innovato la  normativa  vigente,  sia  per  l’aspetto  inerente  i  termini  di  pagamento  che  per l ‘aspetto delle conseguenze  pecuniarie  del  ritardo,  introducendo  anche  il rimborso di una somma forfettaria a copertura dei costi amministrativi ed interni di recupero del  credito;

ciò considerato, a  parere di questo Ut1ìcio, occorre fare ricorso al criterio generale previsto nelle disposizioni preliminari al Codice Civile,  secondo  le quali una successiva disciplina generale, estesa ad un’intera materia, che non reca eccezioni e che non fa salve eventuali norme speciali precedenti, si sovrappone anche alle precedenti eccezioni, determinando la tacita abrogazione della precedente disciplina speciale, che viene così integralmente sostituita dalla nuova normativa generale;

d’altro canto, si osserva altresì che la nuova normativa è, come detto, di diretta derivazione della disciplina europea armonizzata che deve considerarsi ormai in vigore (essendo stata recepita dal citato decreto legislativo n.  192/2012) e che sul         punto pone misure prive di alternative, di condizioni e di margini discrezionali di apprezzamento, senza prevedere alcuna possibilità  di introdurre deroghe o eccezioni nazionali, né il legislatore nazionale, all’atto di recepimento ha posto alcuna (illegittima) eccezione o deroga. Di conseguenza, eventuali precedenti    disposizioni nazionali incompatibili con la nuova normativa comunitaria che dovessero ritenersi ancora in vigore, dovrebbero considerarsi illegittime sotto il profilo delle fonti di diritto europeo  e  dovrebbero  quindi essere disapplicate dai giudici e dagli uffici della pubblica amministrazione;

conseguentemente, sia in applicazione del generale criterio  della  successione delle leggi nel tempo, sia in applicazione del criterio di prevalenza del diritto europeo su norme nazionali  incompatibili,  si può ragionevolmente  ritenere che la disciplina in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali in materia di cessione dei prodotti agricoli e alimentari di cui all’articolo 62 in questione, sia stata tacitamente abrogata da quella successiva più generale, di derivazione europea, introdotta dal decreto legislativo n. 192/2012, fermo restando che, in caso contrario, la medesima disciplina di cui all’articolo 62 dovrebbe, in ogni caso, essere  disapplicata per contrasto con il  sopravvenuto diritto europeo.

In conclusione, ad avviso deii’Utììcio legislativo del Ministero dello sviluppo economico, l’articolo 62, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. l, convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27,  è stato abrogato tacitamente ed oggi non è più in vigore. Di conseguenza, neppure possono altresì trovare applicazione i successivi commi 7, 8 c 9 del medesimo articolo (gli ultimi due, limitatamente al riferimento alla fattispecie di cui al comma 3 ), in quanto concernono sanzioni ormai prive della relativa tàttispecie, alla stregua dei principi costituzionali di legalità e riserva di legge.

 

 

 

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